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TRICARICO (MATERA) – “… Arrivato al punto in cui, dopo una dirittura di forse cento metri, il viale piegava a destra, vidi una luce gialla in lontananza ed il biancheggiare di alcune case; quando le raggiunsi mi parvero disabitate. Solo una, isolata dalle altre ma anch’essa a filo della strada, aveva la piccola vetrata a semicerchio della sovrapporta fiocamente illuminata. Sul parapetto del balconcino sopra la porta notai un piatto di lamiera inclinato verso il basso con la scritta “Reali Carabinieri” intorno allo stemma dello Stato. “Ecco”, dissi con soddisfazione, “I Carabinieri, i Reali” .

La caserma dei Carabinieri di Tricarico sembra tratta da uno dei romanzi di Piero Chiara che magistralmente, più di ogni altro, ha saputo raccontare la preziosa opera che i militari dell’Arma profusero nei piccoli e sperduti paesi della nostra penisola subito dopo l’unità d’Italia, e la riconoscenza che venne loro riservata dalle locali popolazioni.

Situata nelle antiche mura cittadine, che ben conservano il fascino e l’antica storia di uno dei centri medievali più importanti del Mezzogiorno d’Italia, la storica caserma ospita la sede del Comando Compagnia Carabinieri.

Da sempre riferimento per l’intera area del Medio Basento, Tricarico con i suoi cinquemila abitanti, situata a 698 metri s.l.m., è una città ricca di tesori archeologici, storici, artistici, monumentali e ambientali.

Sono i luoghi del Telero di Carlo Levi, quelli in cui lo scrittore, nel celebrare il centenario dell’Unità d’Italia, descrive il suo viaggio nella “questione meridionale” documentando l’asprezza di questo territorio e la straordinaria forza della sua gente.

Ed è qui che il 15 novembre 1861 giunsero i primi sette Carabinieri a piedi che presero alloggio presso la locanda “De Marca”, con spese anticipate dal Comune di Tricarico.
Poco dopo, il 6 gennaio 1862, nella proprietà del dr. Giuseppe Santoro, che concesse l’intero ultimo piano del suo palazzo in piazza della Beccaria (oggi piazza Garibaldi), s’insediò la Stazione dei Carabinieri Reali, con una pigione annua di 306 lire pagata dalla Tesoreria di circondario.

La Basilicata venne ricompresa nel territorio della 10^ Legione Carabinieri Reali di Salerno al comando del Col. Giovanni Brunori, da cui dipendeva la 3^ Divisione di Potenza (istituita il 24 gennaio 1861) articolata su due Comandi Compagnia nel capoluogo (Potenza “Interna” e Potenza “Esterna”) e quattro sedi di Luogotenenze (una nel capoluogo, le altre in Matera, Melfi e Lagonegro).

In quegli anni d’intensa lotta al brigantaggio, in cui la credibilità di un’Italia unita e grande era messa in dubbio, i Carabinieri furono come sempre, in prima fila.

Il 20 agosto 1862, tre Carabinieri della stazione di Tricarico – Girolamo Macchi, Nicola Stigliani e Domenico Russo – scortavano un detenuto, Francesco Locantore, imputato di un omicidio, per trasferirlo al carcere di Potenza.

Lungo il tragitto, la corriera su cui viaggiavano, in località tre Cancelli, venne assalita da 60 briganti della temuta banda di Pasquale Cavalcante. I Carabinieri, al fuoco, risposero con il fuoco. Girolamo Macchi, appena 21enne, originario di Bodio (Varese), venne prima ferito e poi trucidato con una fucilata al cuore.
Gli altri due riuscirono ad aprirsi un varco con la baionetta e raggiunsero tremolanti il vicino Comune di Albano di Lucania, dove resero la loro deposizione al sindaco Michele Molfese.
Per l’esemplare comportamento tenuto, con Regio Decreto del 30 luglio 1863, il giovane Carabiniere Girolamo Macchi fu insignito della medaglia di bronzo al valor militare.

L’efferato omicidio non fermò l’azione dei militi di Tricarico che, nella notte tra il 6 e il 7 novembre 1862, nella masseria Macchiatella di Grassano arrestarono il brigante Andrea Diano, e il suo manutengolo, il proprietario della masseria Giuseppe Lafiasca.
Ma dove l’azione dell’Arma risultò più preziosa ed essenziale fu soprattutto nell’opera di soccorso alle popolazioni, spesso flagellate da alluvioni e da incendi, con atti di sublime altruismo.
Il 18 luglio 1865 cinque Carabinieri della Stazione di Tricarico che stavano in perlustrazione sui monti al confine con il comune di San Chirico Nuovo, scorgendo innalzarsi colonne di fumo e temendo un grave disastro si diressero a tutta corsa verso quella zona in cui si stava sviluppando un incendio che avrebbe bruciato una grande quantità di grano appartenente a tutte le classi della locale popolazione.
Sprezzanti di ogni pericolo, essi riuscirono a circoscrivere le fiamme e a salvare gran parte del grano.

