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La deputata del Pdl e componente della commissione parlamentare antimafia, Angela Napoli, ha rivolto una interrogazione al Ministro dell’Interno ed a quello della Giustizia per chiedere un «adeguato monitoraggio sulle candidature e sullo svolgimento delle elezioni regionali in Calabria».
L’interrogazione è stata fatta dopo le notizie diffuse nei giorni scorsi circa la vicenda relativa al consigliere regionale Nino De Gaetano che avrebbe usufruito dei voti di famiglie della ‘ndrangheta.
La parlamentare ha chiesto anche di accertare se «sono in atto adeguate indagini sulle elezioni regionali svoltesi in Calabria nell’ultima tornata, da parte della Ddda». «Lo svolgimento delle elezioni regionali in Calabria – afferma Angela Napoli – è stato preceduto da costanti richiami alla necessità sia di far rispettare a tutti i candidati il codice etico, approvato all’unanimità dalla Commissione Parlamentare Antimafia, sia di non avvalersi dei voti della ‘ndrangheta, sempre pronta a dirigere il proprio consenso per ottenere poi favori in cambio.
Nei giorni scorsi la stampa regionale calabrese ha riferito dei suffragi elettorali che la nota famiglia Tegano della ‘ndrangheta reggina avrebbe riservato sul candidato della lista Federazione di Sinistra nella circoscrizione di Reggio Calabria e provincia, Nino De Gaetano, consigliere regionale uscente e rieletto con 8.765 preferenze, delle quali ben 4.820 voti ottenuti nella sola Città di Reggio, quadruplicando addirittura le preferenze rispetto alla precedente tornata elettorale».
«A fare campagna elettorale per De Gaetano – prosegue – sarebbero stati in prima persona Bruno Tegano e la di lui moglie, donna che alcune settimane fa, davanti alla Questura, all’arresto del boss Giovanni Tegano (latitante da 17 anni e cognato della donna), ha urlato, vedendo uscire il boss in manette: ‘è un uomo di pace’». La notizia dei voti mafiosi elargiti al consigliere regionale sembra sia nata dalla divulgazione di una lettera anonima che era stata sottovalutata dall’interrogante, ritenendo che il suo contenuto potesse rappresentare solo la volontà di offuscare l’immagine di un consigliere rieletto. L’allarme e la preoccupazione che, però, sulla notizia ha pervaso Rifondazione Comunista calabrese e lo stesso segretario nazionale, Paolo Ferraro, il quale si è affrettato a recarsi presso il Procuratore della Dda di Reggio Calabria».
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