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di PARIDE LEPORACE
A 17 anni dalla scomparsa di Elisa Claps e a 70 giorni del ritrovamento del suo cadavere un alto magistrato ci dice che Danilo Restivo uccise la ragazza il giorno della sua scomparsa nel luogo dove è stata rinvenuta. Un approccio sessuale e iracondo ha fatto alzare la mano assassina con tredici colpi di arma da taglio e punta (una forbice?). La sventurata fu trascinata in un angolo del sottotetto e seppellita alla meno peggio. Questa è la prova logica che con la scoperta del cadavere induce gli inquirenti a poter incriminare Danilo Restivo per omicidio. Al momento non abbiamo prove regine. Siamo in presenza di forti e rilevanti indizi che s’incrociano con un altro delitto irrisolto per il quale la stessa persona è ristretta in una cella inglese nell’ambito di indagini riaperte a causa del ritrovamento del cadavere di Elisa a centinaia di chilometri di distanza. Senza quella scoperta si brancolerebbe ancora nel buio. L’omicidio Claps ha ingredienti significativi e rilevanti da farne un fatto incredibile. Non è un caso che il sindaco di Potenza ha annunciato di volersi costituire parte civile. Scelta simbolica perché l’omicidio ha stravolto la vita sociale di un’intera comunità. Per illustrare la vicenda oggi la nostra prima pagina echeggia lo sceneggiato cult “I segreti di Twin Peaks”. Il delitto Claps con i suoi risvolti è infatti un viaggio tra i segreti del male esattamente come nella finzione una giovane, Laura Palmer, reginetta della scuola e ragazza esemplare, viene trovata morta in circostanze sospette nella piccola cittadina di Twin Peaks. La foto di Elisa Claps in questi anni per Potenza al pari di quella di Laura Palmer ci ha rivelato che la verità spesso si cela sotto un manto di apparenze e che ognuna porta con sé delle inquietudini difficili a volte da accettare. Elisa Claps ha pagato duramente l’ingenuità di andare nei locali della Chiesa dove ha trovato la morte. Gli indizi, oggi, hanno la ragionevolezza di dirci che probabilmente (anche per l’accusato pur con quello che è accaduto vale la presunzione d’innocenza) Danilo Restivo ha ucciso la ragazza. I magistrati di Salerno, quelli che fino al ritrovamento del cadavere non riuscivano a ricavare gli elementi che abbiamo oggi, come quelli inglesi che fino alla stessa data non riuscivano ad avere un quadro chiaro per l’omicidio di Heather Barnett, devono oggi lavorare su chi ha aiutato ad occultare il cadavere di Elisa e nel corso degli anni a far sfuggire Restivo alle sue responsabilità provocando addirittura almeno un altro delitto. Il procuratore generale di Salerno ad una domanda su questo delicato aspetto ha risposto: “Non ho elementi”. E’ la risposta giudiziosa di un serio inquirente. Noi tutti sappiamo che questa è la ferita aperta della famiglia Claps, e dell’intera comunità che ha bisogno di capire cosa è accaduto. Noi abbiamo qualche elemento di riflessione da condividere con chi ci legge. La famiglia di Restivo sembra scomparsa nel nulla da molti anni. I giornalisti, noi compresi, hanno cercato inutilmente contatti con questi genitori che non vogliono parlare con nessuno. La grande cronaca nera di questi anni ha vissuto delle battaglie di famiglie che nei processi e sui media hanno difeso l’innocenza degli accusati. Cogne, Garlasco, Perugia ci hanno reso familiari persone che credendo nell’innocenza dei congiunti ci hanno messo la faccia. Qui abbiamo una moglie che sembra una badante a pagamento che per anni ha protetto dai media in Inghilterra un personaggio inquietante. Sono elementi che fanno riflettere sul ruolo di un padre colto e rispettato che ci offre il fondato sospetto che sia stato un presunto complice di un efferato delitto. Il luogo dove è avvenuto l’omicidio e il ritrovamento quanto meno anomalo del cadavere hanno gettato sinistre ombre sulla Chiesa locale. Pesano 17 anni di occultamento e la poca chiarezza di chi ha scoperto il segreto custodito in un remoto anfratto della Trinità. Si continua