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Uno dei due soggetti ripreso dall’impianto di videosorveglianza mentre posizionava la bomba, il 3 gennaio scorso, non sarebbe Cortese, il quale invece avrebbe solo preparato il “pacco” per la coppia che è entrata poi in azione.
Il pentito Nino Lo Giudice (nella foto al momento dell’arresto) avrebbe rivelato negli interrogatori sia il movente degli attentati che gli esecutori materiali. Ed a Reggio e non solo (in tutta Italia e persino all’estero) è caccia alle due persone che hanno piazzato la bomba al palazzo di giustizia di via Cimino. Indagini anche sullo scooter “Honda sh300“ a bordo del quale sono fuggiti i due malviventi, che potrebbe essere stato nella disponibilità di Antonio Cortese.
Ieri sera intanto, verso le ore 19, il pentito è stato ascoltato dalla Dda di Catanzaro, alla presenza del procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo e Lo Giudice avrebbe spiegato il motivo che avrebbe portato l’organizzazione degli attentati nei confronti dei magistrati.
Per quanto riguarda la posizione di Antonio Cortese, domani si svolgerà l’udienza di convalida del fermo davanti al gip di Trieste, Raffaele Morvai che sarà formalizzata oggi dal pm Pietro Montrone, titolare del fascicolo sul fermo di Cortese. La Procura di Trieste trasmetterà al più presto alla Dda di Reggio Calabria il computer e le sei schede telefoniche sequestrate ieri a Cortese nel momento del fermo. Dal provvedimento di fermo emesso dai magistrati della Dda di Reggio Calabria emergono, intanto, nuovi particolari sul ruolo importante che Cortese svolgeva per la cosca Lo Giudice. Cortese, in un’occasione, insieme a Luciano Lo Giudice, fratello di Antonino, si è recato in Austria a prelevare un notevole quantitativo di armi pesanti, circa una trentina, tra cui kalashnikov a colpo singolo.
Cortese, dunque, secondo Antonino Lo Giudice, non soltanto eseguiva gli attentati per conto della cosca, ma provvedeva a reperire le armi per il suo gruppo criminale. Ma il ruolo di Cortese sarebbe stato soprattutto quello di confezionare bombe direttamente a casa sua che poi utilizzava per compiere gli attentati che venivano ordinati dal boss Antonino Lo Giudice.
E tra questi ci sarebbero stati anche quelli fatti il 3 gennaio ed il 26 agosto scorsi, rispettivamente, contro la Procura generale e contro l’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro. Sul movente dei quali si spera di avere qualche delucidazione dal boss pentito Antonino Lo Giudice, che i magistrati della Dda di Catanzaro hanno interrogato stasera nella località protetta in cui il capo della cosca Lo Giudice è stato portato dopo che ha deciso di collaborare con la giustizia. La personalità di Cortese viene descritta con particolare efficacia da Consolato Villani, un altro dei nuovi pentiti della ‘ndrangheta che con le loro rivelazioni stanno aprendo uno squarcio inedito sulle attività delle cosche, consentendo i porre le basi per l’avvio di una nuova stagione nel contrasto alla criminalità organizzata reggina.

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