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di UGO PISCOPO
Ai primi di agosto 2010, l’Invalsi (l’Istituto nazionale di valutazione dei risultati scolastici) ha pubblicato un rapporto sullo stato dell’apprendimento dell’italiano e della matematica durante l’anno scolastico 2009-2010 nella scuola italiana, che una volta era detta dell’obbligo (scuole elementari e scuola media). Le classi esaminate sono state la seconda e la quinta elementare, che sono conclusive rispettivamente del primo ciclo (biennale) di apprendimento e formazione delle elementari e del secondo ciclo (triennale) del medesimo ordine di scuole, e la prima media che è di avvio del ciclo della media. Ma nel mirino sono stati anche i risultati degli esami di licenza media di quest’anno, su cui è stato pubblicato uno specifico rapporto pochi giorni prima. Da questo check-up che cosa ha da apprendere fondamentalmente l’opinione pubblica? Tre cose: 1. che chi inizia bene, procede poi anche meglio, e viceversa; 2. che la matematica (ahi, ahi! non è bene) si dimentica con facilità nel corso del processo formativo; 3. che in Italia esistono due scuole, una dignitosa e talora eccellente nel Centro-Nord e una un po’ zoppa, quasi da Terzo Mondo, al Sud. Sui primi due punti, che certamente meriterebbero di essere discussi e approfonditi, non ci possiamo permettere di intrattenerci in questa sede. Sul terzo punto, è imprescindibile soffermarsi. Dice esplicitamente il rapporto: «Le regioni meridionali hanno un distacco rispetto alla media nazionale di cinque punti percentuali, nove rispetto alle regioni del Nord e circa sei rispetto a quelle centrali» (p. 50). Non si riportano i dati che chiunque può leggere in Iinternet, ma non si possono non citare alcune valutazioni, che sono uno scandalo sul piano nazionale e che al Sud ci dovrebbero far vergognare. Le scuole classificate ai primi tre posti sono rispettivamente: quelle di Trento (68,9), quelle di Bolzano (67,7) e quelle dell’Emilia-Romagna (67,4). Le peggiori in assoluto, sono rispettivamente: quelle della Calabria (54,0), della Sicilia (57,0) e della Campania (57,1). In pratica, viene ribadito che la Questione meridionale è anche Questione della scuola del Mezzogiorno. Il problema esiste e non va aggirato o nascosto dietro i soliti piagnistei e autoassoluzioni dietro cui ci rifugiamo pateticamente dalle nostre parti. La scuola, da noi segnala che anche nell’ambito dell’istruzione e della formazione è urgente che noi meridionali ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo a lavorare con serietà per la rinascita del territorio, senza attendere che altri vengano da fuori a risanarlo. E anche per fargli assumere un profilo più omogeneo. Perché l’attuale è sfilacciato e variegatissimo, in un quadro che si è aggravato ulteriormente rispetto a quello registrato da Manlio Rossi Doria, che egli chiamava della polpa e dell’osso. E di ciò ci avverte questo stesso rapporto Invalsi, che intercetta differenze e contraddizioni accentuate tra regione e regione affini e contigue, come la Basilicata e la Calabria distanziate fra loro di circa sette punti a favore della Basilicata, la quale in media nel campo dell’istruzione e della formazione non è inferiore alle regioni del Centro-Nord. Ma anche all’interno delle stesse regioni, della stessa città, dello stesso istituto scolastico. Come, invece, non accade al Nord, dove oscillazioni e variazioni non mancano, ma sono contenute in spazi più circoscritti e, quindi, controllabili.

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