a stare in silenzio. Un silenzio assordante e che mina anche la fede del popolo di Dio. Oggi, ma solo oggi, sappiamo che delle persone con l’omicida lavarono il sangue di Elisa, ne occultarono il cadavere e conservarono un segreto. Hanno avuto a disposizione circa tre ore per il loro sporco lavoro e poi uscirono dal sacro luogo. Quando Gildo entra nella chiesa a poche ore di quello che è accaduto non ha la possibilità di rilevare nulla di anomalo per una porta chiusa e perché non immagina che il cadavere è sulla sua testa. Per molti anni le perquisizioni disposte da diversi inquirenti, anche inglesi, non hanno l’intuito di andare nel posto giusto. E’ questo un punto chiave. Romolo Panico, questore di Potenza, ieri ha ritenuto doveroso correggere una sua precedente e clamorosa dichiarazione quando si era espresso su “innocenti depistaggi”. Un ossimoro contradditorio. Oggi Panico parla di “depistaggi non dolosi, non volontari”. Con un poliziotto intellettuale come Panico ci permettiamo d’interloquire ritenendo che la constatazione verbale a nostro modesto parere continua ad essere contraddittoria. Caro questore parlare di “depistaggi” evoca scenari da agenti segreti che cancellano tracce. E’ linguaggio giornalistico da signor Franco, dell’agenda sparita di Borsellino, del muro di gomma, dei file scomparsi dell’agenda elettronica di Falcone, del faldone rubato nell’inchiesta sulle navi dei veleni. A Potenza si sono verificati, per usare la sua definizione, “errori non volontari”. Perché questa non è la fiction di Twin Peaks dove arriva l’agente speciale dell Fbi, Dale Cooper, a risovere il caso. La scomparsa di Elisa Claps avviene nel 1993 a Potenza, città che non ha una squadra omicidi, distratta dalla visita di un presidente della Repubblica, dove una ragazzina che si allontana viene considerata dalla routine di un piantone e di un magistrato di turno un fatto come un altro. In questo modo si consumano le 48 ore necessarie a risolvere un omicidio. Continuare a parlare di depistaggio è il puntello dei professionisti della dietrologie, carburante per i cartesiani della gogna, materia per gli intrattenitori della cronaca del dolore che si accompagna sempre alla regia occulta che tutto determina e orienta. E’ difficile orientarsi tra chi ha mezzi e strumenti per accreditare tesi utili ai propri narcisismi e interessi di parte strumentalizzando il dolore della famiglia Claps. Abbiamo buona conoscenza del fatto per aver registrato troppe verità su questo tema che si sono dimostrate delle clamorose balle. E si persevera. Come sul caso dei sequestri dei vestiti dove illustri Soloni ignorano quello che dice l’articolo 354 del codice in merito agli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone alla voce sequestro. C’è anche chi queste tesi le sostiene in buona fede. Ne trovo riscontro da altra vicenda che tratteggio brevemente. Ricorrono i trent’anni della morte di Walter Tobagi giornalista del Corriere della sera ucciso da terroristi poi pentiti. Per anni i socialisti hanno polemizzato in merito ad un’informativa di un carabiniere che grazie a un confidente aveva ricevuto l’imbeccata giusta cinque mesi prima del delitto. Si è sostenuto per anni che qualcuno non volle salvare il povero Tobagi. Si è puntato il dito contro un magistrato mastino come Armando Spataro, contro i carabinieri dell’antiterrorismo di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Giornalisti hanno indagato e hanno ritrovato il carabiniere che scrisse il rapporto e che vive in un’isola del Pacifico. Nell’informativa non c’erano nomi, ma c’era il pericolo illustrato. Un ufficiale lo ripose in un cassetto. Non era un depistaggio. Ma una sottovalutazione da chi in questo caso mandava avanti un lavoro enorme di prevenzione e intelligence. La verità spesso si cela sotto un manto di apparenze. Spesso più banali di quello che s’immagina. Forse è ancora presto per poter eleborare un lutto profondo come quello di Elisa Claps.

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