X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

Una condanna all’ergastolo con le pene accessorie del caso e l’isolamento diurno dell’imputato è stata chiesta dalla pubblica accusa nel processo a carico di Giuseppe Fruci, 39enne, imputato per l’omicidio pluriaggravato di Santo Panzarella, 29enne lamentino scomparso l’11 luglio del 2002 a Curinga (Catanzaro).
Il pubblico ministero Gerardo Dominijanni ha avanzato la sua richiesta di pena al termine della requisitoria, nel corso della quale ha ricostruito le fasi della lunga e delicata indagine che ha portato al ritrovamento di un unico osso del cadavere di Santino, e poi all’incriminazione di Fruci, sottolineando come precise e affidabili si siano dimostrate le indicazioni del pentito che ha consentito di ritrovare in un affluente dell’Angitola i resti della vittima ed ha indicato i suoi carnefici, sgomberando così il campo da dubbi che quella clavicola possa non essere di Panzarella. L’affermazione della responsabilità dell’imputato è stata invocata con una memoria anche dagli avvocati Vincenzo e Antonio Battaglia, che rappresentano la parte civile, e cioè Angela Donato, la «madre coraggio» che per anni si è battuta in ogni sede – compresa la trasmissione televisiva «Chi l’ha visto?» – perchè fossero riprese e portate avanti le indagini sulla scomparsa del figlio, che lei stessa aveva tentato di svolgere personalmente.
La sentenza della Corte d’assise di Catanzaro nei confronti di Giuseppe Fruci comunque, arriverà il 15 dicembre. Ieri al termine dell’arringa dell’avvocato Francesco Gambardella, difensore di Fruci, che ha discusso per più di un’ora e mezza, contestando le conclusioni del rappresentante della pubblica accusa che questa mattina ha concluso chiedendo per l’imputato la condanna all’ergastolo con le pene accessorie del caso e l’isolamento diurno, il legale ha avanzato più volte il dubbio che i resti ossei rinvenuti nell’Angitola non appartengano a Santino Panzarella – come invece affermato dal consulente della Procura -, fino a che, a febbraio, ha ottenuto che la Corte disponesse nuovi accertamenti sui frammenti di clavicola ritrovati dopo tanti anni dalla scomparsa del giovane lametino.
Il 6 luglio scorso i periti, in aula, hanno spiegato che la clavicola è sicuramente di un essere umano, non hanno escluso che l’osso sia di Santo Panzanella, ma si sono detti impossibilitati ad affermare che lo sia certamente visto il troppo tempo trascorso. A quei resti umani la Polizia è giunta grazie alle dichiarazioni autoaccusatorie di Francesco Michienzi, il giovane pentito che ammise di aver assistito al massacro dell’amico fraterno, spiegando che la condanna a morte di Santino fu decisa per via della relazione del giovane con la moglie di Rocco Anello, ritenuto il capo dell’omonima cosca di Filadelfia (Vibo Valentia). Michienzi è stato poi imputato per favoreggiamento aggravato, e condannato a 10 mesi di reclusione il 3 luglio del 2009, quando Tommaso Anello e Vincenzino Fruci, coimputati per l’omicidio di Santino, sono stati assolti «per non aver commesso il fatto» al termine dei giudizi abbreviati.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE