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Un ingresso del Grande Albergo delle Fate

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TAVERNA – Una stranamente tiepida sera d’inverno in Sila, un rogo che rischia di ridurre in pochi minuti in cenere una struttura secolare ed un meraviglioso cordone di solidarietà che riuscirà, invece, a salvarla. Questi gli ingredienti di un evento che avrebbe potuto rivelarsi tragico sconvolgendo in maniera irreversibile il già precario assetto turistico della Sila catanzarese e che ha invece avuto un esito fausto. L’incendio divampato all’interno dell’abbaino di una delle guglie del Grande Albergo delle Fate (LEGGI LA NOTIZIA) è stato prontamente domato da tre squadre dei vigili del fuoco ma soprattutto grazie all’intervento di chi la Sila la vive 365 giorni all’anno ne e ama ogni angolo adoperandosi per preservarlo. Ieri mattina, complice la bella domenica di sole, l’area antistante il Grande Albergo delle Fate era gremita di curiosi, niente più l’odore acre di fumo che aveva pervaso le strade né il terribile rumore del crepitio delle fiamme sulle assi già malconce, a testimoniare il pericolo scampato un grande telone blu a coprire, in maniera forse antiestetica ma sicuramente efficace, il varco aperto dalle lingue di fuoco nel tetto della struttura fatta costruire nel 1929 dal pioniere del turismo silano Eugenio Mancuso.

«Un grande spavento», la paura che il simbolo della Sila si riducesse ad un cumulo di cenere in pochi minuti, cosi vengono raccontati all’unisono da chi c’era; pare si sia trattato di un incidente causato dall’utilizzo di una cannula per cospargere il tetto di una guaina protettiva: il calore del materiale, sostenuto dal vento avrebbe dato il via al rogo. Una corsa contro il tempo, compiuta da uomini che hanno trascorso la loro infanzia a giocare nell’area antistante l’Albergo delle Fate di cui conoscono ogni angolo, da appassionati di montagna che hanno deciso di trascorrere nella quiete di questi boschi tutti i momenti liberi, da giovani che non ricordano nulla dei fasti dell’imponente struttura che sovrasta da un secolo il piccolo villaggio dai tetti spioventi.

Tutti lì, con storie differenti e legami più o meno profondi al sito ma uniti da un comune denominatore: salvare dal rogo l’Albergo delle Fate. «È stato un commovente momento di aggregazione -ha dichiarato Domenico Ferrari, giovane professionista appassionato della Sila tanto da farne il suo “buen retiro” che nella foga di intervenire per salvare l’Albergo si è ferito ad una mano – una dimostrazione di senso civico davvero encomiabile che rende merito a chi ha anteposto il bene di un patrimonio che è comune a tutti al suo personale». Con lui i fratelli Lia, i membri della famiglia Talarico, tutti decennali operatori turistici silani, Mario Garofalo, i ragazzi di “Riscopriamo la Sila”, il Cagno al secolo Angelo Scalise, scultore del legno sorbese al quale è da ascrivere il merito di aver raggiunto il tetto e contenuto il propagarsi delle fiamme fino all’arrivo provvidenziale dei vigili del fuoco. Tutti muniti di secchi d’acqua, estintori, bocchettoni improvvisati, ausili che si sono rivelati però determinanti.

Il tetto danneggiato dal rogo

A margine solo qualche polemica relativa a quanti, pochi per fortuna, sarebbero rimasti a guardare o filmare con gli smartphone la scena. Da questa brutta esperienza che ha riportato tragicamente alla memoria di tutti il dramma del teatro Brigantino altro simbolo della Sila, distrutto anni fa dalle fiamme ma soprattutto dall’incuria e dall’abbandono, la consapevolezza, qualora ce ne fosse bisogno, che il Grande Albergo Parco delle Fate è nel cuore di moltissimi e merita di continuare a dominare incontrastato il piccolo villaggio silano dalle casette con i tetti spioventi.

Tra gli appelli lanciati per salvare la struttura spicca quello della deputata di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, che ha inviato un’interrogazione al ministro per i Beni Culturali. «L’incantevole “Albergo delle Fate” – scrive Wanda Ferro –, costruito durante gli anni Trenta nel cuore della Sila Piccola, è Monumento Storico Nazionale ed è stato dichiarato nel 2007 dal ministero dei Beni culturali “Bene di notevole interesse architettonico”. La sua salvaguardia non può essere demandata, quindi, ai soli sacrifici e all’amore dei privati, ma richiede l’intervento dello Stato».

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