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«E’ una patacca». Non usa mezzi termini il critico Vittorio Sgarbi: «L’autoritratto di Acerenza – dice intervistato da “Il Mattino” – non è di Leonardo Da Vinci».
Il critico boccia senza appello l’opera, collocandola «nel tardo Ottocento» e «ascrivibile all’iconografia vasariana, di cui sono molto evidenti le pennellate di colore del fondo scuro».
La tela, attualmente, è esposta alla “Quadreria” comunale della chieda del Carmine di Avellino. Sentito dal quotidiano partenopeo, il famoso critico sostiene che: «gli esperti dell’Arte del Rinascimento se ne accorgerebbero a un esame superficiale. Ho fatto presente le mie conclusioni al sindaco di Matera e posso anche comprendere le loro buone intenzioni di promuovere il territorio con una strategia culturale. Ma si tratta di una tela di falso interesse». Per Sgarbi, dunque, solo pubblicità o poco più. Il valore dell’opera sarebbe «scarsa» e quei paesi che stanno puntando sulla portata culturale della scoperta – vedi Acerenza e Vaglio – dovrebbero , se l’analisi del critico fosse confermata, ridimensionare i propri propositi. «Facendo circolare il nome di Leonardo da Vinci – continua Sgarbi sulle colonne de “Il Mattino”- rivive l’alone di magia legato alla sua figura complessa, che continua, a distanza di secoli, ad affascinare gli studiosi. Ma l’opera, affermo con molta franchezza, è una patacca e spero che si abbia il buon gusto di smettere di affermare che si tratta di un capolavoro». Sgarbi ne ha anche per quegli esperti che hanno suffragato l’ascrivibilità a Leonardo.
«Quando un’opera è straordinaria – ribatte il critico – si registra immediatamente un’unanimità di consensi. Gli esperti dotati di un minimo di onestà non concordano sull’autenticità dell’opera. Gli esiti positivi, secondo me, scaturiscono da una sorta di compiacenza. Certamente, siamo di fronte ad una trovata teatrale, come è già accaduto a proposito dei falsi Modigliani. Al primo sguardo, ci si rende conto che si tratta di un’immagine convenzionale del Maestro, che non proviene da nessuna Stanza degli Specchi, come pure erroneamente si è affermato, e che suscita immediate perplessità, con quel cappello scuro sul capo e quel manto di ermellino non chiaramente visibile. Del resto, attualmente, la tela è esposta ad Avellino, non a Milano, a Torino, in un’Accademia, dove avrebbe incontrato molta ostilità da parte degli intenditori».
«Chi ne afferma l’autenticità – riprende il critico – ha delle ragioni diverse dalla verità storica ed artistica. L’esperto deve avere necessariamente una comunità scientifica che converge sul suo parere, come è accaduto per il San Giovanni Battista attribuito a Leonardo. Nel caso di Acerenza, è inequivocabile il riconoscimento della mano del Vasari, il suo stile inconfondibile, come è evidente la collocazione storica nel tardo Ottocento. Non basta effettuare analisi computerizzate, è necessario evocare il nome di esperti di provata competenza per gridare al mondo della scoperta di una tela di Leonardo. È una mistificazione, che riesce ad attirare l’attenzione, a destare curiosità, a portare in un determinato luogo nuovi flussi turistici, ma che non aggiunge nulla a quanto già si conosce sull’opera di Leonardo da Vinci. Sicuramente, riecheggia la sua leggenda, ma la verità storica è un’altra cosa».
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