5 minuti per la lettura
Il consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar: gli espropri dei terreni di alcuni privati su cui è stato avviato il processo di allungamento della pista Mattei di Pisticci sono stati eseguiti in modo illegittimo. Ai privati (tutelati in primo grado dagli avvocati Luca Di Mase e Raffaele De Bonis che li hanno seguiti fino alla fine del giudizio) adesso spetta il risarcimento e all’amministrazione pubblica, che si terrà i terreni, la liquidazione del danno. Per le motivazioni, per capire entro quali limiti il Consiglio di Stato conferma le decisioni del Tribunale amministrativo (contro cui il Consorzio industriale di Matera, ente che ha in carico i lavori, aveva fatto ricorso) bisognerà aspettare un po’. Per adesso, emesso il dispositivo, sulla vicenda del lungo contenzioso si mette almeno un punto. Questo a poche settimane dalla notizia di un sequestro operato dai carabinieri del Noe in un’altra zona dell’aviosuperficie (sequestro che ha di fatto, nel frattempo, fermato i lavori).
I primi espropri
E’ l’ottobre del 2009 quando il Tar accoglie il ricorso di alcuni cittadini della Collina materana a cui erano stati espropriati i suoli per il potenziamento dell’aviosuperficie Mattei. Eppure quell’opera, aveva detto il Consorzio di Matera, «è fondamentale per la Regione», tanto che a viale Verrastro, tempo addietro erano stati stanziati 8 milioni di euro. Il Tar lucano, però, annulla la delibera del consiglio di amministrazione dell’Asi di Matera numero 72 del 18 dicembre 2007, con cui si approvava il progetto definitivo dei lavori, e «tutti gli atti successivi della procedura, compreso il decreto di esproprio». I proprietari avevano denunciato scarsa accessibilità agli atti, tesi sempre rigettata dall’Asi. La contesa va avanti.
Autorizzazioni e studi
Da un lato i privati che, per dimostrare l’irregolarità dell’intera procedura, ricordano al Tar come non risulti «che il Consorzio abbia chiesto all’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile, ndr) il rilascio del certificato di aeroporto» a dispetto della normativa. Senza contare – contestano – l’assenza delle relazioni «geologica, geotecnica, ideogeologica, idraulica e sismica». A questo aggiungono che «l’area industriale della Val Basento è stata dichiarata zona di interesse nazionale ai fini della bonifica». Serve, dicono, la procedura di Valutazione di impatto ambientale. Dall’altra parte l’Asi che replica come la trasformazione della pista dell’aviosuperficie sia stata autorizzata dall’Enac e sui parametri di sicurezza dei suoli siano state fatte indagini approfondite; la Via, invece,non sembra necessaria.
Effetti collaterali
Nel frattempo proprio l’allungamento della pista crea alcuni disagi alle popolazioni limitrofe. A Pomarico in diverse occasioni i cittadini organizzano sitin di protesta denunciando il rischio isolamento sulla strada provinciale. La comunità chiede alla Provincia una soluzione alternativa (eventualità richiamata anche nella convenzione per il finanziamento sulla pista stipulata tra la Regione e l’Asi). Ma il possibile tragitto alternativo – avevano ipotizzato i ricorrenti – potrebbe tornare a passere sui loro suoli.
Via e ambiente
Quando le motivazioni vengono depositate dal Tar è il gennaio scorso. Nel frattempo, però, il Consiglio di stato, alcune settimane prima, aveva concesso al Consorzio industriale di Matera una sospensiva: in una fase cautelare, sembrava superiore l’interesse pubblico che l’opera riveste. Almeno fino al deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado. A quel punto emergono i “nodi” su cui si è pronunciato il Tar: valutazione di impatto ambientale e studi sul rischio idrogeologico. Del resto proprio la convenzione sottoscritta tra Asi e Regione richiamava la posizione particolare della superficie, «nella perimetrazione delle aree inondabili del fiume Basento». Per questo la convenzione richiedeva (tra le clausole di efficacia) le autorizzazioni e la verifica sulla “compatibilità idraulica”. E nonostante il Consorzio avesse spiegato di aver portato a termine studi scrupolosi, il Tar dice che in sede di giudizio non sono stati prodotti.
Necessità e opportunità
Quanto alla Via, il Tar dice che secondo la normativa richiamata, il progetto definitivo avrebbe dovuto essere sottoposto, completato da uno studio di impatto ambientale, all’autorità competente (regionale o statale). Solo questa, poi, avrebbe potuto stabilire la necessità o meno della valutazione di impatto ambientale: «la delibera di approvazione del progetto, in quanto carente di un vero e proprio studio di impatto ambientale da sottoporre al previo giudizio dell’autorità» per stabilire la necessità della Via, «è illegittima» e pertanto va annullata.
Il Consiglio di Stato
Nel frattempo il giudizio va avanti. Asi e Regione spiegano più volte che per le autorizzazioni e le prescrizioni necessarie per il posizionamento dei suoli nel perimetro a rischio di esondazione del Basento (secondo l’Autorità di Bacino), sono stati fatti studi e valutazioni adeguati. Tanto che – era stato spiegato a gennaio – erano stati stanziati ulteriori 240 mila euro da parte della Regione proprio per realizzare delle gabbionate a presidio della pista, lungo gli argini del fiume. Il Consorzio produce nuova documentazione sugli studi idrogeologici e ribadisce il motivo per cui la Via non sarebbe necessaria (si tratta di aviosuperficie, non di aeroporto). I privati avevano replicato che, vista l’area di interesse nazionale su cui sorge la pista, la procedura di Via sarebbe stata doverosa.
Opera necessaria
Lo scorso 30 marzo il Consiglio di Stato si pronuncia con un’ordinanza che rigetta la richiesta di sospensiva avanzata dall’Asi nei confronti della sentenza del Tar (dopo il deposito delle motivazioni): in una fase cautelare, «il danno con riferimento alla dichiarata esigenza pubblica di dotare l’area geografica della Regione Basilicata di un’opera che valga ad integrare la scarsità delle infrastrutture per la mobilità appare insussistente alla luce delle dichiarazioni degli stessi appellanti – spiega l’organismo amministrativo romano – secondo cui si tratterebbe di una semplice aviosuperficie e non di aeroporto, la quale consente l’atterraggio soltanto di veivoli di limitata capacità». All’udienza di merito del 5 giugno, infine, il dispositivo definitivo (in attesa delle motivazioni): confermata la sentenza del Tar e condanna dell’Asi a risarcire il danno al privato.
Sara Lorusso
s.lorusso@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA