L'area del porto di Gioia Tauro
3 minuti per la letturaAVETE mai sentito parlare nella più impropriamente politica delle campagne elettorali regionali di Emilia-Romagna e Calabria del quadrilatero Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro che può unire per la prima volta Adriatico e Tirreno e restituire all’Italia la sua leadership nel Mediterraneo? Quattro zone economiche speciali, circa 10 milioni di persone, due aeroporti internazionali a Napoli e Bari, tre in Calabria su cui investire ancora, una rete integrata di porti e interporti, un centro smistamento merci e commerciale nel cuore della Campania tra i più rilevanti d’Europa, il primo scalo del Mediterraneo (Gioia Tauro) per infrastrutture, posizionamento strategico, fondali, dragaggio, traffici.
Non vi pare proprio, nessuno vi ha detto niente? Certo, per carità, come avrebbero potuto tra guerre di piazze, sardine, citofoni e stuoli di giornalisti televisivi in servizio politico permanente effettivo per cui non c’è mai un numero su cui confrontarsi ma sempre qualche mostro da inventare, bufale da ingigantire, populismi che perdono pezzi e figure forti che più sono demonizzate e più consensi attraggono.
In questo bailamme, qualcuno è riuscito almeno a parlarvi di Alta velocità ferroviaria Napoli-Bari e di Alta velocità/capacità ferroviaria Napoli-Reggio Calabria-Palermo? C’è chi si è mai permesso, magari per errore, di farvi notare che Napoli e Bari, ad esempio, non sono zone di montagna ma due aree metropolitane perfettamente attrezzate e che le due aree finalmente riorientate l’una con l’altra regalano all’Italia l’opportunità commerciale di entrare a pieno regime nel corridoio occidentale che da Barcellona arriva a unirsi a Civitavecchia? C’è qualcuno in grado di quantificare le ricadute economiche, occupazionali, di crescita vera (non elemosina sociale) che un raccordo di logistica efficiente per la prima volta tra Adriatico e Tirreno, con lo Ionio sotto che ne beneficia, può fruttare sull’asse Est-Ovest? Si è capito o no che si delineerebbe una convenienza logistica molto forte e un ruolo di Paese trasformatore, esportatore, manifatturiero e agro-industriale di qualità?
Ogni giorno avrete sentito parlare di Ilva, cosa giusta senza peraltro concludere nulla, ma alzi la mano chi può dire di avere sentito anche una sola volta accennare a piattaforme di logistica mondiali per l’agro-industria di pregio di Puglia, Calabria, Basilicata, da realizzare proprio a Taranto. In Italia c’è una sola (grande) questione politico-economica nazionale di cui tutti dovrebbero occuparsi: è quella di accendere il secondo motore (Mezzogiorno) perché il primo motore (il Nord estrattivo) non ce la fa più. A furia di estrarre indebitamente risorse pubbliche dovute al Sud le Regioni del Nord si sono private del loro principale mercato di consumi interno e rischiano di condannare l’Italia alla terza recessione.
Queste sono le cose vere di cui avrebbe dovuto parlare una classe politica degna di questo nome, mettendo sempre la Calabria davanti all’Emilia-Romagna come simbolo della speranza (unica) che l’Italia può ancora darsi. Senza nulla togliere a ribaltoni e controribaltoni più o meno assortiti, non ci permetteremmo, o a ragionamenti tipo la Destra vince in Emilia-Romagna, espugna il fortino rosso ma consegna il Paese a uno scenario tipo quello del 2000 quando la sinistra perde le Regionali e D’Alema lascia il passo a Amato a Palazzo Chigi.
Si fa un’infornata di nomine, si tiene sotto controllo il debito ma il Paese continua a galleggiare, e l’anno dopo arriva la valanga politica del centrodestra. A quel punto, la spesa pubblica torna a crescere e il debito riprende il largo, l’Italia si prenota il suo destino di vulnerabilità che la affianca alla Grecia. Non vi preoccupate, né allora né dopo qualcuno ha pensato al Mezzogiorno. Si è continuato a togliere spesa pubblica produttiva al Sud e a regalare spesa clientelare al Nord (se avete voglia di farvi il sangue amaro leggete Laura Sala alle pagine II e III). Si è continuato a scavare nel tunnel con gli occhi bendati. Prima o poi si dovrà risalire in superficie e levarsi le bende. Davanti agli occhi ci saranno solo macerie. Non sarà più così importante chi vince le elezioni politiche. Perché nel frattempo è sparita l’Italia.
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