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VILLA D’AGRI (POTENZA) – La vita sospesa nella “speranza” di un tampone. Possiamo sintetizzare così la storia di un’infermiera dell’Ospedale di Villa d’Agri che è in attesa di un tampone da circa 10 giorni. Insieme a lei c’è la sua famiglia, un nucleo composto da 5 persone tra cui una bambina di 7 anni, tutti in isolamento presso il proprio domicilio, in attesa del tanto agognato tampone che però tarda ad arrivare. Un storia di “ordinaria follia”.
Una storia assurda, che porta alla mente quella, simile, di cui vi abbiamo parlato nei giorni scorsi (LEGGI LA NOTIZIA).
«Sono un’infermiera, sono stata a contatto – ci racconta – con una paziente, ricoverata in chirurgia presso l’Ospedale di Villa d’Agri, risultata poi positiva al coronavirus. Un ricovero di otto giorni. In quel periodo non immaginavamo di trovarci, da un momento all’altro, a che fare con il Covid19 in reparto. Quindi, non tutti abbiamo utilizzati i dispositivi necessari, perché non erano a disposizione del presidio ospedaliero. La prima notte che la signora è stata operata, ero di turno ad assisterla insieme ad un’altra collega».
«Quando abbiamo saputo della positività della signora – continua nel racconto la professionista – ci siamo messi tutti in quarantena. Dopo 3 giorni di isolamento, ho iniziato ad avere i primi sintomi febbrili e qualche colpo di tosse. Ho comunicato immediatamente la sintomatologia ai miei responsabili sanitari. Giustamente, con i miei sintomi non potevo fare il percorso di tutti i miei colleghi, andare in direzione e fare il tampone. Così mi hanno comunicato di chiamare il medico di famiglia che, a sua volta, ha inviato una notifica all’Ufficio Igiene dell’Asp di Potenza, richiedendo urgentemente un tampone, perché ero stata a contatto con una paziente positiva al virus».
«Mi hanno contattata – continua nel suo racconto – confermandomi che quando prima sarebbero arrivati a fare il tampone. Tutto ciò è accaduto sabato scorso, quindi, sono trascorsi 8 giorni, da quando ho iniziato ad avvertire i primi sintomi. Ad oggi nessuno è venuto». «In famiglia ci stiamo comportando – commenta – come se io fossi positiva, facciamo la raccolta dei rifiuti differenziata. Nessun componente della mia famiglia può uscire, perché non sappiamo ancora niente sul mio stato di positività o negatività, in quanto il tampone non è stato mai eseguito».
Ma la cosa ancora peggiore in tutta questa storia per l’infermiera è che dopo 2 giorni si è ammalata anche la figlia, iniziando ad avere gli stessi sintomi, febbricola e anche una crisi asmatica. «Ho continuato a seguire le procedure e terapia domiciliare. Il mio medico ha proseguito a contattare l’Ufficio Igiene, tra le varie scuse come l’assenza di tamponi, sono trascorsi altri giorni. Per l’ennesima volta ho richiamato anche io l’ufficio igiene, mi hanno chiesto nuovamente i miei dati e confermandomi nuovamente che sarebbero venuti a fare il tampone. Ho atteso ma niente. Dopo 8 giorni, alla mia collega che gli era stato fatto il tampone, gli è arrivato il risultato ieri ed è positiva. Mentre io sono ad oggi in attesa di farlo. Continuo ad avere la febbre e crisi di asma ed è una situazione davvero assurda. Sembra che si sta giocando – aggiunge – con la vita delle persone. Altre 2 colleghe sono in queste situazioni e attendono a casa».
Per la professionista «sul territorio qualcosa non va».
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