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di SARA LORUSSO
LO fa sfruttando l’effetto “attesa” che già dalla sera prima aveva avviato il rincorrersi di voci, più o meno dettagliate, sulla scelta ormai fatta.
Che Magdi Cristiano Allam, l’ex vicedirettore del Corriere della sera, eurodeputato e battezzato cattolico da papa Rtzinger nella notte di Pasqua, «italiano, profondamente italiano», non avrebbe rinunciato all’esperienza politica in terra lucana era quasi dato certo già da qualche ora. Nel capoluogo e sulla rete i commenti si erano fatti sempre più insistenti. Poi, con una lunga lettera pubblicata sul sito del movimento di cui è fondatore (Io amo l’Italia) ha provato ad anticipare ai lucani i motivi della sua imminente corsa a candidato presidente della Regione Basilicata.
Con l’uscente governatore Vito De Filppo, dopo la consacrazione di Nicola Pagliuca per il Pdl, c’è, adesso, anche Magdi Allam. Lunedì si presenterà in una conferenza stampa, nel capoluogo. Ma il suo percorso è cominciato già da qualche ora. Si è rotto il dialogo con il Pdl, come segnalato dalla vignetta che, fin da ieri mattina, sceglie per la home page del suo sito. Ma è anche alla “sinistra” che ha governato in Regione che parla quando racconta del paradosso: «C’è un abisso tra la realtà della Lucania e dei lucani e quella dell’insieme della classe politica che l’amministra». La sinistra, «che da un ventennio ha imposto un potere egemonico grazie alla quota pro-capite di assistenzialismo più alta d’Italia» non ha meno colpe – spiega – della destra «che è sostanzialmente connivente con una dirigenza preoccupata esclusivamente del proprio tornaconto personale». Terra ricca, la Basilicata, poveri – sempre di più – i lucani. Questo il paradosso – non nuovo al dibattito politico e popolare sul territorio – che Magdi Allam pone come “spunto” della sfida politica raccolta.
Dell’Italia si dice innamorato da sempre, da quando, quarant’anni fa – si racconta nella lettera – vi giunse. E si riscopre folgorato dalla Basilicata: «Per me la Lucania è la regione più bella e i lucani sono il popolo più genuino d’Italia»; ne riconosce «il desiderio incontenibile di cambiamento» rispetto a «corruzione, clientelarismo, parassitismo, immobilismo e menefreghismo di una classe politica che è di fatto diventata straniera agli occhi della propria gente, lontanissima dai problemi reali con cui ci si confronta giorno dopo giorno».
Così accetta l’invito che da più parti – dice – gli era giunto. E si candida come indipendente con una lista, “Io amo la Lucania”, che porta tracce semantiche del movimento di cui è leader. E richiama forse anche – sarà un caso? – l’orizzonte del movimento locale, la Grande Lucania, che, non è un mistero, in questi giorni è stato sostenitore di una sua candidatura.

Che sia la nascita del terzo polo? Il dibattito sull’aspettativa moderata prosegue, ma si declina anche su altri scenari. Che non necessariamente vi si oppongono.
Casualità, la partenza della suggestione è sempre on line. Su Facebook è nato il «ciclone» Navazio, per dirla con le parole del coordinatore regionale del movimento Io Sud (a livello nazionale guidato dalla senatrice Poli Bortone). Gerardo Graziano richiama quel “gruppo” nato sul social networck che chiede a gran voce (un centinaio gli iscritti) l’investitura del sindaco di Melfi a candidato presidente della Basilicata. Ma sia chiaro «non è un movimento di contrapposizione contro l’onorevole Pagliuca o contro l’onorevole Allam». Voglia, piuttosto, «di qualcuno e qualcosa di nuovo», se non altro vista la capacità dimostrata «di saper amministrare la cosa pubblica».
Forse è solo una provocazione (ma che in realtà raccoglie i desiderata di molti) per racchiudere quanti ancora ci credono che è possibile «cambiare le sorti di una campagna elettorale secondo molti già scritta».
L’eventualità non è da escludere. Mai come in questo momento il “terzo polo” è una suggestione diffusa (ma quanti ne potrebbero sorgere?). La terza via, semplicemnete, «l’alternativa» è l’oggetto di un intenso scambio di opinioni, riunioni, dialoghi. Su più fronti. Sullo sfondo, sempre la Basilicata e l’idea di una terra da raccontare e forse «cambiare».

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