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«In data odierna ho rimesso nelle mani del Sindaco di Catanzaro, on. Rosario Olivo, la procura irrevocabile allo stesso sindaco a cedere, a chiunque ne faccia richiesta, il 12% delle azioni del F. C. Catanzaro Spa attualmente di mia proprietà. Non intendo più occuparmi di nulla che riguardi, anche marginalmente, la squadra giallorossa».
Lo afferma, in una nota, il giornalista ed editore Giuseppe Soluri, che aggiunge: «Ho preso tale iniziativa per sgombrare il campo da ogni dubbio circa la mia volontà, da molto tempo espressa e più volte ribadita, anche pubblicamente, per iscritto e con atti formali nel corso della passata estate, di uscire dalla compagine sociale del Catanzaro Calcio.
Mi sono peraltro convinto che, nella attuale situazione, difficilmente il Catanzaro può sperare in un futuro meno stentato e meno difficoltoso. La compagine sociale venuta fuori dalla turbolenta estate 2010, infatti, – dice – è davvero assurdamente strana: l’azionista di riferimento (col 46%) è Tribuna Gianna, l’associazione di scopo nata col compito di concorrere all’iscrizione del Catanzaro al campionato di competenza (la C2) e, se fosse stato possibile, di trasferire la proprietà della società in mani economicamente più solide di quelle attuali. Il primo obiettivo Tribuna Gianna (grazie al contributo di alcuni imprenditori ed a quello dell’Amministrazione comunale) lo ha raggiunto. Il secondo non si è realizzato non essendosi concretizzata alcuna delle ipotesi che pure erano state messe in campo circa il possibile intervento di un imprenditore dalle grosse potenzialità che acquisisse la proprietà del Catanzaro. Ciò, nonostante tutti i vecchi soci avessero manifestato ampia e dimostrata disponibilità a cedere le proprie azioni a zero lire e senza nulla pretendere ad alcun titolo. Ad oggi, dunque, Tribuna Gianna è socia al 46% ma è, per stessa pubblica dichiarazione dell’Associazione, un socio che non ha più risorse da mettere a disposizione del Catanzaro e che pertanto si è chiamato fuori rispetto alle scelte assembleari preferendo per così dire «sterilizzare» la propria pesantissima quota. L’altro 54% delle azioni è distribuito tra vari soci minori: il 16% è dell’Amministratore Unico Antonio Aiello, il 12% è del sottoscritto, un altro 12% circa è di Pasquale Bove, il 7,8% è di Filippo Catalano, il 4% circa è di Pino Santaguida, il 2% è di Pino Ruga».
«Tutti piccoli azionisti, nessuno dei quali – continua – è in grado di pesare più di tanto nelle decisioni da prendere in assemblea, col risultato che spesso, anche su scelte importanti, si crea confusione, si fanno inversioni ad U improvvise e non si riesce ad imboccare una strada maestra. A questo si aggiunga il fatto che nessuno degli attuali soci ha oggi possibilità (o voglia) di continuare a portare sulle spalle la croce del Catanzaro, tanto più in percentuale maggiore (visto il disimpegno di Tribuna Gianna) rispetto a quella che deriverebbe dalla rispettiva consistenza azionaria. Occorre allora che ci sia una svolta, con la individuazione di un imprenditore o di più imprenditori importanti che possano farsi carico della gestione, sempre e comunque pesantemente deficitaria, della squadra di calcio cittadina. Uno (o più imprenditori) che possano guidare la società con mano ferma, senza subire le critiche e le contestazioni di chi (forse giustamente) addebita all’attuale società il fatto di non essere costituita da magnati del petrolio o da big della grande distribuzione. Personalmente ho cercato di cedere (a costo zero) le mie azioni a tutti: le ho proposte a Tribuna Gianna, le ho offerte al più antico, organizzato e prestigioso club di tifosi, le ho messe a disposizione di qualunque imprenditore con cui mi sono trovato a parlare. Nessuno finora le ha volute. Ora le rimetto ufficialmente nelle mani del Sindaco affinchè possa tentare ancora di trovare una soluzione ottimale per il Catanzaro Calcio. Mi auguro che anche gli altri soci minori facciano la stessa cosa, ma in ogni caso il Sindaco, considerato il 46% di Tribuna Gianna ed il 12% del sottoscritto, ha la possibilità di offrire ancora una volta, a chiunque ne abbia voglia e possibilità, la maggioranza della società affinchè possa gestire, autonomamente e secondo le proprie scelte, il Catanzaro Calcio. Al Catanzaro, finora, ho dato tanto: in termini di impegno (economico e non), di passione e di amore. Ho sbagliato, perchè le passioni spesso fanno perdere razionalità. Avrei dovuto ascoltare – prosegue – chi, essendo sangue del mio sangue, mi vuole certamente più bene di tutti e mi aveva scongiurato di non rientrare, neppure come socio marginale, in un ambiente-cloaca».
