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“LA RIFLESSIONE non è frutto della sconfitta contro il Cosenza: i presupposti per andare avanti non ci sono”. Giuseppe Postiglione inizia cosi’ la conferenza stampa che vorrebbe essere quella del suo addio. Probabilmente lo sarà, ma di qualche chiarimento c’è ancora bisogno. Difficile credere che si possa buttare a mare una stagione alla nona giornata. Ma lo sfogo del patron va registrato nella sua interezza.
“Con la lettera aperta di qualche giorno fa (pubblicata sul sito della società, da ieri oscurato, ndr) avevo iniziato a lanciare un messaggio – spiega il patron – c’era assoluta necessità di abbassare i toni”. A Lanciano in effetti la contestazione era stata minima e sporadica, ma la ribalta televisiva ha versato benzina sul fuoco: “qualcuno ha voluto ridicolizzare il nome mio e della mia famiglia in una diretta visibile in tutto il mondo, un gesto premeditato che mi ha fatto riflettere”. Riferimento ai cori, ma soprattutto a quello striscione che voleva raccontare all’Italia intera il presunto vizio delle scommesse.
“Da un po’ di tempo mi sono guardato allo specchio – continua Postiglione – non vedo ragione di continuare a privarmi quotidianamente di una cifra che va dai 20 ai 40mila euro per essere insultato e ritrovare a rischio l’incolumità personale mia e dei miei figli”.
Lo sfogo è ad ampio raggio: “avevo interessi nel gruppo Nipa (radio, tv e impianti) ma ho dovuto cedere le quote, sto costruendo un centro commerciale alla periferia di Potenza ma il cantiere ad oggi è chiuso, perchè il tempo perso nel calcio impedisce l’ottimale svolgimento di ogni altra attività”. Ancora: “Non lavoro con gli appalti, non ho interessi politici, in presenza di questi fattori, magari, avrei potuto sopportare tutto in nome di futuri vantaggi economici. Dedicarsi al calcio causa perdita di guadagni nelle mie altre attività, l’ho fatto finchè potevo godermi una passione, adesso non posso nemmeno più venire allo stadio serenamente viste le minacce”.
Tornano anche vecchi temi, una disponibilità a farsi da parte mai raccolta come Postiglione avrebbe voluto. “Sia chiaro – attacca – mai nessuno mi ha presentato un’offerta degna di tal nome, nemmeno mi soffermo a commentare le recenti pagliacciate”. Chi si aspettava lasciasse senza pretese, inizi pure a storcere il naso. “E’ finita l’era della Dc, non si portano più le carte dal sindaco”. Più chiaro di cosi’.
SOSPETTI“Tra le accuse che mi sono state mosse, manca solo la pedofilia”. E’ assai amaro il presidente quando fa scattare la difesa. “Da illazioni e nefandezze – precisa – tutte mai dimostrate nelle molteplici indagini a cui sono stato sottoposto e che hanno sempre visto uscire a testa alta il sottoscritto. Sono sei mesi che l’Agenzia delle Entrate mette sotto sopra i miei uffici non trovando alcuna irregolarità”.
Ma i problemi di Postiglione, si sa, non sono soltanto fiscali. “Mi sono sentito dire che avrei dovuto mollare tutto dopo Potenza – Salernitana, ma sarebbe stata un’ammissione di colpe che ho dimostrato di non avere”.
Punto. E l’odio di quella parte del tifo organizzato, per quanto non cospicua? Spiegazione pronta: “Voglio scaricare dalle spalle dei tifosi la responsabilità di quanto sta accadendo, anche loro sono vittima di sollecitazioni esterne, i film nella loro testa sono stati generati da ambienti anche extracalcistici”. Destinatario non precisato.
F 24 Ma ecco il titolo: “Non giriamo troppo intorno alle parole, Postiglione comunque vadano le cose andrà via”. Come a voler smentire l’assonanza con alcune dimissioni del passato, mai effettive. “Ho fatto una promessa solenne a me stesso, il 30 ottobre non tirerò fuori un centesimo per i circa 300mila euro che ci tocca pagare tra F24, Irpef ed Enpals”. Si parla di tasse e contributi previdenziali. Si va incontro a punti di penalizzazione. “Ma se trovo un interlocutore serio – ammette – su questo si può trattare”.
E ADESSO ?“Mi hanno chiesto di andar via, accolgo un loro invito”. Peccato che alcuni esponenti della tifoseria non abbiano gradito. Vogliono che vada via davvero, insieme a Galigani. Ma Postiglione continua: “a Taranto andremo lo stesso, questa società taglierà tutte le spese inutili, compresi molti dipendenti. La gestione si limiterà soltanto all’ordinaria amministrazione e verrà affidata al direttore Galigani, uomo di fiducia per tutelarmi sul piano civile e penale vista la mia responsabilità da amministratore. Io non staccherò più un assegno, ma attingerò soltanto ai contributi della Lega come autofinanziamento”.
Ovvie le ripercussioni tecniche: “la decisione è stata comunicata al mister, ne parleremo con i singoli atleti, ovvio che adesso in campo andranno tutti gli under per guadagnare i contributi economici sul minutaggio”. Tanti tesserati si vedranno proporre una decurtazione dell’ingaggio, nella speranza di arrivare ad una rescissione, tutt’altro che scontata.
Chiusura del cerchio: “Per il ripescaggio ho bloccato 1,3 milioni di euro che garantiscono, a lungo termine, tutti gli stipendi. Altri tre milioni di euro li ho impegnati per coprire il monte ingaggi e i costi di gestione dell’intera stagione, ringrazio i mille abbonati ma il loro contributo è stato importante moralmente, ma traducibile in 60mila euro netti che sono briciole in confronto al resto”. Altri numeri per il congedo: “avrei voluto vedere una contestazione al tecnico e ai giocatori, non ad un presidente che ha messo sul tavolo oltre quattro milioni di euro”. Epilogo triste. Ma è davvero finita?

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