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di FRANCO CIMINO
Ieri la spiaggia affollata di Soverato, oggi la festa del paese, a Palermiti. Se si guarda indietro di soli due anni, agli omicidi “eccellenti” di Vallefiorita e Borgia, quel triango- continua a pagina 13 lo che unisce Serra San Bruno a Guardavalle e Soverato è, invece, un quadrilatero. Il catanzarese è chiuso ermeticamente da quattro lati, ostaggio di una criminalità che lo concepisce quale terreno di scontro per supremazie da impiegare su scala regionale, se non addirittura nazionale. La ricchezza dei boschi, la guardiania, la droga, le estorsioni, c’entrano poco, non essendo questo un territorio “succulento” per via della sua strutturale povertà e del mancato sviluppo. Sono altre le realtà dove scorre a fiumi denaro del pubblico e del privato, con investimenti imponenti e altri in procinto di arrivare. Sono realtà una volta rumorose e ora, invece, incredibilmente silenziose. Il che ripropone l’antica domanda, sempre volutamente inevasa: la ‘ndrangheta è forte e viva dove spara? Ovvero, è assente e sconfitta dove regna la “pace”? Il motivo della mancata risposta è ben comprensibile. Ammetterne l’esistenza e la forza nelle realtà pacifiche o pacificate, significa riconoscere quel che non si vuole ancora ammettere e che, proprio su questo giornale, Matteo Cosenza e Alberto Cisterna, in due memorabili articoli scritti quasi con unica coraggiosa mano, hanno teorizzato. E, cioè, che la criminalità organizzata non è sola. Vi è un altro livello assai preoccupante, definito la zona grigia, che agisce nel processo di indebolimento della Calabria e di allargamento dell’area dell’illegalità e del disordine. È talmente fondata questa analisi, che c’è da ritenere non solo – come suppongono Cosenza e Cisterna – che la crescente forza dell’una è data dalla presenza dell’altra, ma che le due entità agiscano insieme, sempre più in forma compartecipata. Se non si tratta di una holding o di una Spa, certamente è una grande alleanza per il raggiungimento del principale obbiettivo: fare affari. Criminalità in doppio petto e imprenditoria malata si danno la mano. Siccome non siamo a Milano o a Torino o a Roma, ma in Calabria dove l’economia si regge quasi esclusivamente sui fondi pubblici, l’alleanza si allarga comprendendo la Pubblica amministrazione. Naturalmente, quella parte malata, sebbene non si sappia quanto sia grande. Questa, essendo nominata dalla politica, impegna la stessa (naturalmente, la parte malata, sicuramente molto grande) nell’offrire alla “santa alleanza” la garanzia delle istituzioni e il loro potere di legittimazione dell’affare. E, attraverso il controllo del voto, anche il pieno dominio del territorio. Quando la politica non fa questo, perché non lo sa fare, o non lo vuole più fare, o si ribella, o con empito di onestà si contrappone, la ’ndrangheta si sveste del doppio petto e impugna la “lupara”. “A latere”, minaccia chi si vuole occupare di questo mondo “tranquillo”, segretamente indagando sulla commistione politica-affari-criminalità e sul sistema costruito a supporto (le Procure attente e intelligenti); e chi, con la parole intelligente, informa di tale pericolo i calabresi (i giornalisti coraggiosi, non molti in verità). Certe roboanti dichiarazioni, ingombranti di altrettanta roboante solidarietà a Salvatore Di Landro, contenenti giustificazioni non richieste e autoassoluzioni salvifiche, nel confermare di fatto la grave situazione descritta, vorrebbero ancora una volta coprire la Calabria di quella notte egheliana in cui tutti i gatti sono grigi. Se la colpa c’è ma tutti siamo uguali, non c’è il colpevole. È l’anomalia delle anomalie, che solo la Calabria è riuscita a inventare. C’è la colpa e la condanna, ma mai un condannato. Così, nella coscienza collettiva che si assopisce, tutto resta uguale. Nessuno si muove o è rimosso. E l’indomani, in ogni domani che si avvicenda, si procede come prima. Cambiamenti di facciata. Primi annunci di rivoluzioni, mentre nel sottosuolo istituzionale e sociale, trasversalmente, quei “potenti” sempre uguali macinano “grano” e accontentano tutti. E poi, le solite grandi inchieste, che puntualmente spariscono. E delle quali nessuno chiede notizie del perché siano nate o del perché siano sparite, nello stesso ambito in cui la Giurisdizione recita due parti, istituzionalmente corrette ma non sempre comprensibili dai calabresi. Dov’è dunque il pericolo maggiore per noi? Quando si spara o quando le armi tacciono? Quando la guerra sembra un affare tra loro, o quando gli affari si fanno sulle nostre spalle? Un bel dilemma! Davvero, un bel dilemma. Intanto, l’orrore ha massacrato due bambini, risparmiando per puro caso soltanto la loro vita. Sono i figli di due caduti in quella guerra. Il primo, ha quasi due anni. Si trovava sulla spiaggia di Soverato accanto al padre, che forse giocava con lui. Il secondo, di anni ne ha dieci. Guardava i fuochi d’artificio che aprivano il cielo di Palermiti. Forse, la sua mano era stretta a quella del padre. Come fanno istintivamente tutti i bambini, quando vogliono sentirsi più sicuri e protetti da ogni insidia, paura , minaccia. Tranne quella che lo segnerà per tutta la vita.

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