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di MARIATERESA LABANCA
MELFI – La cattiva notizia arriva a metà mattinata, mentre si sta consumando l’ennesima giornata d’attesa davanti ai cancelli della fabbrica di Melfi per i tre operai licenziati da Fiat, per i quali anche oggi le porte dello stabilimento sono rimaste chiuse. Il management Sata convoca l’assemblea con la rsu per le 12 e 30, ma l’avviso alle segreterie territoriali è già partito: dal 22 settembre al 3 ottobre prossimo l’azienda farà ricorso alla cassa integrazione ordinaria. La motivazione ufficiale è la solita: “adeguare i flussi produttivi alla domanda di mercato”. I numeri lo dicono con chiarezza: le vendite della Punto Evo sui mercati internazionali sono in calo. Tanto che la comunicazione della cigo a Melfi sorprende pochi. «In verità – spiega il segretario della Fim Cisl lucana, Antonio Zenga – la settimana di cassa era stata già programmata per il mese di luglio. Poi, gli scioperi che sono seguiti al licenziamento dei tre operai portarono ad annullare la cigo per l’esigenza di recuperare la produzione perduta».
E Zenga assicura ancora: «Siamo solo agli inizi. La cassa integrazione ci accompagnerà per tutto l’anno, com’è facile prevedere». Il leader della Fiom lucana, Emanuele De Nicola conferma: «Nel piano annunciato da Marchionne l’aumento della produttività dello stabilimento è prevista solo per il 2014. Prima di allora bisognerà fare i conti con il ricorso agli ammortizzatori sociali».
Anche ieri i tre operai, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli si sono ritrovati davanti al cancello B della Sata. «Non ci fanno lavorare, ma noi rimaniamo qui». Poi, il ringraziamento al presidente Napolitano per il messaggio inoltrato loro martedì sera. «Abbiamo trascorso una notte più tranquilla», ha commentato Barozzino. E nel frattempo la partita continua a giocarsi anche sul fronte giudiziario. Rimane, infatti, il nodo dell’interpretazione del decreto di reintegro, che secondo Fiat è stato legittimamente rispettato. Non è così, invece, per i legali della Fiom che hanno depositato al Tribunale di Melfi un’istanza per chiedere al giudice del lavoro di definire le modalità di attuazione del decreto. Secca la replica degli avvocati dell’azienda che i quali è «impossibile» che il magistrato che ha pronunciato il decreto intervenga nuovamente su un provvedimento già emesso. «Si tratterebbe – dicono – di un atto compiuto al di fuori di qualsiasi regola processuale ed anzi estraneo al nostro ordinamento».
I sindacati, divisi, su una cosa concordano, almeno a parole : la necessità di risolvere il conflitto che si è venuto a creare all’interno dello stabilimento. «Si deve parlare di piano industriale», insiste De Nicola. «Fiat deve fare un passo indietro rispetto alla vicenda di Melfi – aggiunge il segretario della Fim, Zenga – Bisogna riaprire subito il tavolo di confronto. Senza perdere di vista il vero obiettivo: portare lo stabilimento a regime, con la produzione di 450.000 vetture si tradurrebbe in 2.500 nuovi posti di lavoro nello stabilimento lucano». Lo ribadisce anche il leader della Uilm di Potenza, Vincenzo Tortorelli. Ma se è un rinnovato clima di serenità che tutti inseguono, prima di tutto c’è da ridurre le distanze tra le sigle sindacali. Pronti a raccogliere la sfida all’unitarietà lanciata dal segretario regionale della Cgil, Antonio Pepe, i leader di Cisl e Uil, «a patto che – precisa Falotico – non ci siano fughe in avanti». «A condizione – aggiunge Vaccaro – che si rimanga nella chiarezza». E in serata lo stesso appello è arrivato anche dal segretario dei metalmeccanici dell’Ugl di Basilicata, Giuseppe Giordano. Ma dai cancelli dello stabilimento di Melfi il leader della Fiom replica: «Mi auguro proprio che non sia solo una disponbilità di facciata. Abbiamo fatto una richiesta a tutte le rsu per la convocazione di un’assemblea in cui venga spiegato ai lavoratori quello che sta accadendo. Non ci ha risposto nessuno. Cisl e Uil, evidentemente, pensano di poter proporre un modello di unità che prescinde da quello che veramente accade nelle fabbriche, dove solo le rsu hanno il vero polso della situazione».
Anche il segretario della Uil Vaccaro invita e evitare ipocrisie e finte unità interne al sindacato. «Sarebbe assurdo ignorare – ha dichiarato – le profonde divergenze che esistono e sono consolidate da tempo tra la Fiom da una parte e Uilm e Fim dall’altra. Nè servirebbe a qualcosa far finta di niente concentrando l’iniziativa sindacale solo sui tre operai». Dopo l’appello lanciato a Ferragosto dal sindacalista a “nervi saldi”, Vaccaro ritorna a insistere sul gruppo dirigente della Cgil lucana, «a svolgere un’opera di persuasione della Fiom».

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