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Avellino – Mentre parla con il Quotidiano del Sud Carlo Iannace si trova al secondo piano dell’ospedale Landolfi di Solofra, dove è quasi completato l’allestimento della Breast Unit, trasferita qui in questa fase di riconversione, mentre al Moscati si concentra l’area Covid. Oggi si parte, si terrà la prima seduta, dice il direttore della Breast Unit, e consigliere regionale: l’assistenza per le pazienti di senologia va avanti, con tutte le rigorose precauzioni del caso. «Sono pazienti delicate, fragili, ma qui dicono di sentirsi più sicure, più protette. Hanno compreso che l’azienda vuole prendersi cura di loro. Il pronto soccorso del Landolfi è stato sospeso proprio per tutelare tutti, e per evitare contagi».
Il Landolfi, dottore, quante battaglie. E oggi che servono tante strutture?
«Il Landolfi può dare molto, ma prima mi piace sottolineare la grande disponibilità del personale, e del dottore Landolfi che ci sta aiutando in questa fase di trasferimento che, si sa, è abbastanza complessa. Per il resto, credo che possa avere una grande funzione di alleggerimento del Moscati. Ho sempre pensato ad un polo di eccellenza nel campo della day surgery: interventi di minore entità, non legati a patologie importanti, ora che il Moscati è virale, e domani, quando si potrà pensare più serenamente alla ristrutturazione della sanità sul territorio».
Sembra così difficile fare passare certi messaggi, in tempi di “pace”, per questo come per altri ospedali territoriali.
«Ricordo l’esperienza che abbiamo fatto con il professore Caracciolo, al Ronciglione, distante dal polo centrale che era a Viterbo: in principio la cosa era vista con diffidenza, poi ha funzionato benissimo. Né qui si può pensare di fare il doppione del Moscati, non è possibile, quando hai una struttura così bella come la città ospedaliera».
La pandemia, il Sud.
«Ci sembra di recitare un film, è il teatro dell’assurdo. Devi combattere un nemico che ti dicono essere invisibile ma il danno è tangibile. L’attenzione deve essere massima, il lavoro del governatore è eccezionale, nessuno in altre regioni ha fatto opera di convinzione come la sta facendo lui. Il distanziamento sociale è il mezzo per superare la crisi, ma in principio nessuno voleva crederci».
La sanità è in grande affanno, dimostra tutte le sue debolezze.
«Oggi stiamo vivendo un momento di una drammaticità incredibile, il problema è anche qui al Sud, dove si credeva che il virus non arrivasse, e con una sanità che ci hanno detto essere sempre di seconda categoria.
Noi abbiamo stupende strutture, ma sono stati tolti alla struttura pubblica importanti pezzi di mercato, e dato forza a strutture di alta eccellenza penalizzando il pubblico che poteva invece dare delle risposte. Cosa che ha penalizzato fortemente il momento in cui ci troviamo.
Dico anche che al Nord c’è stato un mancato controllo, quel che è accaduto a Bergamo non doveva accadere, i consiglieri della sanità dovevano intervenire per bloccare un contagio di questo tipo. Vero, tutti siamo bravi a parlare, ma riflettiamo, su quel che è successo. Ora è una caso mondiale. L’esperienza italiana è da monito, ma ci sono stati errori, si è stati poco attenti fin dall’inizio al Nord, e il Sud ha cercato di proteggersi».
E i rientri?
«Ci hanno danneggiato, nonostante gli appelli a restare a casa. Si pensava che questa comunità fosse lontana e invece il focolaio è esploso ad Ariano, nelle aree interne della Campania. Ora non serve pensare se è stata la festa di compleanno, ma il contagio c’è stato, difficile fermarlo senza il distanziamento sociale.
Il problema è che non si combatte solo con la sanità, serve la responsabilità collettiva. Non puoi fare le riunioni della Stanhome, non puoi correre dal Nord in paese e andare in giro e poi a trovare i nonni, e poi li fai morire».
Cosa ci aspetta?
«Questo dramma ci sta facendo capire quanto siamo precari, ci sta portando a cambiare tutta la nostra vita in un colpo solo. E’ un cambiamento epocale, ma ci sta anche facendo capire che possiamo farcela, che possiamo cambiare stile di vita. In ogni caso, ci sta facendo crescere».
La responsabilità, diceva.
«In prima linea oggi ci sono anche i sindaci, a cui spetta il ruolo, molto gravoso, di far arrivare il messaggio a tutti, di convincerli a rimanere a casa perché solo così si evita il contagio, e se c’è un possibile caso va subito isolato. Al sindaco spetta il compito di far capire come eseguire le ordinanze regionali, che vanno applicate sul territorio. Questo è il momento delle condivisioni, non delle situazioni imbarazzanti tra chi comanda e chi esegue».
E il modello Corea, come dice il sindaco Festa?
«Alcuni modelli, come questo della Corea, non possono essere realizzati qui da noi. Intanto quella società è disciplinata in un certo modo, poi hanno isolato la zona che sarà setacciata con i tamponi, all’esterno dell’area il tampone non ha senso. Ecco perché il modello Corea non è applicabile, se non c’è l’isolamento totale.
E poi i tamponi devono farli gli operatori sanitari, chi ha avuto contatti, chi è esposto».
I tamponi, appunto.
«C’è grande carenza di dispositivi. Tutti gli acquisti sono stati dirottati al Nord. E qui abbiamo grandi difficoltà».
Lei pure ha avuto difficoltà in tal senso.
«Ho pensato di acquistare un ventilatore, mi sono rivolto ad una azienda del Nord, mi è stato risposto che prima di un mese non sarebbe stato possibile consegnarlo, oltre al fatto che il prezzo di mercato era notevolmente aumentato. Mi sono trovato dinanzi alla speculazione più selvaggia. La cosa più allucinante è che all’estero non fanno consegne, questa è l’unica ditta in Italia, e quel che si produce va dritto al Nord, e noi al Sud come dobbiamo gestire la situazione?».
Il Moscati è al collasso.
«La situazione è difficile, si fa gran fatica a sostenere il ritmo. Ricordo i primi giorni, con la chiusura dell’ospedale di Ariano, arrivavano sei-sette ambulanze da Ariano, ma il Pronto soccorso non può ricevere più di due Covid alla volta. Il personale, non possiamo perderne altro, è una risorsa troppa importante, non disponiamo di prima, seconda e terza fila.
Vorrei aggiungere un’altra cosa».
Dica.
«Ora il personale sanitario viene elogiato, santificato, e quando qualche mese fa li picchiavano nei Pronto soccorso? Si sono resi finalmente conto di quel che significa avere una classe medica e infermieristica sul campo?
Se questo è un cambiamento epocale, spero che lo sia davvero in tutti gli aspetti della nostra vita, individuale e sociale. Con un punto fermo: noi abbiamo una sanità pubblica, con tante punte di eccellenza. E’ una conquista sociale straordinaria per un popolo, una nazione. Pensiamo a quel che succede in America, dove se non sei assicurato il tampone non lo puoi fare. Ora pensiamo a fronteggiare l’emergenza. Poi ci sarà un dopo. I sindaci torneranno ad avere un grande ruolo, assieme alle associazioni di volontariato, alla protezione civile, perché si dovranno controllare i possibili ritorni, e scongiurare nuovi focolai. E diamo forza ai medici, a quanti lavorano con competenza e passione, in un sistema sanitario che, comunque, sia funziona.
Grazie anche a voi giornalisti, che state facendo un grandissimo lavoro in queste settimane, la gente vi segue, perchè siete l’anello di congiunzione in una società isolata. Avanti così, continuiamo la nostra battaglia».

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