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Per le difese è una vittoria, la seconda dopo che il collegio del Tribunale aveva dichiarato nulli gli atti introduttivi del processo per la calciopoli lucana.
Dopo tre settimane di camera di consiglio il Riesame ha respinto l’appello della Direzione distrettuale antimafia per l’annullamento dell’ordinanza di misure cautelari del gip Rocco Pavese che aveva escluso l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso nei confronti del boss Antonio Cossidente, il patron del Potenza sport club Giuseppe Postiglione, il suo fidato collaboratore Pasquale Giuzio, il ragionier Aldo Fanizzi, Michele e Alessandro Scavone, e Donato Lapolla, più il concorso esterno del consigliere regionale Luigi Scaglione.
Nel dispositivo si legge che l’appello del pm Francesco Basentini sarebbe stato considerato inammissibile, ma resiste il riserbo sulle motivazioni, che verrà sciolto soltanto nei prossimi giorni, dopo di che spetterà di nuovo al magistrato valutare se andare fino in fondo e proporre un ricorso anche in Cassazione.
Nel corso dell’udienza che si è protratta per più di cinque mesi i legali avevano sollevato tre distinti profili di inammissibilità dell’atto contenente l’appello del pm, nondimeno il collegio potrebbe aver deciso rilevando anche un quarto profilo insuperabile in totale autonomia, per cui l’analisi nel merito degli indizi raccolti dagli agenti del nucleo investigativo provinciale dei carabinieri non sarebbe neppure iniziata.
In primis le difese, e in particolare gli avvocati Gaetano Basile e Donatello Cimadomo, rispettivamente per Pasquale Giuzio e Giuseppe Postiglione, hanno sollevato il tema della carenza d’interesse dell’accusa verso l’annullamento dell’ordinanza, dal momento che ad ogni modo il gip aveva disposto la custodia cautelare in carcere per sei sui otto degli indagati peraltro già scaduta dopo sei mesi, che la durata massima consentita dalla legge per le imputazioni rimaste in piedi, escluso il solo Donato Lapolla, e il “concorrente esterno” Luigi Scaglione.
In secondo luogo l’avvocato Pasquale Bartolo per conto di Alessandro Scavone, assieme ad altri avevano contestato la genericità delle motivazioni addotte dal pm, e il rispetto dei termini per il deposito del ricorso.
In sostanza sull’atto a firma del pm Francesco Basentini è riportata la data del 30 novembre del 2009, meno di una settimana dopo gli arresti, e l’orario delle 16.55, mentre il termine sarebbe scaduto alle 13 in punto.
Una quisquilia in confronto ai tempi medi della giustizia, tant’è che per decidere della questione sarebbero occorse non meno di tre settimane.

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