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di PIERPAOLO FABBRI* A VOLTE non è semplice staccarsi per un attimo dalla discipline tradizionali e immaginare percorsi alternativi con cui affrontare questioni complesse e non lineari. In questi casi il lavoro da svolgere deve in qualche modo cercare di trasgredire alla riluttanza che spesso ci pervade quando di fronte a temi complessi si tende a ricondurre le questioni emergenti come tesi a confronto su teorie ben note ed argomentate ,perdendo immediatamente lo stimolo emozionale ed operativo della difficoltà che avvince e complica la vita. Non voglio dire che si debba ricercare volutamente la complessità per poi districarsene, ma una cosa si può dire con certezza, da troppo tempo a Melfi le questioni irrisolte si sono sedimentate nel centro storico e in tutto quel contesto che io chiamo “La Città Storica”, ovvero l’insieme costituito da “La Collina dei cappuccini e il centro storico propriamente detto”. E da un ventennio che in termini di mobilità e servizi sono state disattese e dimenticate le aspettative di questo luogo per occupare in uno a nuove residenzialità luoghi sempre più lontani dalla colline storiche della città, luoghi sempre più avidi di bisogni e soprattutto incapaci di rappresentare le spazialità in cui far coesistere appartenenza urbana e socializzazione. Siamo di fronte ad un tema pieno di apparenti contraddizioni, quasi una sorta di conflitto permanente fra il vecchio ed il nuovo che avanza, incapaci entrambi di dialogare e comunicare sulla base di un linguaggio comune. Le città storiche per loro natura sono il cuore pulsante, la mente, il tessuto sedimentato in cui l’uomo ha sempre elaborato la sua capacità di dare risoluzione ai propri bisogni, dimostrando sempre grande attenzione e rispetto di fronte alla tentazione di non saper e/o voler contenere il dilagante istinto di predazione e spreco delle risorse. E’ necessario che l’approccio su questi temi spieghi perché oggi più che mai è indispensabile saper coniugare la ricerca e la progettualità urbana con l’innovazione sperimentata delle idee innovative. Un percorso-laboratorio in cui si mettono a fuoco e si sperimentano sul campo le tesi operative a confronto, quasi a dire fidiamoci delle nostre esperienze di vita vissuta, fidiamoci delle vocazioni di certi luoghi, cerchiamo di non trascurare e tradire con fughe lontane l’uso di risorse che da sempre hanno alimentato e accompagnato la vita, il costume, lo stare insieme di tante e tante generazioni. E l’innovazione creativa e culturale che deve guidare questi processi. Nelle nostra struttura urbana non tutto è eterno ed immutabile, ma non tutto è obsoleto o poco funzionale da non potersi rigenerare a nuova vita, intrecciando il suo percorso con i bisogni e le esigenze del nuovo che avanza. Lo studio interdisciplinare delle possibili tendenze evolutive urbane è lo strumento indispensabile, quale alternativa al reiterato spreco delle risorse ambientali e territoriali sin qui perpetrato, per analizzare e progettare con visioni multisettoriali complesse situazioni urbanistiche, come quelle della nostra città storica. E’ indispensabile comprendere e convincersi che l’espansione di questa città ha già comportato gravi disfunzioni e che offrire e gestire i servizi su nuove periferie che avanzano sarà sempre più oneroso e difficile, soprattutto con un centro storico che perde residenzialità e lascia progressivamente in disuso un patrimonio edilizio, commerciale e di servizio sempre meno garante di protezione sociale ed ambientale. Un vero e proprio spreco che non possiamo permetterci ! Da qui il bisogno di avvalersi di uno studio specifico sulla città storica, intersettoriale nelle sue prerogative, capace di ridefinire il riassetto urbanistico – funzionale complessivo di tutta la città storica, intesa questa volta come un ìunico organismo. Va ricercato, studiato e definito un quadro operativo puntuale in cui siano rappresentate e sviluppate tutte le linee con le relative metodologie d’intervento; quasi una sorta di paniere di opzioni sinergiche possibili da mettere in campo di volta in volta con l’attivazione di tutte le opzioni necessarie, garantendo una sorta di confronto permanente con le forze imprenditoriali ed economiche con cui condividere percorsi e innovazioni. In questo scenario sono almeno cinque le direttrici su cui attivare il percorso-laboratorio generatore di innovazioni e servizi: Interventi strutturali con priorità nel settore sosta e mobilità. Interventi di riassetto funzionale finalizzati alla modernizzazione ed alla elevazione della qualità dell’offerta in termini di servizi. Interventi di ridefinizione urbanistica che ci liberino da divieti ed inibizioni ormai antistoriche e coniughino con innovazione, flessibilità e recupero funzionale il riuso vitale del sistema residenziale esistente. Interventi di riqualificazione urbana con matrici funzionali in cui il tema della migliore residenzialità diventi la prerogativa principale per conferire premialità, benefici e/o ristori a chi nei processi di ristrutturazione o riedificazione si avvalga di modelli innovativi. Interventi di arredo e qualità urbana finalizzati a rafforzare il ìruolo immagine della cittàî come strumento promozionale e produttivo portatore virtuoso di fenomeni di mobilità e di interscambio fra cittadini e visitatori. In altra occasione sarà utile sviluppare i contenuti delle direttrici caso mai in un confronto a più voci aperto anche a chi vive sulla propria esperienza di vita e di lavoro líamarezza e la rassegnazione dei disagi irrisolti. Del resto cimentarsi in un percorso così complesso non deve inibire nessuno né tantomeno rimanere argomento per soli addetti ai lavori, la pianificazione partecipata non và vista come una prerogativa elitaria ma come l’unico strumento per comprendere e costruire un modello di vita condiviso e sostenuto dalla comunità.*Architetto
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