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Il controllo del territorio da parte delle cosche era diventato asfissiante ma ora gli abitanti di quei quartieri possono tirare un sospiro di sollievo dopo il maxiblitz di ieri a Reggio Calabria che ha portato all’arresto di 33 persone, su 34 ordinanze di custodia cautelare, eseguite dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio e richieste dal Procuratore Giuseppe Pignatone e dei pm Marco Colamonici e Giuseppe Lombardo. Le persone destinatarie delle ordinanze sono ritenute a vario titolo affiliati alla cosca Borghetto-Zindato-Caridi, e alle cosche Serraino e a quella Rosmini. In manette sono finiti così esponenti di primo piano delle cosche come Diego Rosmini, Domenico Serraino e Giuseppe Zindato, registi della trama estorsiva che copriva buona parte del territorio cittadino. L’attività investigativa invece è stata avviata nel 2007 dalla quinta Sezione della Squadra Mobile, diretta dal vice questore aggiunto Franco Oliveri, con l’utilizzo di intercettazioni ambientali e telefoniche, nonché di tradizionali attività di indagine. L’attività della Squadra Mobile ha permesso di far luce non solo sulla struttura organizzativa delle associazioni mafiose, ma anche su numerosi episodi delittuosi consumati tra il 2002 e il 2010: omicidi, estorsioni, danneggiamento a fini estorsivi, detenzione e porto di armi, fittizia intestazione di beni e attività imprenditoriali. Le cosche Borghetto-Zindato-Caridi hanno esercitato un asfissiante controllo del territorio di influenza e una costante e capillare pressione estorsiva nei confronti degli operatori commerciali della propria zona di influenza; in particolare nel settore edile, dove per l’esecuzione dei lavori devono essere impiegate dagli imprenditori solo le ditte appartenenti agli esponenti di rilievo della cosca ovvero a loro gradite.
Nello stesso territorio sono risultate operare anche le consorterie mafiose Serraino e Rosmini, le quali avevano stretto con il cartello Libri patti di spartizione di quei quartieri cittadini. Numerose le estorsioni accertate nei confronti di imprese edili e di operatori commerciali. Ancora, sono stati accertati il danneggiamento, tramite incendio, all’esercizio commerciale “Pasta Fresca”, avvenuto a Reggio Calabria il 21.08.2008, per il quale venne arrestato alcuni giorni dopo Antonino Arabesco, che nella circostanza rimase gravemente ustionato, e che le indagini hanno consentito di ascrivere alla cosca Borghetto-Zindato. Accertati anche alcuni danneggiamenti mediante esplosione di colpi di arma da fuoco: al caseificio “Delizie della natura”, di via Ciccarello, avvenuto in data 26.07.2004; alla “Pizzeria Casablanca”, avvenuto in via Ibico il 17.08.2002; all’autoconcessionaria “Auto Fiume” sita in via Possidonea avvenuto in data 21.09.2002. Anche un omicidio ha trovato soluzione, quello di Giuseppe Lauteta, avvenuto l’11 gennaio 2006 a Reggio Calabria, il cui autore sarebbe Francesco Zindato, l’unico sfuggito alla cattura. Nella cosca Borghetto-Zindato-Caridi, gli investigatori si sono imbattuti durante le indagini anche sul clan del territorio “limitrofo”, quello dei Labate.
SANTO CARIDI E L’AFFARE “ABRUZZO”
Il terremoto in Abruzzo dell’aprile 2009 era visto come una sorta di provvidenza dalle cosche reggine. La tragedia che viveva la popolazione aveva fatto emergere il fiuto per l’affare e Santo Caridi (nella foto al momento dell’arresto) per raggiungere l’obiettivo “appalti”, si sarebbe avvalso dell’apporto di un commercialista reggino, Carmelo Gattuso, che avrebbe avuto invece il ruolo di prestanome nell’ambito di società attive nel territorio aquilano per conto dello stesso Caridi. Quest’ultimo in passato era stato già arrestato per associazione mafiosa (Operazione Wood) nel 1999. Il punto principale dell’attività investigativa della polizia di Reggio Calabria si focalizza nel corso del mese di gennaio 2010. Da questo momento Santo Caridi inizia ad intrattenere rapporti di lavoro con il costruttore edile aquilano Stefano Biasini. Caridi interpellò Gattuso per preparare un piano sicurezza per l’imminente apertura di un cantiere e specificava che quanto richiesto necessitava per le imprese di Stefano Biasini e di Pasquale Giuseppe Latella. Richieste che evidenziano l’interesse di Caridi sull’affare. Circostanza confermata da una serie di altre conversazioni registrate nel prosieguo dell’attività investigativa degli agenti della squadra mobile. Aveva persino trovato casa agli operai e l’affitto era pagato dall’imprenditore abruzzese Biasin. A confermarlo a Latella era stato Caridi nel corso di una conversazione telefonica. Per i magistrati da quel momento è acclarato che Biasini e Latella stessero operando in stretta sinergia e soprattutto sotto la “direzione” di Santo Caridi.
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