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di MARIATERESA LABANCA Alla domanda del conduttore replica con la consueta aplob: «A Melfi c’è stato un esempio di anarchia». Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat, intervistato a “Che tempo che fa”, risponde con fermezza a Fabio Fazio che lo incalza sul “caso Sata”. «Succede che uno stabilimento di più di 5.000 dipendenti non può essere gestito da questo tipo di sistema. Tre operai non possono permettersi di bloccare la produzione, e mandare a casa 2.000 colleghi con un “senza lavoro”».
Nessun passo indietro, dunque, rispetto ai tre licenziati di Melfi. Anzi, se è possibile, la linea si inasprisce. Negli studi di Rai 3 si parla anche del recente annuncio dell’introduzione, anche a Melfi dopo Pomigliano, di un nuovo sistema di organizzazione del lavoro. L’attuale metodo fatto di tre pause ogni dieci minuti anziché due è «già applicato a Mirafiori». Farebbe parte – chiarisce ancora – «degli sforzi per ridisegnare il processo di produzione, e i minuti che si perdono sono pagati». «Niente di speciale – aggiunge – anche se in Italia non si perde occasione per dare addosso a Fiat». «Si tratta di quelle trasformazioni necessarie per rendere le nostre fabbriche più competitive, e, a obiettivo raggiunto, anche aumentare gli stipendi dei nostri operai». E’ lo stesso amministratore delegato a parlare di «un impegno solenne». Ma per ora, in casa nostra, quello che ormai è stato soprannominato “il metodo Marchionne” convince sempre meno, anche chi fino a ora ne ha sostenuto l’ambizioso progetto. Il sindacato lucano reagisce così, diviso su tutto il resto, unito su un fatto: Melfi, in fatto di deroghe e flessibilità ha già dato, e la Sata non è Pomigliano. Sull’Ergo-Uas – il nuovo sistema ergonomico che sostituirà dal prossimo anno il metodo Tmc2 attualmente in uso negli stabilimenti Fiat – l’ala sindacale moderata si ritrova sulle stesse posizioni di quella più radicale. Se non altro perché quell’annuncio di Marchionne di disdetta dagli attuali accordi entro il gennaio 2011 è una scelta «unilaterale, calata dall’alto». I cambiamenti annunciati riguardano in sostanza l’organizzazione e quindi i ritmi di lavoro.
In attesa di comprendere i reali contenuti del nuovo metodo di lavoro che potranno arrivare solo dall’incontro fissato a Roma per il 9 febbraio con i rappresentanti sindacali territoriali e nazionali, i primi commenti pronunciati dai sindacalisti lucani sono tutti negativi.
Il nuovo metodo è stato annunciato da Torino come un sistema migliorativo dell’organizzazione del lavoro, che consente una riduzione di 10 minuti sulle pause (tecnicamente dette fattore di riposo), che attualmente ammontano a 40 minuti su un totale di otto ore lavorative al giorno. Ma cosa comporterà in termini di intensificazione del lavoro e di prestazioni individuali? Risposte ancora da chiarire. Nel frattempo la bocciatura è totale sul metodo.
«Così la Fiat offre un altro spunto di polemica ai metalmeccanici della Cgil», commenta il segretario della Uil Carmine Vaccaro che si dice «rammaricato» per un doppio motivo: da una parte pesa la scelta presa in maniera «unilaterale», in uno stabilimento dove lo scontro tra azienda e una parte del sindacato è già molto radicalizzato. Dall’altra l’imposizione di un metodo per lo stabilimento lucano «che non è quello campano». «La Sata, nata già sotto il segno delle deroghe – chiarisce Vaccaro – ha già fatto i suoi sacrifici. E soprattutto le condizioni in cui versa ora non sono paragonabili a quelle di Pomigliano». Insomma, anche quella parte di sindacato che fino a questo momento ha voluto condividere e sostenere le ambiziose sfide del progetto “Fabbrica Italia”, ora si sente «schiacciata» da un metodo che non condivide. «Non è così che l’ad Fiat può pensare di ottenere i risultati fissato».
«Quello che sta accadendo non è positivo», è il giudizio del segretario regionale della Cgil lucana, Antonio Pepe. «Non conosciamo nel dettaglio i particolari del nuovo metodo di lavoro che si vuole introdurre in Sata, ma sembra abbastanza chiaro che se si diminuiscono le pause è inevitabile che aumentino anche le prestazioni». Ad ogni modo, precisa in aggiunta, «il 9 ci sederemo al tavolo sperando di poter fare una trattativa. Se, invece, l’azienda non ha intenzione di lasciarci margini di contrattazione allora si parte con il piede sbagliato».
Poi conclude: «Fiat dovrebbe una volta per tutte esplicitare in maniera chiara il piano industriale e i modelli da costruire in Basilicata». Il segretario Vaccaro rilancia ancora: «Non si capisce perché in Italia, dove gli stipendi sono più bassi, non succede quello che accade, a esempio, in Germania, dove chi lavora di più guadagna di più. E così che si incentiva la produzione». Dagli studi di rai 3 Marchionne sembra rispondere: «Quando ci saranno le condizioni per essere più competitivi, alzeremo anche gli stipendi».

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