16 minuti per la lettura
di ANTONIO MUTASCI
MATERA – Il calcio a 5 in Basilicata, e soprattutto a Matera, si identifica con un nome. Quello di Nino Crapulli. Crapulli è un personaggio che ha fatto nascere il movimento del futsal nella città dei Sassi. E’ stato prima calciatore, poi allenatore, dopo dirigente e adesso è ai vertici del calcio a 5 nazionale facendo parte del Consiglio Direttivo della Divisione calcio a 5. Con lui vogliamo fare un viaggio nel pentacalcio, raccontando anche qualche retroscena e aneddoto curioso.
«Tutto ha inizio sul campo del Villaggio del Fanciullo, dove un gruppo di amici ha tramutato quella che era una semplice passione in qualcosa di più “serio”. Parliamo del 1984, quando si giocava quella che era denominata “Coppa Matera”. L’estate precedente ero stato a Roma, al Foro Italico, dove avevo assistito alla fase finale di un torneo capitolino, che mi ha affascinato così tanto da volerla riprodurla anche in casa nostra. Da qui è nata la passione per questo sport. E mentre noi organizzavamo il torneo al Villaggio del Fanciullo, contemporaneamente si organizzava, sempre a Matera un altro campionato sul campo di Incarbona, quello che è sito nelle vicinanze del ristorante Casino del Diavolo. Questi sono stati i primi passi. Poi l’anno successivo nasce il Team Matera, nel 1985. Il nostro gruppo era formato da me, Pino Rondinone, Franco D’Ercole, Saverio Clemente, Nino Amendolagine, Nicola Salerno, Vito Gaudiano, Eustachio Rondinone, Gianni Crapulli, Franco Perrucci e Fedele Braia. E partecipavamo al torneo “Coppa Matera”. Dopo alcuni anni fui contattato da Pino Greco che all’epoca era il delegato regionale per il calcio a 5, con l’allora presidente Centola, che mi offrì la possibilità di diventare il delegato provinciale per Matera per il calcio a 5. Lo feci per alcuni anni, ma ero coinvolto con la squadra e dopo alcuni anni sono stato costretto a lasciare questo incarico federale per dedicarmi al Team Matera. Team Matera che continua a partecipare a questo torneo materano che, di lì a poco, diventò il torneo provinciale di calcio a 5. All’epoca c’era un campionato nazionale unico a cui accedevano la prima e la seconda classificata di ogni regione, tipo tabellone di Coppa Italia, poi con il passaggio dal Fic (Federazione Italiana Calcetto) alla Figc, con la Lega Nazionale Dilettanti, ci fu una ristrutturazione dei campionati e fu istituita la serie A e la serie B, che dopo pochi anni si tramuto nell’assetto attuale di serie A, serie A2 e sei gironi di serie B. Fin da subito Tonelli voleva che io entrassi a far parte del Direttivo nazionale, ma io ho sempre rifiutato perché entrare nel Direttivo significare lasciare la panchina del Team Matera».
Questa è la genesi del Team Matera, che coincide anche con la nascita della disciplina del pentacalcio nella città dei Sassi. Ma nella carriera da allenatore quale è stata la vittoria più bella, o l’annata che ricordi in modo particolare.
«Ovviamente la prima volta non si scorda mai, come recita un vecchio adagio. Quindi la prima esperienza da allenatore è per me molto significativa. Nel 1990/91 abbiamo vinto sia il campionato regionale che la Coppa Italia di Basilicata. Però dal momento che non avevamo una struttura dove porte giocare la serie B, abbiamo dovuto rifiutare. In realtà dovevamo giocare alla tensostruttura di via dei Sanniti, ma quella struttura era dedicata esclusivamente all’hockey e alla Rotellistica. Tant’è che in quella che doveva essere la nostra prima partita su quel campo ci fu un’autentica invasione di campo da parte dei genitori dei ragazzi che giocavano ad hockey. Era la gara di Coppa Italia con il Potenza, ma non siamo riusciti a giocare e avemmo partita persa. E quindi rinunciammo alla Serie B. Invece nel 1992/93, vincemmo ancora una volta il campionato regionale e la Coppa di Basilicata e quella volta fummo davvero decisi a partecipare al campionato di serie B e nonostante ci fossero ancora dei malumori per la nostra presenta alla tensostruttura partecipammo a quello che è stato il nostro primo campionato nazionale, nel 1993/94, e da allora abbiamo sempre fatto campionati nazionali, tra A2 e serie B».
