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REGGIO CALABRIA – Militari del comando provinciale della Guardia di Finanza hanno eseguito un provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria con il quale è stata disposta, nei confronti dell’imprenditore edile vibonese Angelo Restuccia, 83enne, ritenuto contiguo alle cosche di ‘ndrangheta del Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) e dei Piromalli di Gioia Tauro (Reggio Calabria), la confisca del patrimonio a lui riconducibile, stimato, a suo tempo, in oltre 34 milioni di euro.

Restuccia, ritenuto persona “pericolosa” a livello sociale “qualificata dalla contiguità alla ‘ndrangheta e dal ruolo di imprenditore colluso”, scrive la Guardia di Finanza, è stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.

La confisca è stata eseguita insieme al servizio centrale investigazione sulla criminalità organizzata e al nucleo speciale polizia valutaria, sotto il coordinamento della procura di Reggio Calabria-Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri.

Dalle indagini è emerso che l’imprenditore “era, da tempo, in affari con la ‘ndrangheta, avendo avviato ed accresciuto le proprie attività grazie alla contiguità funzionale e agli appoggi delle cosche Piromalli e Mancuso”, egemoni nei rispettivi territori e confederate tra loro attraverso accordi e interessi economici, così come risulta dai processi “Tirreno” e “Mediterraneo”. Un rapporto risalente ai primi anni Ottanta che ha sostenuto l’ascesa dell’imprenditore e nel contempo, ha favorito gli interessi dei sodalizi mafiosi, rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio.

La figura di Restuccia era inizialmente emersa nell’ambito dell’operazione di polizia Bucefalo, nel corso del 2015, che aveva portato a provvedimenti cautelari, personali e patrimoniali, nei confronti di 11 persone per il reato, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso. In quel contesto, era emerso come l’assegnazione dei lavori per la realizzazione del Parco Commerciale Annunziata di Gioia Tauro (Reggio Calabria) fosse “prerogativa esclusiva” della cosca Piromalli, tanto da rappresentare “uno dei motivi scatenanti” la storica rottura dei rapporti tra la famiglia e la cosca Molè, storicamente legate da vincoli economici e di sangue. Nel corso della realizzazione, all’impresa Restuccia Costruzioni spa, riconducibile all’uomo, erano stati assegnati consistenti lavori edili per la costruzione di diverse strutture e fabbricati.

Le indagini, supportate dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno inoltre consentito di appurare come “don Angelo Restuccia” non solo conoscesse da tempo i vertici della cosca Mancuso, ma li frequentasse e si rapportasse con loro in modo tale da “produrre reciproca collaborazione e reciproci vantaggi, aventi ad oggetto il comune interesse alla realizzazione di opere edili, sia pubbliche che private, nel territorio calabrese”.

Il patrimonio accumulato e confiscato è risultato essere il frutto o il reimpiego dei proventi di attività illecite e prevede l’intero patrimonio aziendale di diverse imprese, quote societarie, immobili e rapporti finanziari, all’epoca stimato in oltre 34 milioni di euro.

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