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Economia italiana in netta frenata nel 2019. Il dato della produzione industriale dell’ultimo trimestre dello scorso anno e complessivamente quello in media d’anno confermano uno stato dell’economia che arranca.

Al primo anno d’attuazione, reddito di cittadinanza e quota 100 si sono dimostrate misure inadeguate al rilancio economico e a sostenere lo sviluppo del Paese tramite il rafforzamento del mercato interno. Per il 2020 la prospettiva è difficile, con la Germania che perde quota in termini di ricchezza prodotta e non è più il “traino” della Ue. Se si considerano inoltre gli effetti della Brexit e l’epidemia del coronavirus che avrà ripercussioni a livello globale, il quadro che ne emerge è a dir poco a tinte fosche.

I DATI ISTAT

E mentre la nuova agenda 2020-2023 del governo è ancora in alto mare, nessuno sembra davvero preoccuparsi di un nuovo modello di sviluppo per l’Italia che, come ha detto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento al Forex, passa per un forte piano di investimenti.

Veniamo ai dati diffusi dall’Istat. Nella media del 2019 la produzione è diminuita dell’1,3%, il primo calo dal 2014. Dicembre è stato il mese più negativo, con una diminuzione del 2,7% rispetto a novembre, e un pesante -4,3% a livello tendenziale, considerando l’indice corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 19 di dicembre 2018). Profondo rosso per la produzione dell’auto che nel 2019 ha fatto registrare un calo del 13,9%, il più forte dal 2012.

Che le cose andassero peggio del previsto si era capito nei giorni scorsi, quando l’Istat ha diffuso la stima preliminare del pil nel quarto trimestre dello scorso anno: -0,3% sul trimestre precedente, e il ritorno dello spettro della recessione. L’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), l’autorità autonoma dei conti pubblici, ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il 2020, dallo 0,5% allo 0,2%.

GERMANIA IN AFFANNO

Fanno tremare i polsi anche i più recenti dati sull’andamento economico della Germania. La “locomotiva” dell’Unione segna il passo, complice l’indebolito settore dell’auto alle prese con il passaggio all’elettrico.

Il 2019 ha fatto registrare un aumento del pil limitato allo 0,6% (sotto la soglia psicologica del punto percentuale), in netto ribasso rispetto all’1,5% dell’anno precedente, che già aveva segnato una brusca frenata in confronto al risultato del 2017 (+2,2%). Anche il “gigante” dell’Unione è ormai strutturalmente in affanno.

IL PUNGOLO DI VISCO

Ignazio Visco, intervenendo al Forex di Brescia ha incalzato il governo a definire una politica economica di medio-lungo termine che superi «la cronica vulnerabilità». «Per contrastare le valutazioni pessimistiche che pesano sulla nostra economia – ha detto – occorre dare piena attuazione al programma di investimenti pubblici del governo e fondare gli interventi in materia di tassazione su una visione complessiva del sistema tributario». Inoltre, ha suggerito ancora il governatore, «è necessario ridurre l’incertezza anche normativa che frena gli investimenti privati».

Investimenti, quindi, soprattutto là dove se ne sono sempre fatti meno, per “riunificare” il Paese da Nord a Sud e rafforzare la domanda interna. Quando le imprese non possono più contare sull’export, devono poter avere uno sbocco maggiore sul mercato interno. Il Sud ha un pil molto al di sotto di quello potenziale e se quella parte del Paese non cresce anche il Centro-Nord resta penalizzato.

POLITICA IN ALLARME

Tutta la classe politica, da sinistra a destra, si è detta preoccupata per i dati sulla produzione industriale. Il primo a intervenire è stato il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha lanciato parole di fuoco contro l’esecutivo, senza peraltro considerare che per buona parte del 2019 al governo c’era una maggioranza giallo-verde.

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha invitato a fare meno polemiche e più lavoro comune. «Se si vuole andare avanti – ha detto – bisogna concentrarsi sui temi dello sviluppo, della crescita, del lavoro».

Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha giudicato «devastanti» i dati della produzione industriale. «Forse il governo dovrebbe preoccuparsi di rispondere su questi temi, anziché alimentare polemiche sulla prescrizione. O ci smuoviamo o il 2020 sarà peggio del 2019».


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