Il danno fu limitato a £ 25.000 e grandi elogi vennero riservati all’operato dell’Arma dalle locali Autorità.

Un’ulteriore testimonianza dell’eroismo di quegli anni giunge dal reverendo Giovanni Daraio, nativo di Tricarico e già parroco di Easton in Pennsylvania, in Per la Storia di Civita, di Tricarico e di Calle (Matera, 1954) il quale racconta che “il 16 maggio 1870, in località Cugno Pepe Tonno, nei pressi della masseria Bronzini, una decina di banditi, dopo aver messi alcuni alberi in mezzo alla rotabile, assalirono la corriera postale per Potenza, scortata da due Carabinieri, perché portava valori. I Carabinieri e un borghese, certo Giromano Carmine, che avevano valorosamente combattuto ed erano rimasti feriti, sopraffatti dal numero degli assalitori, dovettero ritirarsi. I due Carabinieri, Antonio Cammarota e Gaudenzio Bamfi, sebbene non fossero riusciti a salvare i valori, si comportarono eroicamente e il passeggero e il postiere si ebbero, per essi, risparmiata la vita. Tuttavia, i valori furono recuperati, dato che i banditi li avevano nascosti in un buco, sotto il ponte della rotabile. Vanno segnalati anche i Carabinieri Cincinnato e Mezzanotte, che nel 1871 affrontarono coraggiosamente una banda di malviventi. Dopo una lotta impari, furono gettati dalle coste della Saracena, dove furono trovati il giorno dopo, gravemente feriti e privi di sensi. I banditi peraltro furono assicurati alla giustizia. Il maresciallo Magnone di Tolve e due Carabinieri furono gettati in un profondo fossato, sottostante alla chiesa di Sant’Angelo, dove fu poi costruito il palazzo Motta. Per fortuna il fossato conteneva un deposito di paglia e i malcapitati riportarono solo la frattura delle gambe” .

Un impegno divenuto riferimento per l’intero territorio della collina materana, tanto che nel 1910 la Stazione dei Carabinieri Reali venne elevata a Tenenza, nel 1991 a Compagnia.
Negli oltre 150 anni di presenza dei militari dell’Arma a Tricarico, la loro sede ha avuto varie collocazioni: inizialmente, come accennato, nel palazzo Santoro in piazza Garibaldi, poi nel palazzo Uricchio in viale Regina Margherita, quindi in edifici del Comune posti l’uno in via Fuori Porta Rabatana e l’altro presso il castello e torre normanna.

Risale al 2001 l’attuale collocazione quando, dopo un periodo di chiusura, lo storico edificio di proprietà della Diocesi, noto come “ex seminario”, è stato oggetto di importanti lavori di restauro, con interventi sulle parti strutturali, il rifacimento della facciata in pietra viva e della copertura a tetto ed il rinnovo completo degli impianti.

Sono, inoltre, state eliminate tutte le superfetazioni che negli anni avevano alterato le caratteristiche architettoniche dell’edificio, con il ripristino della scala originaria e la riapertura delle arcate di ingresso e delle finestre così come erano in origine.

Un luogo speciale, situato nel cuore della cittadina, presso la cattedrale, l’episcopio e il palazzo ducale, al cui interno è collocata una cappella, di epoca settecentesca, con un importante altare fatto realizzare nel 1904 dall’indimenticato vescovo mons. Anselmo Filippo Pecci (lucano di Tramutola).

Un edificio da sempre legato all’esperienza della Chiesa e che nel corso del tempo, pur cambiando varie destinazioni, ha sempre conservato una particolare vocazione per il territorio e per la gente.
In origine, come è documentato in La Confraternita di S. Maria del Lettorio e l’Ospedale di S. Giovanni della Croce a Tricarico (Rassegna Storica Lucana, 1995, n. 21) di Carmela Biscaglia, fu sede di uno “xenodochia” o “ospitia”, ossia una dei tanti luoghi di ricovero a servizio di pellegrini e crociati, che generalmente durante il Medioevo sorgevano lungo le vie di grande transito commerciale o sui percorsi di pellegrinaggio verso l’Oriente e la Terra Santa.