Poi si inserisce nella storia di Nino Crapulli e del suo Team Matera, un giocatore che è forse il simbolo di questa squadra, ovvero Osvaldo Stigliano.
«Era il 1995/96. Osvaldo lo avevo visto giocare a Policoro in un torneo estivo, anzi allora era giocato sul campo in mattonelle al centro di Scanzano. Lui era quello che più di tutti si metteva in luce. Il problema consisteva nel fatto che lui non aveva la patente e dovevo pregare il padre di accompagnarlo a Matera per fare allenamento. Il padre lavorava e quando veniva il pomeriggio, lui si riposava in macchina. Osvaldo si allenava e il padre dormiva, questo per far capire i sacrifici che anche la famiglia ha dovuto sopportare per permettergli di giocare a calcio a 5. Osvaldo è stato il giocatore che non ha mai lasciato la squadra. Ci sono giocatori come Franco Perrucci ed Eustachio Rondinone che mi sono sempre stati vicini, ma Osvaldo è stato sicuramente il più presente di tutti. Tanto da arrivare anche alla chiamata azzurra, in quello che è stato per noi il migliore anno. Nel 2000/2001 abbiamo vinto Coppa Italia di serie B (stabilendo anche il record di essere la prima squadra del Sud a vincere la Coppa), la Coppa Disciplina, il campionato di serie B, Stigliano è stato il capocannoniere del torneo e io – continua Crapulli – fui eletto miglior allenatore dell’anno. E conquistammo così la promozione in A2 in quello che è stato l’anno più prestigioso del Team Matera».
Un altro giocatore che, anche se in modo non continuo, ha segnato la storia del Team Matera è stato Cesare Rispoli.
«Cesare è stato l’uomo della svolta della nostra società. Ci siamo man mano resi conto che nei nostri ragazzi mancava un qualcosa a livello caratteriale, benché eravamo riusciti a conquistare la promozione in serie A2. Cesare era il tipo di giocatore che ci portava quel qualcosa in più, con esperienza maggiore e caratterialmente più “tosto”, con gli attributi. Con Cesare era nato un certo rapporto, lui giocava in serie A con lo Stabiamalfi, che gli faceva di che se avrebbe cambiato squadra gli sarebbe piaciuto venire a giocare a Matera. Quindi inizio la trattativa con la sua società, con Stefano Salviati. Lui, per dissuadermi, mi disse che era un giocatore difficile da gestire e che pensava sempre alle donne, ma che se riuscivo a convincerlo, non ci sarebbero stati problemi a cederlo. Io Cesare l’avevo già convinto: e quindi il passaggio era fatto. E quindi il dirigente si trovo “in mezzo”. A quel punto lo Stabiamalfi fece di tutto per non darmelo, ma alla fine Cesare Rispoli venne a giocare a Matera. E il suo arrivo fu molto determinate. Lui fu il simbolo di quella squadra. E adesso con Cesare c’è un legame che va oltre quello sportivo, posso dire che ci sentiamo quasi tutti i giorni. E sono molto contento che quest’anno ha scelto di giocare a Scanzano, e ha scelto questa destinazione anche per stare vicino a Matera».
Poi Crapulli lascia la panchina per mettersi dietro la scrivania e diventare dirigente del Team Matera.
«Beh, al momento posso vantare più di 400 presenze tra B e A2. La società crescendo aveva sempre più bisogno di una guida a livello societario. Poi con il passare del tempo e con l’aumentare degli impegni lavorativi e famigliari, si aveva sempre più meno tempo da dedicare all’aggiornamento come allenatore. Anche perché se si vuole fare il tecnico ad un certo livello bisogna aggiornarsi continuamente perché cambiano i regolamenti, cambiano le situazioni. Poi quindi ho dovuto scegliere, anche se a malincuore, di lasciare la panchina per dedicarmi ad essere dirigente del Team Matera. Vidi così questo tecnico che allenava l’under 21 del Martina Franca, Angelo Bommino, e lo portai a Matera come secondo perché non aveva ancora il patentino, poi nella stagione gli feci prendere prima il patentino di allenatore di base e poi fece il supercorso a Coverciano, e insieme con lui sia Franco Perrucci che Eustachio Rondinone presero il patentino di allenatore di base. Quindi con Bommino andammo avanti per alcuni anni: tecnicamente era molto bravo, ma il suo limite era di livello caratteriale e questo non si sposava con quella che era la nostra politica di puntare sui giovani locali. Poi c’è sta la possibilità di richiamarlo, ma nel frattempo non aveva cambiato il suo carattere».
