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di PIPPO CALLIPO
Basta con la spesa pubblica improduttiva. Ecco il mio profondo convincimento per una Regione che intenda cambiare per davvero. Aboliamo la spesa inutile e aboliamo quegli enti parassitari, in cui sono collocati, come premio, detentori di pacchetti di voti e “professionisti” prestati alla politica quale supporto tecnico per intrallazzi che spesso, se non sono penalmente rilevanti, sono di sicuro immorali. Sono tanti e assorbono un’infinità di risorse. Enti sconosciuti o noti solo per sprechi e clientele, ma non servono allo sviluppo. Faremmo immediatamente felici i nostri giovani (a migliaia partono dalla Calabria e non tornano più), perché investiremmo le risorse così risparmiate in progetti in grado di incidere nelle criticità calabresi e dare lavoro. La Corte dei Conti, per esempio, ha rilevato che il pozzo senza fondo delle società partecipate dalla Regione Calabria ha perdite per 8 milioni di euro. E’ tempo che la politica esca dagli enti economici, dagli enti che producono solo debiti e malaffare. Sarebbe la prima “pratica” all’ordine del giorno della mia giunta regionale, se i calabresi mi voteranno. Abbattendo la spesa improduttiva, si può fare, rilanciando l’occupazione, un investimento su alcuni importanti progetti innovativi che possano significare sviluppo produttivo. Se la Regione dimostra serietà, impiegando bene le risorse e facendo vedere al Paese i risultati di cui siamo capaci, altri, a iniziare dal Governo, non potranno pretendere di collocare nel nostro territorio opere faraoniche multimiliardarie che non servono al Paese e che alla Calabria rischiano di provocare uno sconvolgimento ambientale d’inaudite proporzioni. Vedo che il dibattito politico cerca di evitare di affrontare temi come questo. La ragione è semplice: l’inciucismo storico del ceto politico calabrese, ha come sfondo il controllo della spesa e il suo utilizzo distorto. Nessuno in realtà intende rinunciare a questi enti passivi che sono finanziati con i soldi calabresi e implementano clientela e dipendenza. La Calabria, al contrario, per rivendicare sul serio autonomia e piena autodeterminazione, deve ridurre lo scarto tra produzione e consumi ed eliminare i tratti del sottosviluppo e della dipendenza economica che connotano il nostro sistema produttivo. Rappresentiamo una goccia dell’export nazionale, mentre assorbiamo una montagna di risorse nazionali e comunitarie che non sono finalizzate a irrobustire il sistema produttivo con progettualità ben individuate e di sicuro impatto occupazionale, perché oggi la politica pensa solo a come aumentare i propri clienti. Questo è l’unico obiettivo cui ha pensato in tutti questi anni. Un obiettivo che non predilige la competenza ed il merito, perché a utilizzare le risorse finanziarie con lo scopo di ampliare i voti di scambio, è sufficiente il personale del sottobosco politico che poi, a sua volta, è utilizzato largamente per finalità elettorali. Quanti danni questi metodi hanno fatto alle menti dei nostri giovani! Abituarsi a dipendere da altri e rinunciare ad ogni intraprendenza vuol dire non credere più nei valori della persona come l’onestà, il rispetto degli altri, l’iniziativa individuale, la stima verso se stessi. Il fallimento nell’utilizzazione dei fondi comunitari – al di là di valutazioni più o meno positive su singoli aspetti e al di là della stessa capacità di spendere i soldi – consiste in questo: nonostante decenni di finanziamenti comunitari, la Calabria ha un divario di sviluppo rispetto alle altre regioni italiane ed europee molto amplio e non è riuscita a stringerlo. Rimangono, quindi, irrisolti i problemi strutturali. Il sovradimensionamento dell’agricoltura e la presenza nel sistema-Calabria di imprese piccolissime a cui sono precluse economie di scala, denotano la polverizzazione inefficiente dell’apparato produttivo calabrese su cui occorre incidere con risolutezza. Noi abbiamo bisogno