Se ne attesta l’esistenza a Tricarico sin dal 1373.
Tali luoghi di ospitalità erano spesso gestiti dai monaci e dall’Ordine degli Ospedalieri e quando collocati all’interno delle mura delle città, come quello di Tricarico posto di fianco alla Porta Vecchia, erano dislocati presso le cattedrali o annessi alle chiese.
Gli xenodochia erano generalmente dotati di una porticina d’ingresso che permetteva di accogliere pellegrini e viandanti che giungevano di notte o che dovevano partire prima dell’alba.
Nel corso del ‘500, come spesso accadde in quei secoli, venne poi trasformato in un “hospitale” (luogo per ospitalità), preposto ad attività assistenziali e alla cura degli ammalati e dei feriti.
Nel 1543, il sacro ospitale di Tricarico, dedicato a San Giovanni della Croce, con bolla di Paolo III venne annesso alla Confraternita di Santa Maria del Lettorio che aveva sede nella sua cattedrale.
Il collegamento dell’edificio con i luoghi più sacri del Cristianesimo è testimoniato dalla piccola scultura presente sul sopportico raffigurante un pellegrino, con la tipica veste corta, la conchiglia e il borsello di cuoio.
Nel 1595 una parte dell’edificio venne utilizzata quale sede del Seminario vescovile di Tricarico appena istituito sotto l’episcopato di Ottavio Mirto Frangipane, come previsto dalle norme del Concilio di Trento che lo richiedevano in ogni sede vescovile.
Si deve, tuttavia, al vescovo Pier Luigi Carafa senior (che poi sarebbe divenuto Cardinale), nel 1634, una profonda opera di ristrutturazione dell’intero edificio, con l’impiego di cospicui capitali che sarebbero serviti per pagare la retta a probi professori e ad un rettore.
La lunga vita di questo importante luogo di trasmissione della cultura è documentata da una bella foto di gruppo risalente al 1904 che raffigura i vari seminaristi, i professori dell’epoca e il grande vescovo della chiesa lucana, mons. Anselmo Filippo Pecci.
In seguito, dopo la chiusura del seminario, l’edificio ospitò una comunità di Padri Missionari del Cuore Immacolato di Maria che, su invito del vescovo Raffaello delle Nocche, operò a Tricarico dal 1924 al 1939, nonché gli sfollati della seconda guerra mondiale e alcune associazioni di lavoratori.
Alcuni locali, invece, su richiesta del sindaco Rocco Scotellaro, furono messi a disposizione dal vescovo Raffaello delle Nocche per ubicarvi l’Ospedale Civile di Tricarico che venne inaugurato il 7 agosto 1947.
Nel 1952 il vescovo Raffaello delle Nocche, avvertendo la necessità di fornire un servizio per l’istruzione dei ragazzi della sua diocesi, che un tempo faceva capo al seminario, promosse l’istituzione di una Scuola Media Parificata Maschile, collegata all’Istituto Magistrale “Gesù Eucaristico”, con sede nell’ex seminario e anche un annesso convitto, affidato alla guida di mons. Pancrazio Perrone.
Erano gli anni del dopoguerra e dell’avvio dell’industrializzazione in Basilicata e, come lo stesso Rocco Scotellaro aveva sottolineato nella campagna elettorale per le provinciali del ‘52, occorreva preparare i giovani alle nuove realtà lavorative. Questa scuola funzionò solo due anni, perché lo Stato, nel frattempo, istituì la Scuola Media Statale. Il convitto vescovile, invece, operò fino al 1972-1973, ospitando nei suoi vent’anni di funzionamento ben 368 ragazzi provenienti dai vari paesi della Basilicata (oltre il 50,0%), da Tricarico (45,66%) e da centri extraregionali (4,08%), come Torre del Greco, Fano, Sassari, Roma e, soprattutto, pugliesi come Taranto, Ginosa, Bitonto, Barletta, Ceglie Messapica, Ostuni, Vieste.
Nel frattempo, nel 1961, a Tricarico fu istituito il Liceo Scientifico Statale di Tricarico, prima come sede staccata del Liceo Classico di Melfi; poi, nel 1981, come sede autonoma.
Dal 1978 al 1992 questo istituto è stato ospitato nei locali dell’odierna Caserma dei Carabinieri: al piano terra erano ubicate alcune aule, la palestra nell’ampio locale che fiancheggia il sopportico e i locali di servizio; al primo piano, la cappella, gli uffici di segreteria, le aule, i servizi igienici e, nei grandi saloni, l’aula magna e il laboratorio di fisica.
Un luogo, quindi, da sempre centrale nella vita di questa città e nel cammino della Chiesa di Tricarico che, anche con una diversa funzione, vuole confermare la sua attenzione per il territorio, per la gente e per il bene comune.

Antonio De Rosa
Capitano, Comandante Compagnia Carabinieri di Tricarico

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