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CUTRO – E’ iniziato da Cutro, e terminerà a Matera, il viaggio di Mimmo Calopresti sulle tracce di Pasolini, a 50 anni dal “Vangelo secondo Matteo”. Ieri il regista è stato a Cutro e Le Castella per le prime riprese di un docufilm sul capolavoro pasoliniano. Calopresti ripercorre, a partire dalle “dune gialle”, come Pasolini le chiamò in un reportage che gli costò un incidente diplomatico con il Comune di Cutro con conseguente querela e successiva riconciliazione, i luoghi in cui fu girato il Vangelo nel ’64, assurti a paesaggi esistenziali. La prima testimonianza che ha raccolto è stata quella di Luigi Chiellino, ex sindaco di Cutro, uno dei ragazzi del ’59 che accolse lo scrittore e regista, che quell’anno ricevette tra le polemiche il premio “Crotone” per “Una vita violenta” (“organizzammo un servizio di protezione”, ha detto rispondendo alle domande di Calopresti). Chiellino è in grado di confermare che Pasolini, con l’espressione “I banditi di Cutro”, intendeva non diffamare ma raccontare gli emarginati dalla società. Una testimonianza andata in scena con, sullo sfondo, le dune, che in questo periodo dell’anno sono verdi, ovvero i calanchi, mentre il sindaco attuale, Salvatore Migale, e l’attore Antonio Bevilacqua, che nel cinema di Calopresti ha fatto qualche irruzione, seguivano assorti, consapevoli di assistere a un momento storico per Cutro e non solo. Così è stato per molti anche in occasione di un incontro pomeridiano con Calopresti organizzato dal Comune, nella sala Falcone e Borsellino, dove è stato proiettato il film di Calopresti “Preferisco il rumore del mare”.
Calopresti, 50 anni dopo il Vangelo, lei riparte da Cutro, come Pasolini. «Sulle tracce di Pasolini, il cui vero capolavoro cinematografico fu il Vangelo. E’ singolare che sia riuscito proprio lui, ateo, omosessuale, comunista eretico, a fare un capolavoro sul Vangelo, ad essere il più cristiano di tutti nel raccontare Cristo. Forse perché in Cristo lui si identificava. Non è tanto un discorso di fede. La cosa che mi ha colpito di più è stato il viaggio interiore di Pasolini. Era stato anche in Palestina, ma ha scelto questa parte della Calabria, oltre ovviamente a Matera, alla ricerca di una profondità che soltanto questi paesaggi potevano dargli. Eppure il rapporto di Pasolini con la Calabria inizia con un incidente diplomatico, come la querelle sui Banditi di Cutro. «A me questo interessa poco. Intorno a Pasolini c’era sempre polemica. A me interessa il viaggio interiore. I Banditi di Cutro sono come i ragazzi delle borgate romane che lui racconta nella Vita violenta. In quel mondo atavico e fuori legge lui si immerse fino in fondo, tanto che morì per mano di uno di quei ragazzi. Cristo è Pasolini stesso. Sta accanto a chi vive ai margini e non si omologa».
La Calabria come set cinematografico. Pasolini scelse questi luoghi perché evocavano la Palestina o perché disegnavano un paesaggio interiore?
«La Calabria dà l’idea dell’eternità. I paesaggi che Pasolini scelse danno l’idea di qualcosa che non finisce mai. Ma Pasolini era attratto anche dai volti, a Cutro per esempio scelse due apostoli. In lui c’è l’elogio della dignità della povertà, qualcosa che poteva trovare soltanto in questi luoghi».
Che differenza c’è tra la Passione di Gibson, girata pure a Matera, e il Vangelo pasoliniano?
«Il Vangelo di Gibson è troppo spettacolare. Tra Gibson e Pasolini c’è un solco profondo. Pasolini fu capace di raccontare Cristo perché in Cristo si identificò».
A Matera sono stati capaci di inventarsi perfino le fettuccine alla Mel Gibson per promuovere il territorio e attrarre turisti. Non pensa che in Calabria si sia fatto poco per ricordare che questi luoghi sono stati raccontati dal grande cinema?
«Potrebbe essere proprio questo l’inizio. Magari adesso cominceranno a circolare le foto vecchie di Pasolini a Cutro. Facciamo vedere per le strade i film girati in Calabria, come, per esempio, anche il Brancaleone di Monicelli. Questi luoghi hanno bisogno della cultura per essere valorizzati. Pasolini, Levi vennero in Calabria prima di Mel Gibson a Matera e noi ancora ricordiamo le loro riflessioni».
La Calabria potrebbe beneficiare dell’effetto Matera capitale europea della cultura?
«Perché no? La cultura è la chiave di tutto. E Pasolini è un legame. E i calabresi sono grandi. Il mio amico Paride Leporace sta facendo grandi cose in Basilicata con Film commission».
Ma le cose non sono cambiate molto da quando Pasolini venne in Calabria. Alle dune gialle pochi giorni prima del suo arrivo c’era stato un omicidio. Nello stesso luogo il boss storico di Cutro fu ammazzato dieci anni fa.
«In Calabria c’è bisogno di una rivoluzione culturale. Ricominciamo da questi luoghi».
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