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L’ultima tempesta perfetta è quella dell’acciaio, tra guerra dei dazi, gelate del mercato, tutele penali andata e ritorno, questione ambientale e questione giudiziaria. Fateci caso, ogni volta che c’è una tempesta perfetta industriale, finanziaria, monetaria, sociale, politico-istituzionale, a prendere in faccia secchioni di acqua ghiacciata che portano sfiducia, povertà, arretramento economico e lacerazioni sociali, ci siamo sempre noi o i greci. Se gli altri vanno bene noi andiamo meno bene, se gli altri vanno male noi andiamo peggio. Così è stato e così continua a essere negli anni delle due Grandi Crisi finanziaria e sovrana. Non analizzeremo qui le cause interne e esterne della crisi greca, ma su quella italiana vogliamo porci a voce alta un paio di domande: perché sempre noi Italia abbiamo questo specialissimo appuntamento con la tempesta perfetta? Perché ogni volta che arriva cominciamo a prendercela con gli altri e mai con noi?

La mia risposta è che non solo negli ultimi venti anni abbiamo commesso un errore capitale, ma siamo così divorati dall’egoismo da non volerlo neppure riconoscere. Oggi scopriamo che la produzione industriale italiana batte in testa e facciamo finta di stupirci che addirittura Brescia si è fermata. Questo giornale dal suo primo giorno di uscita ha denunciato che negli ultimi venti anni per logiche di potere e, negli ultimi dieci addirittura per logiche di potere diventate legge con il grimaldello automatico della spesa storica, la parte ricca del Paese ha estratto decine e decine di miliardi dal bilancio pubblico e se ne è appropriata sottraendole alla spesa di sviluppo dovuta alla parte più debole. Questo assegno assistenziale ha narcotizzato gli spiriti vitali del Nord che si è nutrito di sostegno al reddito, ha perso la sua grande impresa perché il vizio indebolisce la virtù, e ha favoleggiato sugli effetti di lunga vita dell’interdipendenza tra Nord Italia e Nord Europa (soprattutto Germania) con la nostra manifattura di media taglia subfornitrice della manifattura tedesca.

La scelta politica nordista (sbagliata) ha avuto un costo: l’azzeramento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno italiano. Si è prodotto il capolavoro finale di portare il reddito pro capite dei cittadini meridionali al 50% di quello dei cittadini settentrionali e di privare l’industria privata del Nord del suo principale mercato di consumi interno con la Germania ferma. Se l’Italia non ritorna a fare l’Italia, investendo in infrastrutture e industria al Sud come negli anni d’oro, può solo prepararsi alla nuova tempesta perfetta. Qualcuno lo dica una volta per tutte ai vari Fontana e Zaia che quello che loro chiedono non è l’autonomia ma altri poteri e soldi da Regioni speciali con i quattrini della collettività nazionale. Nessuno darà loro né i poteri né i soldi richiesti. Farebbe il male dei lombardi e dei veneti e metterebbe fuori gioco il Paese per sempre.


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