Dopo la parentesi dirigenziale, arriva quella federale. Crapulli passa nelle alte sfere della Divisione calcio a 5 nazionale.
«Innanzitutto c’è da citare due persone: mio fratello Gianni e Bruno Gagliardi. Sin dall’inizio loro mi sono stati sempre vicino e mi hanno supportato in ogni momento. Quando si raggiungono dei risultati a livello sportivo vuol dire che dietro c’è sempre una squadra vincente. E se adesso sono nel Direttivo nazionale è anche “colpa loro”. Sono loro ad avermi spinto maggiormente. In altre occasioni mi sono tirato indietro, ma questa volta non potevo dire di “no”. Queste elezioni sono state davvero particolari. Se nelle scorse volte si presentava una sola candidatura, quella di Tonelli, questa volta ce n’erano tre. C’erano tre cordate: Tosoni, Tonelli e Ticri. E quindi non potevo sottrarmi, perché era voglia di cambiamento e i primi numeri ci davano perdenti. Rischiavamo che Tonelli non fosse rieletto, e non c’è lo potevamo permettere. E quindi ho accettato, anche con un po’ d’incoscienza. Al primo turno è andato fuori Tosoni e al ballottaggio a vincere è stato Tonelli, ma io mai avrei pensato che il mio nome poteva essere incluso in quelli che faceva parte del Direttivo. Sono stato il secondo degli eletti. E’ stata una soddisfazione personale enorme. E il mio primo pensiero è andato a mio fratello, a mia moglie, alla mia famiglia, a quelle persone (Bruno Gagliardi, Nello Contangelo, Franco Cirigliano e altri ancora) che mi hanno supportato e aiutato maggiormente».
Cosa è cambiato da Nino Crapulli dirigente del Team Matera a Nino Crapulli dirigente Federale?
«La cosa più strana è che ancora oggi non me ne rendo conto. Andare lì al Consiglio Direttivo, lavorare sulle leggi, organizzare i campionati, per me è come quando organizzavo “Coppa Matera”. Non è cambiato quasi nulla, perché la passione è immutata. Succede però che a volte mi fermo a riflettere, magari quando mi arrivano le telefonate dei dirigenti delle altre squadre, che mi fanno i complimenti o che mi criticano, ed è allora che mi rendo conto di essere al vertice, di gestire qualcosa di così grande. In questi momenti mi vengono in mente dei flash quando con Gianni (il fratello, ndr) organizzavamo “Coppa Matera”, che era un torneo che durava sette mesi l’anno ed era una cosa molto bella, guardavamo il televideo con queste squadre che giocavano in serie B e dicevamo “Chissà se noi arriveremo un giorno a giocare in queste categorie”. Adesso guardando quello che siamo riusciti a fare, e secondo me avremmo potuto fare anche qualcosa in più se non avessimo avuto il grosso problema della struttura, la soddisfazione è davvero enorme».
Quindi la mancanza di una struttura adeguata ha un po’ tarpato le ali alla disciplina?
«Quello della struttura è stato, ed è ancora, un handicap enorme per noi. Nonostante c’è stato un momento in cui avevamo due squadre nei campionati nazionali, noi in A2 e il Real in B, non si è fatto molto per la disciplina. Adesso speriamo nel progetto del Parco di Serra Rifusa, nel quale i fratelli Braia si stanno adoperando e stanno seguendo da vicino, con la speranza che si possa presto realizzare».
Quindi la serie A1 è un rimpianto che rimane a Nino Crapulli?
«No. Perché in realtà non avevamo la possibilità economica di fare un campionato del genere. Però la A2 è la giusta dimensione per la nostra società e per la nostra città. Per come eravamo organizzati e per la nostra esperienza la A2 era la categoria che avremmo meritato non solo per cinque anni, ma per sempre. Poi è normale che avendo una struttura adeguata, nella quale lavorare al meglio, anche come settore giovanile, è chiaro che si può programmare anche qualcosa di meglio, di più ambizioso. Ma allo stato attuale essere arrivati in A2 e averla fatta per cinque anni è davvero un risultato storico, al di là delle nostre reali possibilità. Ma tutto ciò è stato possibile soprattutto grazie al supporto dei nostri sponsor, su tutti, ovviamente, il Gruppo Iula, con Giacomo e la sua famiglia. Attualmente Nicola è coinvolto nel nuovo progetto, essendo presidente onorario della Frascella Bng. Ma non solo. Ci sono altre figure che si sono avvicendate al nostro fianco, anche se per un tempo minore. Ma la famiglia Iula ancora oggi è la nostra principale sostenitrice, e con Giacomo abbiamo vinto tutto quello che c’era da vincere».
Nino Crapulli non è solo Matera. Adesso con il suo ruolo deve guardare a più ampio raggio. Come vedi la Basilicata e il calcio a 5.
«Intanto il comitato regionale, nelle persone di Piero Rinaldi e Pino Palazzo, ha continuato il lavoro iniziato da Pino Greco e me portando grandi numeri e grandi risultati. Il corso di allenatori organizzato a Matera quest’anno e il quadrangolare internazionale under 21 di Policoro, sono segnali tangibili di quello che il lavoro svolto immediatamente, ma non è stato facile. Però i risultati ci hanno dato ragione visto il successo che il torneo di Policoro ha avuto, grazie soprattutto alla disponibilità da parte dell’amministrazione comunale, nelle persone di Lopatriello e Siepe, due persone che amano lo sport e sono competenti. Basta guardare le strutture che hanno a disposizione. Addirittura per il calcio a 5 ne hanno due, il PalaErcole e il PalaOlimpia, non avendo neppure una squadra in serie B, quando noi a Matera con squadre che fanno attività da più di 20 anni non abbiamo una struttura degna di questo nome. E quindi ho individuato questa zona dove portare una competizione di alto livello, perché ho trovato persone che hanno innanzitutto chiesto e poi si sono rivelate disponibili. Ovviamente mi farebbe non fermarmi qui. Magari riuscire a portare la Nazionale maggiore, oppure una manifestazione come la Final Eight di Coppa Italia. Però c’è bisogna che la politica si muova, non solo a livello locale ma anche regionale, a supporto di questi progetti, magari continuando con strumenti come la legge regionale di sostegno allo sport, che da qualche anno sta dando un grosso contributo a quelle società che partecipano ai campionati nazionali. Io auspico che la Regioni non si fermi qui, ma che continui. Anche le amministrazioni locali devono essere un po’ più sensibili verso certe discipline e verso certe società storiche che da anni portano in giro per l’Italia il nome della Basilicata. E anche a Matera esistono società come il basket, l’hockey e il calcio a 5 che portano il nome della città dei Sassi in giro per il Bel Paese.
Tornando a parlare del panorama del calcio a 5 in Basilicata, il mio augurio sarebbe quello di vedere nella stagione 2011/2012 quattro squadre ai nastri di partenza. Il che significherebbe che tutte si sono salvate in B e che dalla C1 ne arrivi una nuova. Potenza, con la Meco, è una società in crescita. Ha un club alle spalle che vede le cose in grande. Hanno in mente di costruirsi una struttura propria per il calcio a cinque e questo potrebbe aiutarla a diventare un punto di riferimento per la disciplina. Lo Scanzano di Nicola Todaro con gente come Cesare Rispoli e spero come Gustavo Coelho, potrà certamente fare bene in serie B, in modo da dare continuità di esperienza nella categoria».
Oggi a Matera c’è un nuovo panorama per il calcio a 5. Ci dovevamo essere due squadre di B, ed invece ce n’è una sola. Da dove nasce l’idea di questa fusione?
