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di FRANCESCO ALTAVISTA
MATERA – Una musica che impregna i vestiti dell’anima, suggestioni che si rincorrono, immagini incredibili di un rapporto che si fa senza il “tabù” delle parole: è la musica di Remo Anzovino. Quest’ultimo classe 1976 sarà al Cineteatro “Duni” di Matera il prossimo 14 ottobre, con Marco Anzovino alle chitarre e Gianni Fassetta alla fisarmonica, nell’ambito del tour 2010 dal 8 al 17 ottobre che prende il nome dal titolo dell’ultimo disco “Igloo”. Remo Anzovino è artista vero e dotato di una percettibilità avvincente, i suoi due precedenti album “ Dispari” (2006) e “ Tabù” (2008) sono arrivati al numero uno della classifica Jazz di iTunes, ma catalogare l’artista di Pordenone in qualche genere musicale è troppo superficiale e restrittivo per un musicista compositore che contamina i generi, ancora di più nell’ultimo album nel quale si è avvalso di collaborazioni eccellenti. Una filosofia musicale difficile da definire ma ne parliamo con lui, grazie alla gentile collaborazione dell’ufficio stampa “Carta da Musica” e in particolar modo di Riccardo Rozzera, in un’intervista esclusiva con “Il Quotidiano della Basilicata”.
Partiamo dal titolo del tuo ultimo album: “Igloo”. E’ una metafora di un qualcosa che protegge dal freddo?
«“Igloo” è sicuramente una doppia metafora. Da un lato un qualcosa di casto semplice in mezzo al freddo culturale. D’altro un luogo artistico dove far entrare musicisti di diversa estrazione culturale e musicale; trovarsi insieme con il solo piacere di condividere della musica e arte. Poi forse “Igloo” è anche un luogo nel quale far entrare chi ascolta la mia musica, chi si sta appassionando al linguaggio musicale che sto portando avanti».
Gabriele Mirabassi, Enzo Pietropaoli, Bebo Ferra, Francesco Bearzatti, Luca Aquino e Franz Di Cioccio, tutte collaborazioni del tuo ultimo album. Il duetto più particolare è quello con il batterista della Pfm.
«Franz mi aveva sentito suonare ad un concerto a Trieste. E’ nata un’amicizia e quando ho avuto l’idea del disco, ho pensato che sarebbe stato fantastico coinvolgere uno tra i più grandi batteristi italiani nel pezzo di apertura del disco. E’ stato un duetto molto particolare con pianoforte e batteria. Devo dire che quando ha sentito il pezzo “Igloo” è rimasto talmente entusiasta che non solo ha collaborato al disco ma è venuto a fare diversi concerti con me. Sta nascendo un progetto speciale, nel quale la mia musica è unita a Di Cioccio. E’ una collaborazione che non è limitata al disco, ha prodotto già dei concerti e produrrà sicuramente altre cose».
Si fa fatica a definire la tua musica che contamina diversi generi musicali, soprattutto nell’ultimo album nel quale oltre al Jazz, alla music Etnica ci sono anche delle suggestioni Rock. Una volta hai dichiarato che la tua musica è fatta da piccoli racconti. Cosa vuoi raccontare a chi ti ascolta?
«Sì, dei piccoli racconti musicali fatti di pagine bianche che vengono scritte dalle orecchie e l’anima di chi li ascolta. E’ una musica che credo lasci grande spazio alla fantasia. Ho sempre cercato di fotografare attraverso questa musica, le cose di tutti i giorni, la realtà di oggi, il mondo di oggi. E’ sempre un viaggio intorno all’uomo, a volte si fa fatica a parlare di certe cose e io cerco di farlo con il linguaggio suggestivo della musica non quello esplicito della parola».
Il segreto del tuo successo forse è proprio questo. Sei riuscito a trasformare una musica definita di “ èlite” in una musica per tutti . E’ merito di quella ,che tu hai definito “Malinconia ballata” ?
«Utilizzare un ritmo incalzante nel dire delle cose anche malinconiche ti permette di dire in modo struggente un qualcosa ma mai fermo e paludato. La musica che faccio io è una musica che possono capire tutti, assolutamente non da élite si deve arrivare al cuore della gente. La mia è una musica che affonda le radici nel passato e per cercare proiettare la musica verso il futuro. Vuole unire riferimenti colti a musica popolare, per me la musica va da Le chansonnier francesi ai Sex Pistols . Questo è un elemento che caratterizza la mia musica, gli arrangiamenti che realizzo con i miei musicisti e anche i concerti che facciamo con assoluta spontaneità e immediatezza».
Sei anche un avvocato penalista, professione che continui ad esercitare. E’ un modo per trovare l’ispirazione ?
«Io penso che la musica non nasce mai dalla musica ma da tutto quello che è intorno e fuori. Il musicista deve essere attento, curioso di tutto ciò che accade nella vita reale. Un romanzo, un film, un bel quadro ispira molto, quindi tutto quello che è intorno alla musica e che riguarda il fattore umano per me è fonte di ispirazione. La professione di avvocato e la musica sono due passioni che riesco a conciliare. Fare l’avvocato soprattutto penalista è un osservatorio privilegiato su quello che in maniera inconscia diventerà musica. Un osmosi tra le esperienze. Non bisogna vivere sotto una campana di vetro o in una torre di avorio ma sporcarsi le mani con la realtà di tutti i giorni con le tristezze umane da cui trarre insegnamento e musica».
Cosa è la Bellezza?
«Una musica bella è una musica che si disinteressa di quello che pensano gli altri e pensa solo ad essere se stessa cioè ad essere autentica».
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