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Sulla vicenda della collaboratrice di giustizia Lea Garofalo, la 36enne di Petilia Policastro scomparsa nel nulla dal novembre dello scorso anno dopo che già nei mesi precedenti aveva subito un tentativo di sequestro, interviene Angela Napoli, componente della commissione parlamentare antimafia, con un’interrogazione a risposta scritta ai ministri dell’Interno Maroni e della Giustizia Alfano. La parlamentare del Pdl ripercorre l’odissea vissuta dalla donna, a cominciare dal tentativo di ucciderla subito nel maggio del 2009 a Campobasso, dove all’epoca risiedeva, fino alla sua scomparsa avvenuta a Milano nel successivo mese di novembre; episodi che sarebbero scaturiti proprio dalla sua decisione di collaborare con la giustizia e di rivelare particolari sull’omicidio di un fratello esu altri traffici illeciti delle cosche del crotonese nei quali sarebbe coinvolto il suo ex convivente Carlo Cosco, 40enne di Petilia Policastro, arrestato lo scorso 3 febbraio su ordine della magistratura di Campobasso, insieme ad un altro pregiudicato, proprio perchè ritenuto il mandante del tentativo di sequestro della donna.
Nell’interrogazione, l’on. Napoli rileva che «risultano contorte le notizie sullo status di collaboratrice della Lea Garolafo» la quale si è «dovuta rivolgere al Consiglio di Stato per vedere riconosciuto il suo diritto ad entrare nel programma di protezione, visto che la Commissione centrale di protezione prima ed il Tar del Lazio poi non avevano concesso il diritto richiesto; c’è incertezza – aggiunge la Napoli – sul mancato rinnovo della protezione a Lea Garofalo dopo il tentato sequestro del maggio 2009».
La parlamentare rileva – dunque – che la donna «che ha avuto assassinati il padre e il fratello durante lo sterminio della faida di Petilia Policastro tra le due famiglie Garofalo e Mirabelli, potrebbe rappresentare un nuovo caso di ‘lupara biancà in Calabria, proprio per le sue rivelazioni sugli omicidi e contro alcuni affiliati alle cosche di quel territorio» e chiede pertanto ai ministri Maroni e Alfano «i motivi per i quali Lea Garofalo non sia stata ammessa al regime di protezione, pur avendo subito un tentativo di sequestro e pur appartenendo ad una famiglia pressochè sterminata da una faida di ‘ndrangheta»; infine, «se risultano essere state disposte convocazioni di Lea Garofalo per processi in qualche Tribunale d’Italia».

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