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Se dovesse decidere di farla finita con la politica, Vito De Filippo avrebbe già una carriera avviata davanti a sè. Chi lo ha visto, ieri mattina, esaminare, replicare e poi giudicare i tre laureandi in Scienza delle comunicazioni di cui è stato correlatore, ha pensato che il presidente della Regione la stoffa del prof ce l’ha. Completo blu, sguardo serio, dita nervose sulle pile di tesi poggiate davanti al microfono, il governatore ha spaziato dal regionalismo, alla politica fino al turismo. Intorno a sé il resto della commissione, in testa il preside di Lettere Pasquale Frascolla, che ha subito specificato: «A scanso di equivoci, il presidente non è qui in veste istituzionale, ma come esperto di determinati argomenti». Eppure qualcuno, tra le poltrone dell’aula magna, ha sgomitato… Si parte da Kierkegaard, discussione sul senso di colpa, ma la ragazza da 110 e lode (tutta la commissione solennemente in piedi con le mani dietro la schiena) non è la candidata di De Filippo. I “suoi” sono Mario Piccianni (cinquantun’anni, tesi sul regionalismo, 100/110), Salvatore Cesareo (politica e classi dirigenti, 100) e Anna Lisa Sansone (il turismo in Basilicata, 108). Black out da tempo comico perfetto quando il relatore Lucio Attorre lo elogia come presidente della Regione, un po’ di imbarazzo iniziale («Sono più emozionato di voi»), ma poi De Filippo entra nel personaggio e fila via liscio come un treno. Botta, risposta, complicità coi discepoli e alla fine, da vero decano, si concede volentieri alle foto con tanto di fiori rossi e famiglie.
Rosamaria Aquino
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