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Per la prima volta un presidente del Consiglio oggi metterà piede a Gioia Tauro. E già questo la dice lunga sull’attenzione che il Paese ha riversato su un territorio che lo Stato contende ogni giorno alle mafie. Il premier Giuseppe Conte, insieme al ministro per il Mezzogiorno e per la coesione, Beppe Provenzano, presenterà all’Istituto tecnico Severi il Piano per il Sud. Un faldone zeppo di dati che ha richiesto 4 mesi di confronti ed elaborazioni. Vale circa 100 miliardi, fermo restando che sono numeri da prendersi con le molle. Ottenuti raschiando la botte, tagliando qui e lì, togliendo agli enti e centralizzando, tra risorse statali e fondi europei.

LEGGI LA PROMESSA DEL MINISTRO PROVENZANO SULLA GESTIONE DEI FONDI DI COESIONE

UNA SCELTA SIMBOLICA

La scelta è caduta su questo Comune della Calabria per dare forza simbolica a un impegno che il governo ha preso sin dal suo atto di nascita. «L’ente è stato sciolto 3 volte per mafia, siamo in dissesto finanziario, una voragine di 47 miliardi. Con il commissariamento il buco si è incrementato di altri 14 milioni, più altri 6 milioni fuori bilancio», elenca il sindaco Aldo Alessio, 68 anni, ex capitano di lungo corso, in carica dall’11 giugno 2019, eletto con una lista civica di centrosinistra.

L’occupazione, nonostante la presenza del Porto, uno dei più importanti hub del bacino del Mediterraneo, è ai livelli minimi. Asili nido zero. Cioè neanche uno. «Ringrazio il premier e il ministro Provenzano per la scelta di venire da noi, scelta che mi è stata comunicata solo 24 ore fa. Che cosa gli dirò? Che non devono più dimenticarsi della Calabria. Che non abbiamo più i soldi per ripianare le buche delle strade, che la rete idrica scoppia e la rete fognaria è intasata. Così non ce la facciamo, noi chiediamo un supporto».

E la ’ndrangheta? «Siamo stati una città di mafia ma siamo anche una città di antimafia. Per 6 anni ho vissuto sotto scorta».

Fin qui Gioia Tauro. Per capire da dove si parte, il punto di caduta del Piano che oggi verrà presentato dopo una lunga gestazione. Le risorse aggiuntive arriveranno dall’attuazione del 34%, la regola che impone la distribuzione degli stanziamenti ordinari in rapporto alla popolazione. Una clausola disattesa per anni – come questo giornale ha ampiamenti documentato – che ha penalizzato pesantemente il Sud.

Il ministro ha concertato con Palazzo Chigi e gli altri ministri il secondo intervento: il cofinanziamento italiano dei fondi europei straordinari verrà incrementato, dallo 0,5% del Pil allo 0,6%. La spesa centralizzata toglierà risorse importanti alle regioni ma eviterà duplicazioni e sprechi. E soprattutto eviterà che i fondi restino inutilizzati e, dopo il viaggio d’andata, facciano anche quello di ritorno a Bruxelles.

LAVORO FEMMINILE E ASILI NIDO

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) resta tra gli strumenti principali per attuare misure di riequilibrio sociale. Provenzano, scuola Svimez, ha sposato la lotta alle disuguaglianze ma non è riuscito a farlo diventare centrale nel suo partito, il Pd. Ha delimitato il raggio d’azione: 5 missioni già indicate dalla Ue: giovani, innovazione, ambiente, Mediterraneo per il Sud e occupazione femminile (la Calabria è la Cenerentola d’Europa). Settori nevralgici, dove il divario con il Nord continua a crescere. Con la legge di Bilancio il governo aveva previsto un programma strutturale di investimenti per l’impresa 4.0. la ricerca e lo sviluppo. Con la fase 2 del governo arriveranno sgravi per le assunzioni di giovani e per le imprese della Green economy. Edilizia scolastica e digitalizzazione hanno richiesto un capitolo a parte. La creazione di nuovi asili nido sarà strettamente legata all’occupazione femminile. Meno culle vuote, più posti di lavoro. Il Piano, insomma, c’è. Sulla carta, però.

