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di LEO AMATO
POTENZA – Quando sono scesi dalle auto in uniforme pochi hanno capito quello che stava succedendo. La gioielleria “Gq”, una vetrina all’altezza della deviazione per via Leonardo Da Vinci, ha dovuto chiudere la serranda, poi è apparso il sigillo con la scritta: “Bene sottoposto a sequestro giudiziario”. Stessa procedura in via Bertazzoni nella sede dell’impresa di onoranze funebri “Padre pio”. L’operazione è scattata all’improvviso, ed è un risvolto inaspettato della maxi inchiesta Iena2, per cui meno di un mese fa il processo è arrivato in dibattimento. Ieri mattina i carabinieri del Raggruppamento operativo speciale e del Comando provinciale di Potenza hanno dato esecuzione a un’ordinanza del Tribunale contro il patrimonio di Giovanni Quaratino, pregiudicato di cinquantotto anni, imputato per associazione a delinquere di stampo mafioso, un episodio di usura ai danni di un imprenditore in difficoltà, cinque casi di presunte estorsioni, ricettazione di orologi e pietre preziose, e sfruttamento della prostituzione. Oltre alle attività i carabinieri gli hanno sequestrato un appartamento in via Vienna con annesso box, e diversi automezzi in gran parte adibiti per il trasporto funebre. Si tratta di un’applicazione della legge di contrasto alle organizzazioni mafiose, che fu approvata nel ’92 all’indomani della strage di Capaci, che prevede la confisca dei beni di proprietà dei condannati in via definitiva per mafia, o che siano comunque nella loro disponibilità, anche per interposta persona. In questo caso i beni risultavano intestati perlopiù agli stretti familiari. Gli accertamenti svolti dagli investigatori sui redditi dichiarati da Quaratino, e sul volume d’affari delle due aziende da dieci anni a questa parte, avrebbero fatto emergere una evidente sproporzione con il suo reale tenore di vita. Fino a un anno fa tra le altre cose Quaratino avrebbe avuto la disponibilità anche di una Ferrari 360 Modena, intestata alla suocera, di cui in seguito ha denunciato il furto. La misura applicata ieri mattina ha carattere soltanto preventivo. Se verrà giudicato colpevole i beni verranno messi all’asta, altrimenti torneranno ai legittimi proprietari. Quaratino venne già arrestato per le stesse accuse il 22 novembre del 2004 assieme ad altre cinquantuno persone, e rilasciato dopo un anno. Il gruppo avrebbe fatto capo a Renato Martorano, a tutt’oggi detenuto a regime duro nel supercarcere di Cuneo per una vicenda di usura, e sarebbe stato operante dal 2000 al 2004 in Basilicata. L’inchiesta venne condotta dai pm Henry John Woodcock e Vincenzo Montemurro, della Direzione distrettuale antimafia, che si concentrarono sui rapporti con il mondo politico e imprenditoriale del potentino.
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