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In Italia il numero degli imprenditori stranieri è cresciuto, dall’inizio della crisi, ovvero dal biennio che va dal III trimestre 2008 al III trimestre 2010, del 9,2%. Fenomeno in controtendenza rispetto a quanto avviene per l’imprenditoria italiana, dove si assiste a una contrazione pari a -1,2%.
Altro dato interessante è quello diffuso dal XVI Rapporto sulle migrazioni, che segnala una pericolosa decrescita del fenomeno immigratorio in Italia – fenomeno causato della crisi economica, essendo ben 100.000 gli stranieri in meno, nel nostro Paese, rispetto al 2007. Se gli immigrati scappano verso la Germania o la Francia, significa che da noi non c’è nessuna possibilità di trovare lavoro, e quindi una flessione dell’immigrazione è sempre un dato negativo.
Il fenomeno dell’imprenditoria straniera in Basilicata e dell’immigrazione non è ancora stato studiato in tutte le sue portate innovatrici. E’ il caso di Matera, dove da almeno tre anni si assiste a una costante crescita della presenza di lavoratori cinesi nelle aree industriali PAIP 1 e PAIP 2. Manca, infatti, un censimento dei cinesi che lavorano per conto terzi (Natuzzi, Calia, Nicoletti) nel campo del salotto imbottito, e manca una politica complessiva che sappia integrare e monitorare i circa 600 cinesi che vivono segregati nei capannoni, spesso in condizioni proibitive (numerose lavoratori cinesi dormono negli stessi capannoni dove lavorano).
Nonostante alcuni sequestri, i lavoratori cinesi e i loro padroni sono spesso in regola da un punto di vista previdenziale e fiscale. Ufficialmente, poi, i lavoratori cinesi percepiscono le stesse retribuzioni dei loro omologhi italiani, ma da più parti si sostiene che la realtà sia ben diversa (tutto è reso più problematico dalla difficoltà di dialogare con loro). Una cosa è certa: il fenomeno dei cinesi che a Matera tagliano, cuciono e imballano per conto terzi è in costante crescita e, come insegna il caso della città di Prato, questo fenomeno sommerso sta aiutando non poco le grandi aziende produttrici a rimanere a galla in un momento di grave crisi internazionale. La domanda è: quanto?
A Matera siamo lontanissimi dai numeri di Prato dove, su una popolazione di 220.000 unità, 60.000 sono immigrati, di cui 25.000 regolari e 35.000 clandestini e irregolari (40.000 su 60.000 sono cinesi). Non sarebbe comunque una cattiva idea invitare a Matera il giovane Assessore all’Integrazione del Comune di Prato Giorgio Silli, e ascoltare le tante iniziative che ha messo in cantiere per favorire l’integrazione e la legalità nella sua problematica città.
Parlare con i lavoratori materani che operano nelle due zone PAIP significa leggere nelle loro parole un profondo fastidio per il fenomeno dei cinesi che si sono installati nei capannoni che, un tempo, erano gestiti dai loro concittadini. Eppure nessuno ci spiega come mai gli operai materani siano copiosamente in cassa integrazione, mentre i cinesi stiano crescendo (in unità lavorative e in fatturato) a parità di condizioni contrattuali.
Parlarne sarebbe già un passo in avanti. Perché la “nuova Lucania” che immaginiamo sarà sempre di più una Lucania multietnica e ibridata dove, più che pensare a come reprimere le illegalità e le stranezze degli “stranieri”, si penserà piuttosto a imparare qualcosa da loro. Recuperando, per esempio, un’etica del lavoro che noi abbiamo affievolito in favore di una troppo parassitaria etica dei diritti.
La politica locale, ancora una volta, anche su questo interessante fenomeno socio-economico, dorme su sette cuscini.
Andrea Di Consoli
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