2 minuti per la lettura
Le donne diventano colonne portanti delle cosche interessate ai lavori di ammodernamento dell’autostrada A3. È quanto emerge dall’operazione «Cosa mia III» che la ha portato in carcere 10 presunti elementi della consorteria mafiosa dei Bruzzise, che opera tra Seminara e Barritteri (Rc).
L’operazione rappresenta la prosecuzione delle omonime attività di polizia giudiziaria, sempre coordinate dalla DDA di Reggio Calabria, sulla maxi tangente (il 3% sull’ammontare dei lavori) pagata alla ‘ndrangheta per l’ammodernamento del V macrolotto della Salerno – Reggio Calabria, tra lo svincolo di Gioia Tauro e quello di Scilla.
Tangente che, la cosca Bellocco, avrebbe ripartito tra le famiglie che controllano il territorio interessato al tracciato dell’arteria. Una parte di soldi è andata alla cosca Bruzzise. E questa sorta di legittimazione ha provocato la cosiddetta faida di Barritteri, che a partire dal 2004 si è lasciata dietro sei morti ammazzati e due tentati omicidi, che ha visto contrapposti di Bruzzise ai Morgante – Scillitano spalleggiati dai Gallico di Palmi.
Il lavoro della Squadra mobile della questura di Reggio Calabria e dei poliziotti del commissariato di Palmi, anche attraverso intercettazioni in carcere tra detenuti e loro familiari, ha ricostruito l’itinerario, con il punto d’arrivo, della tangente pagata per i lavori dell’A3.
Uno degli arrestati dell’operazione della scorsa notte, Rocco Salvatore Gaglioti, che fa il camionista, è stato seguito dalla polizia per alcune decine di chilometri prima di arrestarlo. L’uomo correva il pericolo di essere ucciso in quanto gli viene addebitato di aver fatto da battistrada ai killer di un episodio della faida, cioè nell’uccisione di Domenico Gaglioti, alias «Micu i l’orbu», avvenuta il 14 dicembre del 2006.
L’autotrasportatore, secondo l’accusa avrebbe svolto il compito di ambasciatore tra le varie cosche. Un ruolo di primo piano, come emerge dall’indagine, è stato svolto dalle donne: Carmela Carbone di 48 anni (moglie del boss Giuseppe Bruzzise), la quale avrebbe ricoperto il ruolo di «ambasciatrice» ed i suoi colloqui sono stati registrati sia presso il carcere romano di Regina Coeli sia di Sulmona; Vincenza Surace (44) e Fortunata Bruzzise (22), la quali, secondo l’accusa, «hanno palesemente sostenuto l’organizzazione di appartenenza veicolando all’esterno delle carceri ordini e direttive di Carmelo Bruzzise, altro colpito dagli odierni provvedimenti restrittivi. Entrambe avrebbero svolto il ruolo di «postine». L’operazione della scorsa notte è la prosecuzione dell’indagine «Cosa mia» che, nel maggio scorso (in foto la conferenza stampa), aveva portato all’arresto di circa 50 persone.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA