Saverio La Ruina in una scena di "Mario e Saleh" con Chadli Aloui
3 minuti per la letturaCOSENZA – E’ uno spettacolo necessario, “Mario e Saleh”, di Saverio La Ruina che lo ha scritto, diretto e lo interpreta insieme a Chadli Aloui, e che è stato in scena due giorni a Cosenza al teatro Morelli. Uno spettacolo necessario perché fa capire, costringe a mettersi dall’altra parte e che per una volta ti fa vedere il disagio di chi si sente ospite a vita in un paese, nonostante in quel paese sia cresciuto fin da piccolo.
VIDEO – SAVERIO LA RUINA E LO SPETTACOLO “MARIO E SALEH”
Mario e Saleh sono un cristiano e un musulmano che si trovano a condividere la stessa tenda dopo un terremoto che ha distrutto una città. Nella tendopoli allestita dalla Protezione civile capita allora che queste due persone siano costrette a una convivenza che, soprattutto all’inizio, è tutt’altro che piacevole e pacifica. E che si sintetizza in una parola sola: rispetto. Rispetto che non c’è, neppure quando viene sbandierato. Saleh prega, si vede che ci tiene, fa parte della sua cultura, della sua tradizione. Mario inconsapevolmente lo disturba in tutti i modi: con la radio alzata, parlandogli, passandogli davanti. Intolleranza? Macchè, basterebbe un po’ di educazione. E a una domanda semplice semplice che gli rivolge l’arabo (“Come preghi tu?”), Mario va in difficoltà, forse non ci ha mai fatto caso, forse non prega mai, forse, esattamente come tanti occidentali, non dà troppo peso alla “forma” della preghiera.
E come tanti occidentali parla per slogan, per frasi fatte, impastate di superficialità (“Siete tutti tristi, avete tutti la barba, vi prendete troppo sul serio, non vi si può dire nulla, siete permalosi”) fino a quando va a sbattere violentemente sul muro della realtà, quella realtà che ha preso un bivio in una data precisa: l’11 settembre del 2001. Ognuno si ricorda dov’era, ognuno si ricorda cosa faceva, racconta Salah, per sottolineare che da lì in poi è cambiato tutto, “ci siamo divisi tra noi e voi”, e la colpa di un attentato devastante è ricaduta di colpo su tutto il mondo islamico, anche su un ragazzino di nove anni – ricorda ancora il personaggio – che da lì in poi ha iniziato a chiedersi perché tutto il mondo che gli stava intorno avesse iniziato a guardarlo con occhi diversi.
Chadli Aloui si rende protagonista di una prova convincente e che cresce replica dopo replica e che sembra aver superato i problemi di immedesimazione nel personaggio sofferti dal debutto. Per una volta, attore e personaggio non sono due entità diverse, ma si sovrappongono. Lui non interpreta Saleh, lui è Saleh. Lo è quando prega, quando reagisce alle provocazioni di Mario, lo è quando gli balena nello sguardo quella commozione figlia di un’infanzia difficile e vissuta tra tanti pregiudizi che evidentemente resistono anche da adulto. Ha una fisicità importante, che dà bellezza e plasticità al suo personaggio e che sovrasta La Ruina, autore, a sua volta, di un’altra bella prova di attore e di drammaturgo. La scelta di Aloui è sua ed è una scelta indovinata. E che ci fa capire che se imparassimo ad accettarci, tutti, con le nostre paure, le nostre esigenze, le nostre fragilità, tutte quelle che ci accomunano in quanto esseri umani, allora probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore, nel quale riconoscere l’altro semplicemente guardandoci allo specchio.
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