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POTENZA – La spremuta, da arance belle e fresche, nei bar del centro di Potenza ieri mattina costava anche tre euro. Sempre ieri, in via Anzio, i coltivatori iscritti alla Cia raccontavano che «con i prezzi che corrono, le arance le dobbiamo lasciare sulla pianta».
«Ci pagano sui due euro al quintale. Se poi facciamo i conti con le spese di tutto l’anno, siamo alla disperazione». Il fatto è che con i troppi passaggi e i troppi intermediari fra campo e tavola si arriva ad aumenti pari anche al 900 per cento.
E se le arance non vale nemmeno la pena raccoglierle, per il grano duro, quello che viene usato per la pasta, va ancora peggio.
«Quest’anno – spiega un agricoltore – viene pagato dai 14 ai 18 euro al quintale. Vent’anni fa veniva pagato l’equivalente di 25 euro».
La crisi, però, non investe solo grano e uva.
Un’impresa su tre è a rischio.
I bilanci aziendali sono sempre più in rosso perché i costi produttivi crescono in modo preoccupante.
In altri settori, chi chiede fondi e incentivi li ottiene. Per l’agricoltura ci sono soltanto annunci.
E’ per questo che una delegazione di dirigenti della Cia e alcune centinaia di cerealicoltori hanno organizzato, per il secondo giorno consecutivo, davanti alla sede della Regione Basilicata, una manifestazione per protestare «contro il crollo dei prezzi, l’impennata dei costi e l’invasione di prodotti esteri sul mercato nazionale».
I manifestanti, è scritto in una nota della Cia, hanno «seminato grano lungo viale Verrastro, con lo slogan “invitiamo la politica a seminare qualcosa di buono”».
Quella di ieri è la seconda manifestazione organizzata dalla Cia: l’altro giorno, infatti, gli imprenditori agricoli e gli allevatori hanno «presidiato» la sede della Regione.
Il presidente lucano della Confederazione, Donato Distefano, ha espresso «un giudizio positivo sui livelli di mobilitazione e sui primi impegni assunti nell’incontro con il presidente del Consiglio regionale e i capigruppo consiliari».
La Cia in proposito rivendica l’adozione del Piano Cerealicolo Regionale in sinergia con il Piano nazionale e chiede una nuova disciplina regionale che favorisca l’aggregazione delle produzioni, un programma di insediamento agro-industriale, un progetto per il potenziamento della ricerca e dell’innovazione e di sostegno all’introduzione di varietà, la definizione del marchio a tutela del pane e della pasta made in Lucania.
«Gli ettari seminati quest’anno – si legge nella nota diffusa ieri – sono diminuiti di circa il 30 per cento rispetto al 2008 e c’è il rischio fondato di un ulteriore calo. A questa già drammatica situazione – conclude la Cia di Basilicata – va ad aggiungersi la decisione Ue di correggere al ribasso i dazi all’import di grano duro, azzerando, addirittura, quelli per le produzioni di alta qualità, proveniente da Paesi terzi».
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