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E’ iniziato con la richiesta del sostituto procuratore generale Sandro Dolce di riaprire il dibattimento, ed acquisire le dichiarazioni di nuovi pentiti di ‘ndrangheta, il nuovo processo d’appello per 27 persone coinvolte in due indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro presunti affiliati alle cosche del Crotonese. Si tratta delle operazioni denominate «Tramontana», del dicembre 2003, e «O limen» del luglio 2004, entrambe dirette dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni e condotte dalla Squadra mobile e dalla Guardia di finanza di Crotone, che hanno fatto luce su un cartello criminale che avrebbe controllato i traffici illeciti nel crotonese. Nel mirino degli inquirenti il clan facente capo alla famiglia Vrenna – che secondo le accuse avrebbe avuto in mano il controllo del narcotraffico nel Crotonese, ma anche solide propaggini a Bologna, Milano e Vicenza e, soprattutto, rapporti stabili con soggetti operanti nelle province di Reggio Calabria e Cosenza -, e quello guidato da Nicolino Grande Aracri collegato, per come specificamente contestato dall’Ufficio di procura, alla «Locale di Cirò» tramite uno dei suoi esponenti di vertice. Il maxi procedimento sfociò in una richiesta di rinvio a giudizio per 121 indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico e spaccio di stupefacenti, omicidi, estorsioni, danneggiamenti. A dicembre del 2004 l’udienza preliminare davanti al giudice distrettuale di Catanzaro si concluse con 66 rinvii a giudizio, 19 proscioglimenti, due patteggiamenti e 33 accusati ammessi al giudizio abbreviato. Nel marzo del 2005, proprio nell’ambito di questi ultimi riti alternativi, cadde l’accusa di associazione di stampo mafioso che il pubblico ministero Bruni contestava, in particolare, a 19 imputati, i quali furono tutti assolti da questa accusa «perchè il fatto non sussiste». Tra loro Pino Vrenna, indicato dagli inquirenti e dai collaboratori di giustizia come il capo dell’omonima cosca, ed anche Leo Russelli, ritenuto boss della cosca dei Papaniciari, ed i collaboratori di giustizia Ferruccio Arcuri e Vincenzo Marino. Il pm impugnò la sentenza ma, in base alla legge sull’inappellabilità delle assoluzioni, il ricorso fu dichiarato inammissibile. La Procura si rivolse allora alla Suprema corte di Cassazione che, ad agosto, ha annullato l’ordinanza che dichiarava inammissibile l’appello ed ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte d’assise d’appello di Catanzaro. Così si è giunti a questo processo, che vede sul banco degli imputati le 19 persone accusate di associazione mafiosa, ed anche altri 8 già condannati per narcotraffico ed estorsione. Il pg Dolce vuole che negli atti processuali facciano il loro ingresso le dichiarazioni di nuovi e recenti collaboratori di giustizia, tra i quali Vincenzo Marino, che è imputato proprio in questa sede, e Domenico Bumbaca e Luigi Bonaventura, che sono imputati nel processo pendente davanti al Tribunale di Crotone. Il presidente della Corte d’assise d’appello scioglierà la riserva in merito a questa richiesta il prossimo 21 gennaio.

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