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Il Fondo sviluppo e coesione (Fsc), uno dei canali di finanziamento delle politiche di coesione con i fondi strutturali europei, vanta cifre elevate per importanti obiettivi di sviluppo. Ma andando al dunque, alla reale disponibilità di cassa, le cifre sono molto ridimensionate per esigenze di finanza pubblica e rispetto dei target di deficit.
Eppure il Fondo attua l’obiettivo costituzionale di «rimuovere gli squilibri economici e sociali per favorire l’esercizio effettivo della persona». Una priorità assoluta per un adeguato sviluppo del Paese, da Nord a Sud, risorse destinate al riequilibrio economico e sociale, a incentivi e investimenti pubblici, senza cui è inimmaginabile recuperare il gap infrastrutturale che divide in due il Paese, ma che si riscontra anche nelle Regioni ricche.
I campi d’investimento stabiliti dalla delibera del Cipe riguardano infrastrutture, ambiente, sviluppo economico e produttivo, agricoltura, turismo e cultura, occupazione-inclusione sociale – formazione – istruzione, rafforzamento della pubblica amministrazione.
L’ABITUDINE DEI TAGLI
Eppure, quando si tratta di risparmiare, si va ad attingere, come dimostrano le decisioni dei governi sulla programmazione del Fondo relativa al periodo 2007-2013 e su quella successiva 2014-2020.
Un taglio netto di 22,3 miliardi fu effettuato sui 63,273 miliardi del Fondo per il 2007-2013. Per la programmazione successiva, ancora in corso, su complessivi 68,8 miliardi stanziati con la legge di bilancio per il 2014 e con interventi successivi (comprendendo anche gli stanziamenti previsti nel ddl di bilancio per il 2020 all’esame del Parlamento), la decurtazione del Fondo a oggi è arrivata a 9,5 miliardi.
A dettar legge sono le solite esigenze di finanza pubblica e la necessità di utilizzare quelle risorse a copertura di altre misure, come gli ammortizzatori sociali che andrebbero finanziati magari con tagli alla spesa corrente. Ma assottigliare le dotazioni per gli investimenti significa condannare il Paese alla decrescita, o a una crescita limitata ai decimali. E, soprattutto, non dare chance alcuna di riscatto al Sud.
LE CIFRE ATTUALI
Ma torniamo alle cifre. Per l’anno in corso, a oggi, dal Fondo Sviluppo e Coesione sono state fatte erogazioni per pagamenti per 1,7 miliardi, a fine anno potrebbero arrivare a 1,9.
Il ddl di bilancio all’esame del Parlamento prevede per il 2020 uno stanziamento di competenza di 6,9 miliardi, ma a livello di cassa la disponibilità si ferma a 1,7 miliardi, per il 2021 sono previsti 7,3 miliardi di competenza e 3,4 come cassa. Per il 2022 lo stanziamento previsto è di 7,9 miliardi, ma la disponibilità di cassa è di 3,9 miliardi.
Con l’auspicio che nel frattempo queste risorse non vengano tagliate o dirottate su altri fronti, con l’accordo delle Regioni, che non mostrano grande capacità di spesa. E questo è l’altro nodo da affrontare. Sia a livello centrale (ministeri, università, Anas, Ferrovie) che di Regioni ed enti locali, la capacità di spesa è ridotta e quei limitati stanziamenti di cassa alla fine risultano sufficienti per i pagamenti. Anche questo problema dovrebbe essere affrontato da governo e parlamento, non certo tagliando le risorse per lo sviluppo delle aree deboli, ma prevedendo meccanismi amministrativi e adeguamenti di personale e professionalità capaci di affrontare la sfida.
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