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Amerigo Palma, il giudice che stabilirà se nella notte tra il 6 e 7 luglio ci fu sabotaggio nella Fiat di Melfi, dovrà innanzitutto sciogliere un nodo: decidere se accettare o meno la richiesta avanzata dei legali del Lingotto di ascoltare come testimone il segretario nazionale della Fismic, Roberto Di Maulo. Non più di due settimane fa il leader sindacale aveva chiesto e ottenuto di essere ascoltato dal sostituto procuratore di Melfi, Renato Arminio, nell’ambito del procedimento penale che vede i tre operai della Sata accusati di “turbativa di attività industriale e violenza privata”. Al pm aveva parlato di un «pesante clima di intimidazioni e omertà» all’interno dello stabilimento. E soprattutto aveva confermato la ricostruzione degli eventi di quella sera fatta dal settimanale Panorama. I tre «agitatori» avrebbero cercato di bloccare la produzione «perché lo sciopero stava andando male». Di Maulo quella notte non era presente in fabbrica. Ma la sua “verità” sarebbe stata ricostruita sulla base «delle dichiarazioni di alcuni delegati – aveva detto il segretario durante la conferenza stampa – presenti quella notte». Sulla base di queste dichiarazioni i legali Fiat hanno chiesto che Di Maulo venga ascoltato dal giudice per fare i nomi di chi ha parlato con la stampa, chiedendo l’anonimato, ma che non avrebbero trovato il coraggio di presentarsi davanti al magistrato nel corso del procedente procedimento civile, che si è concluso con una condanna a Fiat per “condotta antisindacale”. Ora, quegli operai, sarebbero pronti a raccontare la loro verità in cambio di garanzie «contro eventuali ritorsioni». Secondo gli avvocati del Lingotto le testimonianze sarebbero destinate a ribaltare il primo verdetto del giudice Minio. Niente di più “sbagliato” per i colleghi della Fiom. «I delegati presenti quella notte e a cui fa riferimento di Maulo – spiega l’avvocato Paolo Pesacane – per un’evidenza logica non possono essere altro che coloro già indicati come testimoni dalla stessa Fiom nel corso del primo procedimento. E che, quella stessa notte del 6 e 7 luglio scorso, hanno firmato, subito dopo il blocco della produzione, un documento in cui si dichiarava la regolarità dello sciopero, si condannava l’atteggiamento del gestore operativo e si esprimeva solidarietà ai tre lavoratori sospesi». Solo nei prossimi giorni il giudice scioglierà la riserva sull’ammissibilità di nuovi testimoni e documenti. Anche nel caso in cui il magistrato dovesse accogliere le richieste della Fiat «siamo certi – aggiunge Pesacane – che non si potrà dimostrare una verità diversa da quella già emersa».
Ma la notizia del nuovo rinvio, che inevitabilmente dilata i tempi del procedimento, lascia un po’ di amarezza in Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli e Antonio Lamorte che hanno atteso l’esito della prima udienza. «Siamo al paradosso»: così Pignatelli commenta la richiesta della Fiat e l’eventualità che «il segretario Di Maulo, non presente quella notte, possa essere ascoltato come testimone». Barozzino incalza: «Quello che si sta cercando di fare è sotto gli occhi di tutti gli italiani. Non c’è bisogno di aggiungere nulla». Per il segretario regionale della Fiom, Emanuele De Nicola «quella di Di Maulo non è altro che voglia di esibirsi in un nuovo show individuale».
«Ci auguriamo – ha detto il segretario regionale della Cgil, Antonio Pepe – che la riserva del giudice venga sciolta quanto prima. Confidiamo pienamente nell’operato della magistratura. Inoltre siamo convinti che la richiesta della controparte dei legali dell’azienda sia solamente un diversivo utile ad allungare i tempi di soluzione della vicenda». Insieme a Marco, Antonio e Giovanni, hanno atteso l’esito della prima udienza molti delegati e iscritti al sindacato delle fabbriche del potentino.
Mariateresa Labanca

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