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CATANZARO – Sei avvisi di conclusione indagine sono stati notificati dai militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, su disposizione della procura della Repubblica presso il tribunale del capoluogo calabrese. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di reati fiscali, corruzione e truffa.
L’inchiesta, coordinata dalla procura di Catanzaro, è scaturita da una denuncia per truffa presentata da un imprenditore avellinese, il quale ha riferito di essere stato raggirato da una società del Vibonese che, mediante la presentazione di una falsa garanzia, aveva ottenuto un’ingente fornitura di pannelli fotovoltaici senza provvedere al relativo pagamento. Le attività investigative delegate ai finanzieri del gruppo di Catanzaro, oltre a fare emergere l’iniziale ipotesi di truffa, hanno evidenziato altre condotte delittuose.
Le persone indagate sono: Maurizio Vento, 57 anni, ex vicepresidente del consiglio di amministrazione del Comalca (Consorzio mercato agricolo alimentare Calabria), residente a Martirano (Catanzaro); Gianfranco Bulzomato, 51 anni, di Cosenza; Vincenzo Bulzomato, 56 anni, di Vibo Valentia; Elio Bulzomato, 42 anni, di Lamezia Terme; Antonietta Morello, 52 anni, di Briatico. Vento ha ricoperto negli anni scorsi diversi ruoli politici all’interno di Forza Italia ed è stato vicepresidente della Provincia di Catanzaro.
In particolare, è emerso che tre persone, originarie del Vibonese avrebbero contattato Maurizio Vento, vice presidente del Cda del un consorzio pubblico del Catanzarese, operante nel settore ortofrutticolo, al fine di stipulare con lui un accordo teso a far ottenere, in cambio di denaro, l’appalto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico del valore di circa 1.300.000 euro, a beneficio di una società amministrata, di fatto, da loro stessi.
La procedura successivamente adottata per la scelta dell’impresa realizzatrice, a seguito dell’accordo collusivo, sarebbe risultata totalmente difforme dalle disposizioni di legge vigenti in materia di appalti, in quanto mirata esclusivamente ad affidare la realizzazione dell’impianto all’impresa controllata dagli stessi corruttori. Il pubblico ufficiale, in cambio del suo apporto, avrebbe ricevuto la somma di 21.000 euro, celata dietro una presunta fittizia cessione di beni.
Successivamente, i pagamenti elargiti dal consorzio pubblico, come corrispettivo per la realizzazione dell’impianto, sarebbero finiti nelle tasche degli stessi corruttori, mediante un giro di fatture false tra imprese a loro riconducibili.
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