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di SANTE CASELLA*
La manifestazione del 25 settembre scorso di Reggio Calabria contro la violenza mafiosa, promossa dal Quotidiano, ci spinge a fare alcune considerazioni. La prima: è stata la dimostrazione che la stampa libera svolge un ruolo importante nella lotta alla criminalità organizzata riuscendo a mobilitare l’opinione pubblica e le rappresentanze della società civile. Non a caso hanno aderito partiti, sindacati, mondo giovanile, scuole, università, intellettuali, organizzazioni cattoliche, mondo dell’imprenditoria e del commercio, Regione, Province, Comuni, volontariato, eccetera. Molto apprezzato è stato il messaggio del direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza, ivi compresa la sottolineatura di voler evitare la solita passerella sul palco di politici vecchi e nuovi. Giova ricordare l’adesione convinta del mondo dell’informazione, Rai Calabria, Circoli della stampa e lo stesso Ordine regionale il cui presidente, Soluri ha visto la manifestazione antimafia quale “occasione importante per ribadire il no convinto all’oppressione della mala pianta mafiosa, che frena e condiziona la crescita civile, sociale ed economica della Calabria”. Mentre il vicecaporedattore della Rai Calabria, collega Santi Trimboli ha dichiarato, fra l’altro: «La lotta alla ‘ndrangheta diventa un problema culturale, che va sviscerato compiutamente e affrontato responsabilmente: a scuola, a casa, nelle comunità parrocchiali, nei circoli ricreativi, nelle associazioni giovanili e nel tessuto connettivo della società. Che bisogna interagire per diffondere la cultura della legalità e combattere l’idea che ogni diritto diventi favore. E dire no alla logica del consenso, per affermare la supremazia del merito sulla raccomandazione. “Insomma possiamo dire che contro l’illegalità criminale insorge, con la manifestazione di Reggio Calabria, tutta la società civile calabrese. La seconda considerazione riguarda il dopo-manifestazione. Ci riferiamo all’impegno quotidiano che – al di là di manifestazioni d’intenti o d’eventuali opportunistiche dichiarazioni di facciata, s’impone a tutti per una sorta di “rivoluzione culturale pacifica e comportamentale” dei vari soggetti che rappresentano le istanze della società civile. Dopo Reggio Calabria occorrono comportamenti consequenziali dei vari soggetti istituzionali, comprese le istituzioni private, cioè di quanti sono chiamati a gestire enti e servizi di pubblica utilità. Per mettere concretamente al bando quello che sociologi e/o studiosi della società civile e politica chiamano, con riferimento anche ai colletti bianchi del potere (e soprattutto ai mestieranti della politica del potere) “l’agire mafioso”. Con chiaro riferimento non solo alla violenza ed ai ricatti vili dei mafiosi, che agiscono nell’ombra, spesso godendo di silenzi omertosi, ma anche al rispetto che si deve alle leggi della civile convivenza e dei diritti degli amministrati, a cui devono attenersi in primo luogo i gestori delle finanze pubbliche ed i rappresentanti dei cittadini, ai vari livelli. Eliminando lo sperpero delle risorse pubbliche (spese ingenti a livello di Regione, Province, Comuni ed enti territoriali, sanitari eccetera per consulenze milionarie ed illegittime, e raccomandazioni, che sono la morte della meritocrazia, sia nelle varie scuole sia nelle Università; e sia anche nel mercato del lavoro, cioè nel reclutamento dei lavoratori del braccio e del pensiero, che deve avvenire attraverso concorsi regolari o chiamate per titoli veri. Tutti gli eletti ed i pubblici amministratori si dovrebbero attenere ad un codice morale (non scritto) per eliminare dalla scena politica e amministrativa le tangenti ed ogni forma di gestione allegra delle risorse dei cittadini, che portano allo sperpero ed ai deficit di bilancio (ogni allusione al debito pubblico ed ai deficit nella sanità calabrese non è puramente casuale). Per finire, gli eletti a livello di Regione, Province, Comuni ed enti territoriali rivedano al ribasso gli alti compensi e prebende, riducendoli del 50 per cento. Tenendo conto che in una Calabria dove la disoccupazione giovanile supera la percentuale delle due cifre ed il reddito procapite è uno dei più bassi d’Italia, non si dovrebbero tollerare compensi di 12mila euro mensili (consiglieri regionali), del doppio (per assessori) e compensi del 50% rispetto a quello di consigliere regionale per ogni fortunato personaggio nominato nei vari enti e strutture sub regionali o provinciali. Ricordandoci tutti che la lotta alla criminalità ed all’illegalità violenta (ed a quella dei colletti bianchi) passa anche attraverso il superamento di situazioni di privilegi inammissibili (stipendi alti, macchine blu, eccetera) degli eletti. Insomma i cittadini – che credono nelle istituzioni democratiche e nella lotta vera e non parolaia alla mafia ed all’“agire mafioso”- immaginano un corteo virtuale di quanti vogliono liberarsi dalla piaga purulenta della mafia, che affligge e condiziona la martoriata e sfortunata terra di Calabria.
*Giornalista
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