«L’idea di questa fusione parte da lontano. Ma le altre volte è saltata forse perché non è stata presa di petto da me. Cercavo i giusti interlocutori che in precedenza non ho trovato. Questa volta mi sono impegnato in prima persona anche perché non potevo continuare a gestire la società visti gli impegni federali. Quindi ho deciso che bisognava trovare una soluzione e quella migliore era la fusione. Senza far sparire una società, ma convogliando le forze su una che portasse avanti il progetto comune».
Qual è il prossimo obiettivo di Nino Crapulli?
«Sicuramente il mio prossimo obiettivo è quello di fare bene il mio lavoro. Ovviamente gli incarichi che ho come Consiglio Direttivo sono molto importanti e di grandi responsabilità che portano via tanto tempo. Il mio lavoro consiste nel raccogliere le idee, le impressioni e anche i malumori delle società, non solo quelle di serie A, ma anche quelle di serie B, in modo da creare nuove iniziative che migliorino il nostro mondo. E con le consulente che abbiamo costituito, abbiamo la possibilità di vedere da vicino quali sono le problematiche e discuterne con loro. E in questo aiuta anche la nostra presenza sui campi.
Poi all’interno del Direttivo ognuno di noi ha dei compiti specifici. E quello che mi fa piacere è che man mano sto ricevendo degli incarichi sempre di maggiore responsabilità, anche perché ovviamente il mio backround di giocatore, allenatore e dirigente fa si che meglio riesco a percepire quali sono le esigenze delle singole realtà. E poi io quando prendo un impegno lo porto fino in fondo nel migliore dei modi.
Adesso mi occupo anche delle Nazionali. E’ questo il mio ruolo. Se prima la mia squadra era il Team Matera, adesso le mie squadre sono le Nazionali. E questa per me è un’altra grossa soddisfazione, anche perché al di sopra delle Nazionali non c’è più niente. Anzi, c’è un aneddoto che mi piace ricordare. Quando siamo stati in Spagna, per il quadrangolare con Italia, Giappone, Romania e Spagna, il tecnico Roberto Menichelli mi chiedeva di osservare le altre sfide per poi fargli una relazione tecnica, oltre che andare in panchina assieme a lui come dirigente. Un giornalista che era a seguito della Nazionale, in un dopo-partita, mi avvicina per le consuete interviste di rito. Io mi aspettavo una domanda sul discorso organizzativo, invece a bruciapelo mi ha chiesto: “Cosa si prova a passare da una panchina di Serie B a quello della Nazionale?”. Li per li, non ho saputo rispondere perché mi ha spiazzato, mi aspettavo di tutto ma non quella domanda. Non sono riuscito a rispondere perché in realtà non mi ero reso conto che ero seduto sulla panchina della Nazionale. E in più mi ha fatto pensare a tutto quello che era stato fatto in passato, da me e dagli altri che mi hanno accompagnato in questo mio cammino».
Crapulli sulla panchina della Nazionale. Forse questo lascia un po’ di rimpianti per non aver continuato la strada da tecnico?
«No. Sicuramente no. Nessun rimpianto. Si tratta di scelte. Se si vuole fare l’allenatore bisogna continuare su quella strada, aggiornasi, studiare, seguire corsi. Io ritengo di non essere tecnicamente preparato per fare l’allenatore ad alti livelli. Io mi reputo un grande comunicatore e con queste caratteristiche sono riuscito a tenere e gestire i gruppi di giocatori più disparati e raccogliere anche tanti buoni risultati, anche sotto il profilo umano e psicologico. Ma ritengo di poter dare di più da dirigente che da tecnico. Ecco perché non ci sono rimpianti».
Un’ultima domanda. Ad un ragazzo che si avvicina al calcio a 5, Nino Crapulli cosa gli direbbe?
«Di non perdere neppure un allenamento, di non perdere neppure una trasferta, di non perdere nessuna partita la sua squadra disputa anche se non la gioca. Perché tutte queste esperienze, arriverà un momento che non le potrà più fare. E solo in quel momento ti accorgi di quello che hai perso. E dal momento in cui non potrai più fare tutto ciò, solo allora ti mancherà veramente quel vivere il gruppo, il vivere la squadra. Poi il consiglio che posso dare è quello di dare sempre il massimo. Un calciatore più anche non essere tecnicamente molto forte, ma con l’impegno e la determinazione si può sempre sopperire».
a.mutasci@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA