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di PIETRO SCOGNAMIGLIO L’amore tra Ilaria Rasola e Yuri Petrone nasce sotto rete. Lei ha da poco compiuto 18 anni, gioca a pallavolo ed è cresciuta, non solo sportivamente, nella Livi Volley Potenza. Una società a conduzione familiare. Lo diciamo senza un giudizio negativo, si intende, perchè la Fipav (Federazione Italiana Pallavolo) l’ha premiata con attestazioni di qualità per il lavoro svolto nella crescita delle giovani atlete. Ma la Livi funziona così: Pamela Petrone, l’allenatrice, è figlia di Enza Licciardi, che la società l’ha fondata e portata avanti negli anni. Il presidente, Nadir Iannelli, pare sia l’attuale compagno di Enza Licciardi. Poi c’è Yuri, fratello di Pamela, figlio di Enza. Ha appena 22 anni ma è in organigramma come dirigente. Si fa tutto in casa e i risultati arrivano. Da due stagioni la Livi è in B2. “Ilaria è con noi da anni – spiega la professoressa Licciardi – l’abbiamo cresciuta noi in campo e fuori”. In quell’ambiente Yuri e Ilaria si conoscono e si innamorano, per due anni sono fidanzati in casa. Circa un anno e mezzo fa, prima di cominciare lo scorso campionato (2009-’10), Ilaria di quella storia non ne vuole più sapere e lo lascia. Lei è ancora una giocatrice della Livi ma vuole che il rapporto con Yuri torni semplicemente sul binario atleta-dirigente. Niente di più. Il ragazzo non ci sta e inizia a tempestarla di sms e di e-mail. Vuole riconquistarla. Senza esito. Ilaria comunque disputerà tutta la stagione con la maglia della Livi, 19 presenze da palleggiatrice di riserva, in molti casi soltanto brevi scampoli di partita. Nell’estate 2010 si inizia a pensare alla stagione che verrà, quella attualmente in corso. Il cartellino di Ilaria è di proprietà della Livi, si pensa ad una riconferma. Ma Ilaria in quella squadra non vuole più starci. I problemi con Yuri (e con la sua famiglia, visto l’intreccio dei rapporti all’interno della società) condizionano la sua serenità. Il 23 agosto 2010 Ilaria fa partire la richiesta di svincolo per giusta causa. Vuole andarsene dalla Livi, non gli va di continuare a vedere tutti i giorni Yuri e i suoi parenti. Anche se la storia d’amore è finita da circa un anno, c’è qualche ferita che si deve ancora rimarginare.
GIUSTA CAUSA Svincolarsi dalla Livi però non è facile. Serve una giusta causa, appunto. Ilaria non è libera di andarsene in qualsiasi momento. Il regime del primo tesseramento nella pallavolo risulta piuttosto rigido. La ratio è evitare che le piccole società, dopo aver investito sulle giocatrici sin dall’adolescenza, se le vedano soffiare da club più importanti senza un adeguato ritorno economico. Se l’atleta vuole uno svincolo non consensuale deve invocare di fronte agli organi competenti una giusta causa per rompere il rapporto. Ilaria, assistita dall’avvocato leccese Francesco Termini, ricorre alla Commissione Tesseramento invocando tre plausibili motivazioni per spezzare il legame con la Livi: irregolarità nell’effettuazione della visita medica, il disinteresse mostrato dalla società nei suoi confronti e una generica incompatibilità ambientale, circostanziata in modo piuttosto vago. Nel ricorso viene citata una frase attribuita alla professoressa Licciardi, mamma di Yuri, che avrebbe detto in pubblico di essere “la donna più felice del mondo dopo che mio figlio si è lasciato con Ilaria”. La Livi Volley si costituisce in giudizio, smentendo ogni accusa e stabilendo, in subordine, quello che sarebbe il giusto indennizzo per la perdita del cartellino di Ilaria: ventimila euro. Cifra che a molti operatori di mercato che abbiamo potuto ascoltare sembra esagerata. In ogni caso le argomentazioni portate dal legale di Ilaria sono deboli: il 28 ottobre in primo grado il ricorso viene rigettato. Ha ragione la Livi, la ragazza non può muoversi. Nel dispositivo federale si legge: “non vi sono ragioni in grado di sostenere la fondatezza del ricorso (…) alla visita medica l’atleta è stata regolarmente sottoposta, il disinteresse dedotto a fondamento della pretesa risolutoria non è stato dimostrato (…). Quanto ai problemi affettivi indicati dall’atleta (…) l’imponderabilità dell’affermazione la rende sostanzialmente ininfluente ai fini del rapporto squisitamente tecnico”. La Commissione ammette anche un’altra eccezione opposta dalla Livi: il rapporto sentimentale con Yuri si è chiuso nell’estate 2009, il ricorso che lo indica come motivo di svincolo è stato depositato nell’estate 2010. Nel frattempo la ragazza ha disputato un intero campionato con la Livi e quindi – per la Fipav – si tratta di “un disagio strumentale e finalizzato allo svincolo”. Il primo round lo vince la società.
L’APPELLO Ma Ilaria non si arrende. La pallavolo le manca, dopo aver messo in mora la società è finita fuori dai piani tecnici. Fa ricorso in secondo grado, alla Commissione d’Appello Federale. Negli ambienti della giustizia sportiva inizia a girar voce che di questa storia se ne sentirà parlare. Giovedì 9 dicembre nella sede romana della Fipav la Livi è difesa dal suo stesso presidente, l’avvocato Iannelli. Termini, il legale di Ilaria, si avvale della collaborazione di un avvocato potentino, Cristiana Coviello, presente anche lei alla discussione. A Roma ci va anche Ilaria con il padre. La famiglia la supporta. L’avvocato Coviello prende la parola e attira l’attenzione: a fondare la richiesta di svincolo ci sarebbe qualcosa in più rispetto a una generica incompatibilità ambientale. Viene esplicitamente tirato in ballo il concetto di stalking, quella che la sociologia ha definito “sindrome da molestatore assillante”. Yuri il molestatore, Ilaria la vittima. Nel ricorso depositato in Federazione, che abbiamo potuto visionare, vengono trascritti degli sms relativi al periodo immediatamente successivo alla fine della loro storia. Yuri il mittente, Ilaria la destinataria. “Fidati, hai sbagliato con me e pagherai”. E ancora: “Divertiti ora che puoi xkè a breve non potrai più”. “Ricorda: se fai del male ricevi male: io sono a posto con la coscienza! Preparati”. Il legale della Livi eccepisce che, trattandosi di un appello, non possono essere prodotte nuove prove. La Commissione prende atto dell’obiezione e sceglie, per il momento, di non esprimersi. Alle parti vengono concessi trenta giorni per un tentativo di conciliazione, altrimenti si andrà a sentenza. Ma nel caso venisse ribaltato l’esito del primo grado, la differenza l’avrebbe fatta lo stalking. Entrando, a pieno titolo, nella giurisprudenza sportiva.
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