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NIENTE regali, fossero anche simbolici: il nuovo vescovo di Locri Francesco Oliva si presenta ai suoi fedeli e alle autorità chiedendo che «se qualcuno, comunità o singoli, vuole esprimere un segno concreto della sua gioia ed accoglienza» lo può destinare «alle necessità dei poveri tramite la Caritas Diocesana». Lo stile della semplicità che è emerso già ieri, nella cattedrale di Cassano, subito dopo l’annuncio della sua nomina episcopale (LEGGI), trova un seguito nella lettera indirizzata alla Locride: «Fratelli e sorelle – scrive il neo vescovo – vengo dall’altra parte della Calabria in questo bel lembo della nostra Regione con tanta voglia di continuare a servire il Signore. E se sono ancora sorpreso e confuso per quanto sta accadendo nella mia vita, sono certo che lui che è fedele al suo amore non mi abbandonerà. Egli si serve di strumenti deboli, per realizzare i suoi progetti e alla pochezza della mia umanità supplisca la ricchezza del suo amore».
Monsignor Oliva è stato scelto da papa Francesco dopo che la sede di Locri è rimasta vacante per otto mesi: a settembre l’arcivescovo Morosini aveva lasciato la curia per trasferirsi a Reggio Calabria. E proprio al predecessore Oliva rivolge un pensiero grato: «So che mi consegna una diocesi viva, capace di accogliere e far germogliare quei semi di speranza che il Signore non manca di dispensarle».
Il vescovo eletto, che ha scelto di essere consacrato proprio nella nuova diocesi, con una cerimonia che avverrà nel mese di luglio, si scusa con i nuovi fedeli: «Mi perdonerete se non ho una conoscenza adeguata della vostra-nostra Chiesa particolare. So bene che non si può avere una conoscenza vera di un territorio, e tantomeno di una comunità di fede, solo per sentito dire». Chiede «il contatto umano, le relazioni sincere e la stima reciproca. Mi affido – aggiunge – alla vostra cordialità».
Da parte sua, assicura poi di portare «l’esperienza di un cammino di fede, che ho avuto modo di vivere in tanti anni del mio sacerdozio nelle diverse comunità parrocchiali che mi sono state affidate, soprattutto in quella di San Girolamo in Castrovillari, ove ho trascorso gli anni più intensi della mia vita sacerdotale» e insieme ad essa «la ricchezza, l’entusiasmo e la gioia di tante esperienze pastorali».
I suoi primi pensieri sono per coloro che «a causa della malattia, della vecchiaia o della povertà tendono la mano, come anche di coloro che hanno perso il lavoro o un lavoro non l’hanno mai avuto, di quanti soffrono a causa della violenza e dell’ingiusta prevaricazione subite da chi ha scelto la via della disonestà, dello sfruttamento e dell’odio». E poi cita gli immigrati, «uomini e donne, che, mossi dal desiderio di un futuro migliore, salpano sulle nostre coste, con la speranza di trovare accoglienza ed ospitalità, ma anche ai tanti emigrati della Locride che la ricerca di condizioni migliori di lavoro ha costretto ad andare altrove». A tutti, Oliva si presenta con l’umiltà del pastore che vuole essere chiamato per nome: don Francesco, proprio come la firma che ha posto in calce alla lettera.
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