di imprese più grandi (sono poche quelle che superano i 100 dipendenti in Calabria), in grado di essere presenti nei segmenti innovativi e dinamici e aperti alla competizione nazionale ed internazionale. Questo ci rimanda non solo a investimenti pubblici che vanno dirottati in questa direzione, anziché scialacquati tra pochi amici, ma anche all’urgenza di rendere funzionali i contesti in cui le aziende operano e che oggi sono deboli per il deficit infrastrutturale di base, l’alto costo del danaro, la questione sicurezza. Sappiamo bene quant’è pericolosa, insidiosa e ostativa per la crescita economica la mafia. Diciamo no alla mafia senza se e senza ma, denunciamo il pizzo e valutiamo positivamente le determinazioni di Confindustria – seppure facendo attenzione alle difficoltà di molti imprenditori ad esporsi per paura e che quindi non vanno criminalizzati ma aiutati – ma chiediamo, contemporaneamente, che lo Stato sia con noi, di non essere lasciati soli. Lo Stato deve riprendere il monopolio della forza e il controllo del territorio. La Calabria produttiva, piccola media e grande, deve assolutamente uscire dall’isolamento e fare squadra e può riuscirci attraverso un patto serio con l’università che deve accompagnarla nei processi di ricerca scientifica e tecnologica. Io sono un imprenditore, la mia storia è nota a tutti. L’appello che io lancio ai miei colleghi, giovani o più maturi come il sottoscritto, è quello di prendere al volo l’opportunità di cambiare la Calabria che è data dalla mia candidatura alla Presidenza della Regione. Ognuno singolarmente è portato, e io lo capisco, a fare calcoli soggettivi, a puntare su ciò che già esiste e che sembra consolidato. Io però ricordo che niente, specie in politica, è immodificabile, abbiamo visto scenari politici mutare improvvisamente; ma sappiamo anche, e questo è il tema su cui raccomando una riflessione, che la Calabria non ce la farebbe a sopportare altri cinque anni di politica clientelare, di disistima del Paese, di marginalità rispetto ai grandi circuiti economici globali. Si diventa area di frontiera per l’estrema povertà di larghe fasce della popolazione (e ci siamo), per l’erosione di affidabilità del sistema istituzionale ed economico (e ci siamo), per l’assenza di regole e per l’alto tasso di corruzione nonché per la presenza di una criminalità invasiva e ostativa a qualsiasi forma di sviluppo (e ci siamo). Dico questo non per fare allarmismi, ma per far capire meglio, anzitutto a me stesso, qual è il rischio che corriamo e che, se non vogliamo pentirci tra qualche mese di aver agevolato i soliti politici già sperimentati (a volte per mezzo secolo) alla guida della nostra regione, è il tempo di fare scelte. Di mettere da parte antipatie o polemiche individuali e pensare che la Calabria oggi ha bisogno del meglio dei suoi figli. Io non chiedo di votare per Callipo contro tutto e tutti, sarebbe sciocco e presuntuoso. Eppure so bene che molti calabresi lo faranno, so bene che molti useranno in mio favore il voto disgiunto, in quanto mi vedono come il candidato di rottura di un sistema ingessato, vecchio. Io invece chiedo, a tutti i calabresi stufi dell’inconcludenza di questa politica e del suo attaccamento al potere a qualsiasi costo, di essere assieme a me protagonisti nel percorso che ho iniziato da qualche mese. Perché si dovrebbe scegliere Callipo? Io non do in cambio del voto posti di lavoro, magari falsi o solo sulla carta, o prebende. Prometto solo dignità e rispetto. Attenzione rigorosa all’amministrazione della cosa pubblica e barra dritta per ottenere lavoro vero ed occupazione non fittizia, in un ambiente in cui l’ossequio alla legge sia massimo e la concertazione sociale sostanziale e non parolaia. Inoltre: dobbiamo liberarci presto dall’asservimento di questa politica, per amore della Calabria e di noi stessi. Il nostro obiettivo deve mirare a costruire una nuova Regione.
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