LE RISORSE

Un’opera di infrastrutturazione del Mezzogiorno, sia materiale che sociale. Così il ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano, definisce il Piano per il Sud. Un piano che è stato progettato per sostenere e rafforzare lo sviluppo delle zone meridionali, di cui beneficerà anche il Nord e che renderà l’Italia più coesa.
Un piano che prevede consistenti risorse, intorno a 100 miliardi in 10 anni, perché la prospettiva è inevitabilmente di medio-lungo termine. Le cifre, nel dettaglio, saranno rese note oggi, ma questo è l’ordine di grandezza.

Il piano per il Sud, a quanto risulta dalle prime indiscrezioni, copre un arco temporale fino al 2030, perché comprende tutto il periodo della prossima programmazione dei fondi europei 2021-2027 più gli ulteriori tre anni per poter spendere materialmente le risorse, così come prevedono le regole comunitarie.

LA RIORGANIZZAZIONE

Il grosso dei 100 miliardi (ma la cifra potrebbe essere anche superiore) deriva dunque dalle risorse per le politiche di coesione, ossia fondi strutturali europei più cofinanziamento nazionale, e dal Fondo di Sviluppo e Coesione (ex fondo aree sottoutilizzate), costituito da soli contributi nazionali.

Oltre alla nuova programmazione, il piano comprende anche le risorse rimaste da spendere della programmazione in atto (2014-2020). Un’altra fetta di contributi per il Sud dovrebbe arrivare dalla ripartizione del Fondo nazionale degli investimenti, sul quale sarà applicata la famosa clausola del 34% riservata al Mezzogiorno, corrispondente alla popolazione residente.

Definito il quadro finanziario, il piano messo a punto da Provenzano dovrebbe prevedere una riorganizzazione generale della governance che presiede all’utilizzo concreto delle risorse a disposizione.

Per snellire le procedure e riuscire a intervenire prontamente sulle inefficienze, il complesso dei fondi per lo sviluppo e la coesione, che sono attualmente ripartiti tra diversi dicasteri, dovrebbero confluire sotto la responsabilità del ministero per il Sud, che si farà carico di monitorare sull’utilizzazione delle risorse, sui progetti oggetto del finanziamento e, anche questo potrebbe prevedere il piano, nominare eventualmente un commissario nelle Regioni che non si dimostrano capaci di spendere in progetti validi e capaci di produrre sviluppo sul territorio. Le risorse non spese, o che ritardano a essere spese, potrebbero anche essere spostate su altri progetti.

LA CENTRALE PER LA PROGETTAZIONE

Un altro elemento cardine del piano per il Sud è la nascita di una sorta di “centrale per la progettazione”, probabilmente all’interno di una riformata Agenzia per la Coesione, che dovrà affiancare e supportare Regioni ed enti locali per superare quello che oggi sembra essere una dei principali fattori di freno allo sviluppo: la scarsa capacità di presentare progetti.

Il nuovo disegno, nelle intenzioni di Provenzano, è finalizzato a far sì che ci sia un’unica regia e strategia nazionale nella progettazione e nell’utilizzo effettivo delle risorse e far sì che gli interventi finanziati con le risorse delle politiche di coesioni siano davvero efficaci allo sviluppo del Sud e abbiano il carattere della “aggiuntività” rispetto a progetti ordinari. Oggi invece è diventata prassi, accettata suo malgrado anche dall’Europa, utilizzare i fondi della coesione per finanziare una miriade di piccole opere che le pubbliche amministrazioni (Stato, Regioni e enti territoriali) dovrebbero finanziarie con risorse ordinarie, i cosiddetti “progetti sponda” o “progetti congrui”. Tutto questo avviene per evitare di perdere gli stanziamenti, ma con pochi risultati sul fronte del recupero dei divari territoriali.


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