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Ci sono modi diversi di guardare alla cosiddetta “ripartenza” a cui mira il governo Conte. Non vuole la si chiami “verifica”, perché lascerebbe intendere che tutto sta nel fare il punto sui rapporti di forza fra i vari partiti della coalizione e sulla loro disponibilità a rinunciare ciascuno alle proprie bandierine. Effettivamente queste più o meno erano le verifiche governative ai tempi della prima repubblica. Si potrebbe però rilevare che il problema rimane però più o meno quello anche ai tempi di quella attuale (che ormai non si sa più se definire, seconda, terza o che altro).
GLI ARTIFIZI
Per evitarlo, al di là degli artifizi verbali, si comincia ad intuire una certa strategia più definita, la quale, effettivamente, se avesse successo, potrebbe anche significare un rilancio del Conte 2. E’ abbastanza evidente che non lo si può realizzare con la consueta lista/litania di cose da fare in tutti i campi possibili ed immaginabili. A quella non si può rinunciare, perché fa comodo ai partiti che ci infilano ciascuno le proprie bandierine. Però bisogna trovare un grande progetto, capace di identificare la volontà di lasciare il segno da parte dell’annunciato “campo progressista”. Potrebbero anche essere due, tre o quattro (non di più), ma al momento ne vediamo uno solo, ma indubbiamente rilevante: la riforma del sistema fiscale.
GUALTIERI
Vi si impegna in prima persona il ministro Gualtieri, e anche questo è un dato da non sottovalutare. Il sistema fiscale, ovvero “le tasse”, sono il classico tema che di solito divide la destra e la sinistra: da un lato il famoso “meno tasse per tutti” di berlusconiana memoria, dall’altro il richiamo del ministro Padoa Schioppa a considerare positivamente il pagamento delle imposte perché è con quelle che si sostiene la spesa sociale nel senso più ampio del termine.
E’ dunque facile pensare che se si fosse capaci di riformare un sistema fiscale che tutti riconoscono farraginoso, poco efficiente e squilibrato, si centrerebbe un obiettivo storico: persino se lo si facesse senza immaginare impossibili rifondazioni totali, ma semplicemente razionalizzando il sistema tenuto conto delle attuali contingenze. Non è ovviamente possibile giudicare se l’obiettivo sia alla portata di questo governo, perché al momento abbiamo solo un annuncio. Potrebbe rinforzarlo la promessa di avere a tempi brevi una proposta articolata (sembra addirittura entro maggio), ma sempre di promessa si tratta.
Il tema ha il vantaggio di essere di quelli a cui non può opporsi nessuno, almeno quanto ad obiettivo da raggiungere (sulle sue articolazioni la faccenda sarà invece piuttosto complicata). L’essere in capo al ministro Gualtieri qualche speranza la dà.
IL PASSATORE
Non è un tecnico economista (nasce come studioso di storia contemporanea) e questo, sia detto senza offendere nessuno, aiuterà, perché eviterà un approccio troppo legato a qualche “scuola accademica” favorendone uno più realistico. La lunga presenza di Gualtieri nel parlamento europeo lo ha poi abituato a confrontarsi con i grovigli di visioni tipici dei contesti in cui sono rappresentate le più diverse impostazioni ideologiche e anche questo sarà un elemento positivo.
Se il governo riuscisse davvero a risistemare un sistema fiscale che, diciamo la verità, si è costruito in buona parte con quella che si potrebbe chiamare la tecnica del Passatore, cioè mettersi in agguato agli incroci di strada per alleggerire gli ignari passanti, non sarebbe male. Abbiamo visto accumularsi tasse “di scopo” che rimangono quando degli scopi originari non si ricorda nessuno, balzelli inventati per coprire spese la cui rilevanza era quantomeno discutibile, prelievi che sono quasi draconiani per alcuni e quasi inesistenti per altri, il tutto ovviamente senza toccare qui il tema dell’evasione.
SFIDA ALLA DESTRA
Una seria riforma del sistema fiscale sarebbe un pesante guanto di sfida gettato alla destra, a cui si toglierebbe, se si avesse successo, la tradizionale arma della polemica contro il governo della sinistra sanguisuga. Non ci illudiamo che sia una riforma che si può fare con un consenso trasversale, anzi temiamo che al dunque ad essere trasversali saranno le spaccature, perché ogni rimodulazione del sistema di prelievo tocca qualche interesse o anche semplicemente qualche abitudine per cui ci sarà una poco resistibile tentazione per ogni partito di erigersi a difensore di questo o di quel settore che dovrà come minimo cambiare punti di riferimento nell’orizzonte fiscale.
Tuttavia il momento per aprire un confronto su questi temi potrebbe anche essere propizio. Il centrodestra è alle prese con problemi di riequilibrio al suo interno, dopo che ha visto con le recenti elezioni regionali affermarsi un divario fra Nord e Sud, col Mezzogiorno dove FI e FdI possono contrastare significativamente la domanda di egemonia di Salvini. Siccome c’è una questione aperta su questo terreno per le candidature in Campania e Puglia, due regioni non certo secondarie, c’è la possibilità che il centrodestra sia spinto ad una articolazione più flessibile che ridimensioni l’approccio demagogico di Salvini (che forse, proprio sul terreno fiscale, potrebbe risultare poco interessante anche per una parte almeno dei leghisti: lì si guadagna di più a dialettizzare negoziando che facendo sceneggiate).
I CINQUE STELLE
Dal lato opposto la collocazione della proposta Gualtieri (sostenuta, a quel che si sa, da Conte) nel quadro di un permanere dello scontro bipolare destra/sinistra come sarà con lo svolgersi delle prossime elezioni regionali e comunali costringerà la rissosa coalizione governativa a moderarsi nello scontro interno su un tema tanto delicato. E questo varrà persino per i Cinque Stelle, che non possono permettersi di questi tempi di far saltare il governo, per di più su un tema che non rientra fra i loro mantra e su cui peraltro non sanno cosa dire, vista la loro cronica mancanza di figure capaci di autorevolezza su questioni così delicate.
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