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Dopo il crollo della Domus dei Gladiatori, così chiamata perché al suo interno si allenavano gli atleti, nell’antica Pompei, definita da più parti non solo una perdita di valore inestimabile ma addirittura una “Vergogna nazionale” (così il presidente delle Repubblica, Napolitano) oggi preoccupa anche la situazione in cui versa il sito archeologico di Sibari, in provincia di Cosenza.
A Pompei, sarebbero state infiltrazioni di acqua piovana ad aver fortemente inibito il terreno e indebolito le fondamenta causandone il crollo. Ma la situazione a Sibari sarebbe simile a quella della cittadina campana. A descrivere la situazione è la soprintendente per i beni archeologici della Calabria e direttrice del Museo e degli scavi di Sibari, Silvana Luppino.
E’ continuamente a rischio inondazione il Parco Archeologico di Sibari, in provincia di Cosenza. L’area è attraversata da numerosi canali della bonifica che non vengono puliti da diverso tempo e le piogge provocano periodicamente l’allagamento del sito.
«Vicino al Parco archeologico – ha detto – si trova il fiume Crati e l’intera area è circondata da moltissimi canali della bonifica che non vengono puliti da anni. È ovvio che quando le piogge sono abbondanti si rischia sempre l’inondazione dell’area dove ci sono gli scavi. I fondi che abbiamo a disposizione ci consentono solamente di poter effettuare la pulizia ed il diserbo dell’area. Sono invece inesistenti i fondi per effettuare i restauri». Il Parco Archeologico di Sibari si estende per 168 ettari. L’area si trova sulla riva sinistra del fiume Crati, sotto il livello della faglia acquifera creando grossi problemi dovuti alle infiltrazioni d’acqua che vengono trattate con un complesso sistema a pompe. L’area del Parco Archeologico è interessata dalla sovrapposizione delle tre città susseguitesi: la Sybaris arcaica, Thourioi ricostruita dagli ateniesi nel V secolo a.C. e la romana Copia. Dunque mentre negli scavi di Pompei si combatte con i crolli, anche in Calabria è allarme.

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