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LAMEZIA TERME – Pranza domenica in un noto hotel di Lamezia, dice di andare in bagno a sciacquarsi le mani e non torna più. Preoccupati lo cercano e lo trovano in bagno immerso nella sua musica. Sta componendo. E’ così Giovanni Allevi, musicista e compositore geniale, fuori dagli schemi, ansioso, ma quando la musica lo chiama non fa il prezioso, apre le porte, sempre. Per le critiche ricevute sulla sua musica classica contemporanea ha sofferto di depressione, di attacchi di panico, ma come lievito il suo talento musicale non è stato soffocato, anzi, dal grigio periodo che sembrava offuscasse la sua creatività si è generato un fermento che ha favorito la creazione di capolavori musicali che godono di grande successo di pubblico. 

Quarantatreenne, il noto musicista e compositore è stato ospite domenica nella Sala Napolitano del Comune di Lamezia Terme, per il secondo appuntamento della XII edizione del Sabato del Villaggio, rassegna di Raffaele Gaetano. La sera precedente l’artista si era esibito con successo al Politeama di Catanzaro per il debutto del nuovo “Piano Solo Tour 2013”, domenica invece si è presentato in veste di scrittore. Nella sala strapiena, in molti hanno ascoltato in piedi l’interessante dibattito tra Gaetano e il musicista, che ha preso spunto dal libro di Allevi “Classico, ribelle” (Ed. Rizzoli), un’intensa riflessione sul rapporto tra arte e vita. L’artista ha calamitato da subito l’attenzione del numeroso pubblico presente. La vera opera d’arte per il noto compositore non è la musica in sé ma l’emozione che essa suscita nell’ascoltatore ed ha spiegato: «I critici ritengono che vada recuperata la classicità in un mondo contemporaneo confusionario. Io ritengo che la classicità sia la forma di una struttura che può essere riempita di note familiari al mondo contemporaneo. Se questo significa essere criticato da accademici e cattedratici poco importa». Allevi ha raccontato di aver scoperto la catarsi, dopo un periodo di depressione causatagli dalle accanite critiche di un noto violinista, (non fa nomi ma si riferisce a Uto Ughi). Dopo un periodo di azzeramento della sua creatività, ecco che crea una nuova opera «La danza della strega Concerto per violino e orchestra in fa minore» che presenta come direttore d’orchestra per la prima volta nella città di Paganini: Genova, ed ha detto il musicista: «Alle ultime note mi misi a piangere davanti alla gente, lì ho capito la catarsi. Avevo superato il mio blocco, avevo combattuto il mio avversario e avevo vinto». 
L’artista nato ad Ascoli Piceno spiega: «Ora vivo a Milano in un monolocale, in una via molto trafficata. Alle 5 ogni giorno mi sveglia il tram. All’inizio facevo il cameriere e scrivevo musica in totale libertà. Mi trovo a mio agio perché io sto bene in quella che Martin Heidegger chiama umanità dispersa e gettata nell’esistenza. Voglio essere vicino alla gente. Mi affascinano le persone fritte, scombinate, quelle che hanno un po’ di disordine interiore». Sulla musica di Jovanotti? «Lui è il genio della parola, ma nella mia musica non ci sono parole è l’ascoltatore che con le sue emozioni comunica. Ecco perché alla fine di ogni mio concerto incontro il pubblico». di Dora Anna Rocca 
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