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di PARIDE LEPORACE
L’Italia torna ad essere una nave senza nocchiero. Un paese alla deriva. Lo scrivono i più autorevoli columnist nazionali. A Palazzo Madama c’è un senatore eletto dalla ‘ndrangheta e a disposizione di faccendieri e tutti ora affermano che mai l’hanno conosciuto. Per citare qualche esempio, in Calabria, una lista presenta i manager della malasanità e gli imputati di Why not in attesa di giudizio mentre in Campania il sindaco sospeso Gambino all’indomani della condanna confermata in Appello viene candidato per volontà di Cosentino, indagato per i rapporti con i Casalesi. Insomma si predica bene e si razzola male. Il voto della Basilicata sarà utile per comprendere affinità e divergenze con la deriva italiana. La diversità lucana ha di fronte un serio banco di prova e verifica con le prossime elezioni. Ieri Pino Suriano ha posto un interessante quesito sulla prima pagina del Quotidiano chiedendosi di che colore è questa Regione? Abbiamo difficoltà nel definirla rossa nel senso tosco-emiliano della pubblicistica politologa perché a mio parere, il suo colore, è più sfumato. Frutto di mistura tra le tempere di doroteismo e migliorismo. Ulivo bonsai, nato prima di quello prodiano, dove contingenze geografiche, storiche e umane hanno permesso un’aggiramento di alcuni difetti meridionali. Un modello che resiste nonostante le crisi d’identità e di tempo che lo hanno non poco assillato negli ultimi anni. Il Partito Regione che ripropone la candidatura di Vito De Filippo si presenta in poule position ai nastri di partenza. Ha perso pochi pezzi centristi (Falotico e Mollica) ma lo schieramento resta largo. Dai moderati dell’Udc e delle Confcooperative si allarga fino alla Fiom inglobando tutti i partiti e movimenti del centrosinistra, unico esempio meridionale del genere. Vito De Filippo in caso di conferma del suo ruolo ha l’obbligo di lasciare il segno del suo governo al secondo mandato come avviene per i presidenti degli Stati Uniti d’America. La prima volta si governa per il consenso, la seconda per la Storia. Non sono pochi i problemi da risolvere. Non li elenco perché ogni giorno li esponiamo sulle nostre pagine. Servono idee forti e decisive per restare fuori dalla deriva nazionale. S’intravedono segnali. Nella formulazione del programma e nella ricerca di contatti importanti su alcuni fronti si stanno chiedendo collaborazioni autorevoli e significative per creare buone opportunità. Sarà importante anche il voto a Matera, città significativa nel mondo che coltiva ambizione culturali di tipo europeo. Sono gli ambiti dove bisogna costruire scenari innovativi che devono tenere conto dell’istruzione e delle nuove economie ecosostenibili. Bisognerà decastizzare le burocrazie regionali e saper dare fiducia a chi l’ha completamente persa. Sul fronte politico l’opposizione che può puntare su aree di consistente malcontento è divisa. Gruppi minoritari non si sono presentati e altri faranno battaglia di rappresentanza. Il Pdl nonostante il coraggio di Pagliuca è in crisi d’identità. A Matera la lista comunale è stata presentata all’ultimo minuto e le assenze sono più visibili delle presenze. Chi verrà a raccontare la filastrocca della benzina ridotta non incanterà le masse. Per vecchi e nuovi berlusconiani questa scadenza elettorale è un banco di prova. Forse definitivo. La variabile innovativa è segnata dalla presenza di Magdi Allam. Che attira attenzioni e interessi trasversali come origine da quantificare in termini elettorali. Non si tratta di conoscere solo programmi ma anche contesti e interessi di questo variegato schieramento. Un’autorevole fonte del centrosinistra nazionale in forma riservata ha informato i suoi referenti locali su questioni internazionali che, se fondati, speriamo di poter conoscere per meglio analizzarli e valutarli. Il nucleare e il petrolio sono elementi della campagna elettorale. Il senso comune dice no al primo senza se e ma. Sull’oro nero lucano va rafforzata la vigilanza ambientale e devono essere rinegoziati i benefici a vantaggio di tutti e non per pochi. La deriva si evita se si ragiona seriamente sull’ultima lettera di Quaresima scritta dai vescovi sul Meridione. Monsignor Superbo ha spiegato le caratteristiche lucane. Esiste anche dalle nostre parti una mentalità mafiosa. La politica deve abbandonare il clientelismo affrontando le questioni con maggiore adeguatezza. Tutti i candidati sono concordi con l’analisi. Ma forse è meglio vigilare. Nelle prime cene elettorali sono stati avvistati personaggi di quella borghesia affaristica che è meglio tener lontana dalla vita pubblica. Non sono uomini da lupara ma moderni capitalisti senza scrupoli. Meglio toglier loro l’acqua in cui nuotano. Prima che sia troppo tardi. I vescovi nel loro documento ci hanno detto che le classi dirigenti meridionali sono inadeguate a contrastare le mafie. La Cei sostanzialmente in sintonia con il Papa chiede di preparare una classe dirigente più vicina ai valori cattolici in grado di sostituire quella che sta portando alla deriva il Paese. Non si tratta di fare un nuovo partito di cattolici. E’ una questione etica che interessa anche i laici. In quel documento esiste anche un capitolo che fa riferimento all’esperienza del progetto Policoro. Un luogo lucano esempio positivo di meridionalismo. Un punto cardinale per scartare la deriva italiana. Il popolo sovrano deciderà con la sua scheda a chi affidare il suo futuro. Noi lo vogliamo denso di coraggio.
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