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di Antonella Giacummo

POTENZA – Felicia Bartolotta Impastato morì un mese dopo che la Corte d’ Assise di Palermo aveva condannato all’ ergastolo il boss Tano Badalamenti per l’omicidio del figlio Peppino, il cui cadavere fu trovato lungo i binari ferroviari. Sul palco di piazza Prefettura, Filomena Iemma, la mamma di Elisa Claps, chiede la stessa grazia: «Mi dovete far chiudere gli occhi serenamente, io voglio sapere la verità, voglio sapere com’è morta Elisa».
Peppino viveva a cento passi dal suo assassino, Elisa (il suo corpo rannicchiato) a cento passi da chi l’amava e disperatamente la cercava.
Quello di ieri è stato insieme il giorno del dolore collettivo e della riappacificazione. In un lungo corteo – da piazza Don Bosco a piazza Prefettura hanno marciato insieme circa 8.000 persone – la città ha abbracciato simbolicamente quella ragazza morta 17 anni fa e la sua famiglia. Quella stessa famiglia che tante volte si è sentita sola, abbandonata da quella Potenza che «Elisa amava tantissimo, guai a chi ne parlava male».
E sul palco, infatti, mamma Filomena grida forte insieme la sua gioia per tutte quelle braccia e quei baci, ma anche il suo sdegno per quanti in questi anni non le hanno creduto. «Oggi – urla forte – chi ha detto che Elisa è fuggita dalla sua famiglia si deve vergognare. Stava bene a casa sua. Anche oggi ci sono ancora tutte le sue cose, le sue foto. E il suo posto nel mio cuore e a tavola con noi».
Quello di ieri è stato anche il giorno delle lacrime: quelle delle tante persone che in piazza ascoltavano il dolore di quella famiglia e quelle di Gildo e Luciano, visibilmente commossi. «Finalmente possiamo salutarti sorellina – dice Gildo con la voce rotta dal pianto – e c’è qui tutta la città ad abbracciarti. Abbiamo aspettato tanto, sono stati 17 anni d’inferno. Ma non ce l’abbiamo con questa città. Qualcuno l’ha definita omertosa, ma io credo che semplicemente fosse soffocata da una cappa». Ora quella cappa sembra stia cadendo, si sente l’odore di «una primavera fatta di giustizia e verità».
Ma il ricordo di Gildo è ancora fermo a 17 anni fa, «quando con lo sguardo ti ho accompagnato fino alla porta per l’ultima volta». Quella mattina di sole di tanti anni fa è stata l’ultima volta che i fratelli Claps si sono visti. E nessuno potrà ridargli la gioia di stare insieme, di festeggiare insieme la nascita «di quei due nipotini che Elisa ora ha».
Una famiglia segnata (il padre di Elisa – urla mamma Filomena – è distrutto, non ce la fa più), ma tenace e, nonostante tutto sorridente. Ad accompagnare la signora Iemma nel corteo sono i bambini. In via Lazio – dove c’è la scuola elementare – i bambini accolgono i due fratelli di Elisa con applausi e palloncini. Entrano nel corteo e camminano insieme agli altri fino alla fine. Sfilano lungo una via Mazzini con tante persone alle finestre, lenzuola bianche a salutare il corteo e le saracinesche dei negozi chiuse a metà in segno di rispetto per quanto è avvenuto.
Davanti a quella casa in cui Elisa non è più tornata, arriva anche mamma Filomena, circondata e protetta da un cordone di amici e familiari. E sono i più piccoli ad accoglierla e ad accompagnarla. Lei, piccola quasi quanto loro, sorride con dolcezza a tutti. Sembra felice. E a modo suo lo è: «Avevo chiesto al Signore solo una grazia – dice – e sono stata ascoltata. Volevo i resti di mia figlia. Io non ho mai creduto che sarebbe ritornata, lo dicevo ai miei figli». Il perdono no, perchè non lo darebbe nemmeno un santo. Ma la giustizia e la verità quelli sì, «anche a costo di avere un colloquio a quattr’occhi con delinquenti e mafiosi, io non ho paura. Voglio chiudere gli occhi serenamente, sapendo cosa è successo a Elisa. E tra noi in questa piazza sicuramente c’è qualcuno che sa». Le risposte, però, le aspetta ora tutta la città. «E’ terribile pensare che per 17 anni abbiamo pregato, chiacchierato e scherzato a soli cento passi da Elisa, soli cento passi», dice don Marcello Cozzi, animatore di Libera in Basilicata e promotore il corteo degli studenti.