«Avrei dovuto capire – aggiunge – che in questa città il calcio è stato invaso da troppi veleni, da troppi risentimenti, da troppi piccoli meschini interessi, da troppi cialtroni. Non è un terreno su cui possa «giocare» chi è mosso dalla passione e da un sentimento sincero per la squadra che ha amato sin da bambino e che rappresenta un pezzo importante del proprio cuore; è invece, questo, un terreno agevole per le scorrerie di maneggioni vari, di personaggi opachi travestiti da tifosi, di «opinionisti» da quattro soldi e dall’incerta grammatica, di presunti esperti di tutto e di più. Nelle due stagioni passate, da azionista di minoranza del Catanzaro, non ho avuto (come il vecchio Collegio sindacale e come molti autorevoli, ed onesti, tifosi sanno da sempre) alcuna voce in capitolo. Nella prima stagione, quella con Pasquale Bove ed Improta Dg, ho cercato di dire la mia ma senza risultati. Pasquale, altro grande tifoso del Catanzaro, per passione ha lasciato troppo fare pagandone poi in prima persona (e non solo lui) le conseguenze sul piano economico; nella seconda stagione mi sono battuto a lungo (criticato e anche contestato per questo) per evitare ad Aiello una serie di errori (lo stesso Aiello, che era stato circuito e subornato da alcuni «pescecani» del calcio, oggi sinceramente li ammette) che purtroppo hanno portato alla difficilissima situazione in cui si è trovato quest’estate il Catanzaro e in cui ancora si trova. Ho fatto, inutilmente, il «grillo parlante» col risultato peraltro che, come tutti i «grilli parlanti», sono anche malvisto da tanti superficiali «lettori» delle cose giallorosse. Mi auguro che il Catanzaro possa uscire da questa situazione di difficoltà attraverso l’intervento di qualche grosso imprenditore; mi auguro soprattutto che recuperi i propri tifosi, che lo stadio «Ceravolo» possa tornare a colorarsi e che possano tornare i tempi, ormai lontani, in cui la partita dei giallorossi significava gioia, calore e passione e non veleni o insulti di tutti contro tutti. Forse avrei altre cose da dire, altre amarezze da esternare. Ma non servirebbe a niente ed a nessuno. D’altronde la signorilità non si compra al mercato e vola sempre più in alto dei cialtroni e delle cialtronerie. Ringrazio – continua – chi, conoscendomi bene ed a fondo, mi ha sempre considerato un supporto importante (da tutti i punti di vista) per le sorti del Catanzaro. Quanto agli altri, mi piace raccontare un aneddoto che riguarda Giosuè Carducci. Il poeta insegnava Italiano all’Università di Bologna ed una mattina, entrando nell’aula per fare lezione, sulla lavagna trovò scritta, dalla mano codarda di qualcuno dei suoi allievi, la seguente frase: «Carducci è un asino». L’autore di «Pianto antico» – conclude – non si scompose e rivolgendosi agli studenti chiese sorridendo: «Chi è quell’asino che non sa chi è Carducci?».
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