CERISANO – Certamente Lorenzo non poteva immaginare che dopo quel tragico incidente, ben diciotto anni fa, la tecnologia moderna sarebbe accorsa in suo aiuto per recuperare quel che la natura ( ed i medici, purtroppo) ha tolto. Lorenzo perse la mano ed una parte del braccio sinistro in quel maledetto giorno d’inverno. Era il 16 dicembre del 1996. In un attimo, senza accorgersene quasi. Intento a svolgere un piccolo lavoro di falegnameria, la sua vita fu stravolta. Così come quella delle persone accanto. E tutto un paese, il suo paese, Cerisano, pianse con lui e pregò per lui.
Negli anni successivi prima le operazioni chirurgiche poi le prime protesi in silicone aiutarono Lorenzo nelle mansioni quotidiane. Tra mille difficoltà e tantissimi viaggi a Bologna, in un centro protesi pubblico, dell’Inail, all’avanguardia per queste problematiche.
Fino ad oggi. A qualche giorno fa, per essere precisi, tra la novità e la rivoluzione medico-ingegneristica che potrebbe rivoltare in positivo la sua vita. «Trovandomi di nuovo al centro protesi Vigorso di Budrio, a Bologna, per sostituire ancora una volta una delle tante protesi consumate dal tempo, ho notato i medici e lo staff della struttura alle prese con un nuovissimo modello di protesi della mano. Innovativa e rivoluzionaria. Non ho perso tempo e mi sono proposto per provarla, testarla letteralmente su di me», racconta al Quotidiano oggi Lorenzo, papà di due bellissime bambine, Greta e Giorgia, ed una compagna instancabile al suo fianco, Raffaella.
Lorenzo è tenace. Chi lo conosce bene, sa che non si è mai dato per vinto anche senza una mano. Tanto da lavorare, con dignità e sacrifici, per una cooperativa in città, che oggi non ha più contratto né appalti col comune di Cosenza. «Rispetto a tutte le protesi avute nel tempo – continua il suo racconto – quella davanti ai miei occhi era qualcosa di incredibile. Non più fissa e immobile. Bensì mioelettrica, digitale, capace con gli impulsi del cervello di potersi muovere, stringere le dita, chiudere la mano stessa. Impugnare una bottiglia, spostarla». Lorenzo racconta gesti che sono nella normalità di ognuno di noi. Ma che per lui o per chi è senza un arto rientrano nella sfera della straordinarietà. «Ho inoltrato subito la richiesta alla sede Inail di Cosenza, tra l’altro gentilissimi e che ringrazio con affetto, dai medici all’assistente sociale la dottoressa Chimenti, e ho effettuato le prime prove a Bologna. Due microchip a mò di ventosa sul braccio in modo da far carpire al cervello i punti di maggior forza e con piccoli, piccolissimi passaggi i primi “spostamenti” della mano», aggiunge Lorenzo.
Sembra quasi incredulo, quando lo incontriamo. Euforico a dirla tutta. Ha la sua nuova protesi, dopo quelle prove. Tra i primi, se non proprio il primo e finora unico, in tutta Italia, a provarla e sperimentarla sul suo corpo. La nuova protesi è denominata “Be bionic V.3”, una evoluzione dopo due tentativi non perfezionati. Lorenzo ci mostra tutto ciò che può fare. Otto “mosse” memorizzate, quattro programmi installati ed una mano che fa davvero quel che il cervello gli trasmette. È nera, bionica. C’è la fase relax, dove indice e medio si “toccano”, la mano si chiude e si apre ; la fase “di forza” dove prende appunto una bottiglia e la sposta da una parte all’altra del tavolo e poi altre piccole dimostrazioni di come la tecnologia può essere arrivata oggigiorno. Pesa tre chili e mezzo ed è in titanio. «Finalmente riesco a fare cose con due mani che davvero avevo smesso di saper fare. Un sogno, un sogno. Adesso ho anche meno dolore alle spalle ma anche all’altro braccio finora utilizzato per tutto».
Insomma, una bella storia umana, rivolta con un occhio al futuro prossimo, se non già al presente. Merito al centro protesi Inail “Vigorso” di Budrio ed alla caparbietà di un calabrese, Lorenzo, che non ha smesso di poter credere che tutto è possibile. Tutto.
CERISANO (CS) – Certamente Lorenzo non poteva immaginare che dopo quel tragico incidente, ben diciotto anni fa, la tecnologia moderna sarebbe accorsa in suo aiuto per recuperare quel che la natura ha tolto. Lorenzo perse la mano ed una parte del braccio sinistro in quel maledetto giorno d’inverno. Era il 16 dicembre del 1996. In un attimo, senza accorgersene quasi. Intento a svolgere un piccolo lavoro di falegnameria, la sua vita fu stravolta. Così come quella delle persone accanto. E tutto un paese, il suo paese, Cerisano, pianse con lui e pregò per lui.
Negli anni successivi prima le operazioni chirurgiche poi le prime protesi in silicone aiutarono Lorenzo nelle mansioni quotidiane. Tra mille difficoltà e tantissimi viaggi a Bologna, in un centro protesi pubblico, dell’Inail, all’avanguardia per queste problematiche. Fino ad oggi, quando una rivoluzione medico-ingegneristica potrebbe rivoltare in positivo la sua vita. «Trovandomi di nuovo al centro protesi Vigorso di Budrio, a Bologna, per sostituire ancora una volta una delle tante protesi consumate dal tempo, ho notato i medici e lo staff della struttura alle prese con un nuovissimo modello di protesi della mano. Innovativa e rivoluzionaria. Non ho perso tempo e mi sono proposto per provarla, testarla letteralmente su di me», racconta al Quotidiano oggi Lorenzo, che è papà di due bellissime bambine, Greta e Giorgia, e vive insieme a una compagna instancabile al suo fianco, Raffaella.
Lorenzo è tenace. Chi lo conosce bene, sa che non si è mai dato per vinto anche senza una mano. Tanto da lavorare, con dignità e sacrifici, per una cooperativa in città, che oggi non ha più contratto né appalti col comune di Cosenza. «Rispetto a tutte le protesi avute nel tempo – continua il suo racconto – quella davanti ai miei occhi era qualcosa di incredibile. Non più fissa e immobile. Bensì mioelettrica, digitale, capace con gli impulsi del cervello di potersi muovere, stringere le dita, chiudere la mano stessa. Impugnare una bottiglia, spostarla». Lorenzo racconta gesti che sono nella normalità di ognuno di noi. Ma che per lui o per chi è senza un arto rientrano nella sfera della straordinarietà. «Ho inoltrato subito la richiesta alla sede Inail di Cosenza, tra l’altro gentilissimi e che ringrazio con affetto, dai medici all’assistente sociale la dottoressa Chimenti, e ho effettuato le prime prove a Bologna. Due microchip a mò di ventosa sul braccio in modo da far carpire al cervello i punti di maggior forza e con piccoli, piccolissimi passaggi i primi “spostamenti” della mano», aggiunge Lorenzo. Sembra quasi incredulo, quando lo incontriamo. Euforico a dirla tutta. Ha la sua nuova protesi, dopo quelle prove. Tra i primi, in tutta Italia, a provarla e sperimentarla sul suo corpo.
Lorenzo ci mostra tutto ciò che può fare. Otto “mosse” memorizzate, quattro programmi installati ed una mano che fa davvero quel che il cervello gli trasmette. È nera, bionica. C’è la fase relax, dove indice e medio si “toccano”, la mano si chiude e si apre; la fase “di forza” dove prende appunto una bottiglia e la sposta da una parte all’altra del tavolo e poi altre piccole dimostrazioni di come la tecnologia può essere arrivata oggigiorno. Pesa tre chili e mezzo ed è in titanio. «Finalmente riesco a fare cose con due mani che davvero avevo smesso di saper fare. Un sogno, un sogno. Adesso ho anche meno dolore alle spalle ma anche all’altro braccio finora utilizzato per tutto». Insomma, una bella storia umana, rivolta con un occhio al futuro prossimo, se non già al presente. Merito al centro protesi Inail “Vigorso” di Budrio ed alla caparbietà di un calabrese, Lorenzo, che non ha smesso di poter credere che tutto è possibile.