«Oggi – ha aggiunto – è il giorno di dire basta alle mezze verità e alle esasperate prudenze: chi ha taciuto è colpevole quanto la mano omicida. Non si cercano capri espiatori e non si alzano forche, è una cultura che non ci appartiene, ma oggi potrebbe cominciare una nuova primavera con la possibilità di dare una degna sepoltura a Elisa. Ma nessuno si azzardi a porre una pietra tombale su questa vicenda».
Sì perché il corteo di ieri è solo un punto di partenza. Ora comincerà un lungo iter giudiziario perché chi ha ucciso e occultato il cadavere di Elisa dovrà essere trovato e punito. «Adesso stateci vicino – dice Gildo – non solo oggi ma per la battaglia che andiamo a intraprendere. L’abbraccio di oggi si trasformi in indignazione per le coperture e per i troppi silenzi che hanno caratterizzato questa storia. E’ stato un epilogo così amaro e tragico, per noi è come se Elisa fosse morta mercoledì. Ma ora basta, adesso bisogna inchiodare tutti alle loro responsabilità, non accetteremo difese d’ufficio di nessuno, non faremo sconti a nessuno».
Gli applausi fanno da sottofondo alle sue parole, alla sua rabbia e a quel dolore che è un dolore collettivo. Perché questa fine nessuno se l’aspettava. Neppure i responsabili forse, che ormai speravano che tutto sarebbe rimasto al buio. Per sempre.
E invece è arrivata la primavera, come racconta Annalisa dal palco, in rappresentanza di tutti gli studenti che hanno partecipato alla manifestazione. Una primavera fatta di ragazzi che guarderanno «il mondo con i tuoi occhi», come si legge su uno dei tanti striscioni scritti dagli alunni delle diverse scuole che hanno partecipato.
Accanto alla famiglia Claps c’erano tutti quelli che in questi anni hanno combattuto la stessa battaglia: oltre a don Marcello Cozzi, c’era Olimpia Orioli, la mamma di Luca. E c’era la famiglia di Tiziano Fusilli, ucciso anche lui a Potenza in circostanze poco chiare. E poi c’erano gli amici di sempre, quelli che hanno incessantemente cercato Elisa, nonostante i tanti silenzi. C’era il vescovo di Potenza, Agostino Superbo. Con i fiori bianchi in mano anche i professori e le professoresse del Liceo classico Quinto Orazio Flacco, quello frequentato dalla ragazza prima della morte. E accanto al sindaco di Potenza, Vito Santarsiero, al capogruppo d’opposizione Giuseppe Molinari, al sindaco di Balvano Costantino Di Carlo, c’era anche il preside di quel liceo, Raffaello Mecca. Un preside duro, come sanno tutti i liceali di questa città, ma che davanti alla morte dei suoi ragazzi non è capace di rimanere freddo. Nel suo studio – era il 1992, un anno prima della scomparsa di Elisa – c’era la foto di due di quei giovani, Manlio e Roberto, morti insieme in un terribile incidente. Ora forse c’è anche Elisa, che si è fermata al ginnasio e non ha più potuto proseguire.
Nel corteo di ieri anche Graziella Salvatore, la cugina di Grazia Gioviale, un’altra giovanissima vittima. Per ricordare Grazia e riflettere sui motivi che portano gli uomini a uccidere le donne, lo scorso novembre ha organizzato il convegno di studi “Femminicidio”. Anche allora venne ricordata Elisa. Non si sapeva ancora quello che sappiamo oggi, ma si aveva anche allora una certezza: Elisa era stata uccisa, probabilmente dalla mano di un uomo. E, come urla mamma Filomena, «io la volontà del Signore l’ho sempre accettata, ma quella dell’uomo no, quella non l’accetto. Voglio sapere chi ha condannato Elisa in un sottotetto».

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