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Il pubblico ministero Donatella Donato, della Procura di Cosenza, ha chiesto ieri mattina 30 anni per il cosentino Ettore Cavalcante, accusato di aver ucciso, il 16 giugno dello scorso anno, l’ex compagno Francesco Tenuta. Secondo la Donato l’imputato, sotto processo con la formula del rito abbreviato, era capace di intendere e volere al momento del fatti. Per questo ha sollecitato la pena massima. Il gup Lucia Angela Marletta ha quindi rinviato le parti al prossimo 3 dicembre, quando prenderà la parola l’avvocato Eduardo Florio, del foro di Cosenza, difensore di Cavalcante. La parte civile (la sorella e la madre della vittima, rappresentate dagli avvocati Rendace e Ripoli) si sono associati alla richiesta del pubblico ministero. I fatti risalgono dunque al 16 giugno dello scorso anno quando Ettore e Francesco si danno appuntamento alle 16 in via Cattaneo. Tra i due, ex compagni, nasce un violento litigio e Cavalcante fa spuntare un grosso coltello da cucina, che per due volte viene affondato nel petto di Tenuta. Il primo colpo è profondo e raggiunge il cuore, il secondo si ferma sul torace.
Buona parte del procedimento si è concentrato sulla capacità di intendere e volere dell’imputato. A tal proposito sono stati ascoltati degli esperti in materia. Il dottor Buccomino (consulente della difesa) nelle ultime udienze ha ricordato che Cavalcante sin dal 2001 soffre di una psicosi grave con allucinazioni. Tuttora, ha aggiunto, è seguito da uno psichiatra nel carcere di Potenza, dove l’imputato si trova recluso. Da qui la conclusione che Cavalcante non è capace di intendere e di volere.
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